Sentenza Nº 11283 della Corte Suprema di Cassazione, 24-04-2019

Presiding JudgeDIDONE ANTONIO
ECLIECLI:IT:CASS:2019:11283CIV
Judgement Number11283
Date24 Aprile 2019
CourtPrima Sezione (Corte Suprema di Cassazione di Italia)
Subject MatterCIVILE
Civile Sent. Sez. 1 Num. 11283 Anno 2019
Presidente: DIDONE ANTONIO
Relatore: AMATORE ROBERTO
Data pubblicazione: 24/04/2019
SENTENZA
sul ricorso
15617/2018
proposto da:
Muhammad
Ijaz,
elettivamente
domiciliato in Roma, Piazza Cavour, presso
la
Cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso
dall'avvocato Barone Antonio, giusta procura in calce al ricorso;
t::
-ricorrente
-O
u
contro
Ministero
dell'Interno
-Commissione Territoriale di Caserta;
-intimato-
avverso
il
decreto
del TRIBUNALE di NAPOLI del
02/05/2018;
1
udita
la
relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
07/03/2019
dal cons. AMATORE ROBERTO;
udito
il
P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale
DE
MATTEIS
STANISLAO, che
ha
concluso
per
l'inammissibilità del ricorso;
udito,
per
il ricorrente, l'Avvocato Benigni Arturo, con delega, che
ha
chiesto l'accoglimento del ricorso.
FATTI
DI
CAUSA
l.Con
il
provvedimento
impugnato
il
Tribunale di Napoli -decidendo
sull'opposizione presentata da
Ijaz
Muhammad avverso il diniego della
Commissione
territoriale
di Caserta (che, in data
8.5.2017,
aveva negato
il
riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e di
quella
umanitaria)
-ha parzialmente accolto
la
domanda del richiedente
asilo, concedendogli
la
protezione umanitaria.
Il
ricorrente
aveva dichiarato già alla Commissione
territoriale
di provenire
da una città del Kashmir e di essersi, poi, trasferito nel Punjab, fino
all'espatrio,
avvenuto
nel 2016. Avrebbe lavorato nel Punjab come
contadino e avrebbe
avuto
difficoltà
ad
integrarsi
in
quanto discriminato per
la
sua provenienza dal Kashmir, zona nota
per
i suoi afflati indipendentisti.
Il
Tribunale di Napoli
ha
ritenuto
inverosimile
il
narrato del dichiarante e
ha
condiviso le perplessità mosse dalla Commissione Territoriale in ordine alla
provenienza del ricorrente dal Kashmir, atteso che
il
ricorrente non aveva
fornito
dettagli
pregnanti della città natale. Quanto
al
rischio di essere
coinvolto, in caso di
rimpatrio,
in un conflitto armato,
il
Tribunale
impugnato
non ne ha
ritenuto
sussistente
il
rischio, posto che
il
Punjab -
la
regione di
verosimile provenienza del ricorrente (anche
in
ragione della lingua parlata)
-non risulta essere a rischio di un concreto
ed
attuale pericolo di conflitti
armati
generalizzati.
Il
Tribunale ricorso ha,
tuttavia,
rilevato che l'instabilità ancora presente
nella zona (come emerge dal rapporto E a
so
del
2017)
consentiva
l'accoglimento della più
limitata
forma di protezione umanitaria.
2.
Il
provvedimento,
pubblicato
il
2 maggio 2018, è stato
impugnato
da
Ijaz
Muhammad con ricorso
per
cassazione, affidato a
quattro
motivi.
L'amministrazione
intimata
non ha svolto difese.
2
RAGIONI
DELLA
DECISIONE
l.Con
il
primo
motivo
la
parte ricorrente -lamentando, ai sensi dell'art.
360,
primo
comma, n. 3 cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli
artt.
3 e 5 del d.lgs. 19
novembre
2007 n. 251, nonché degli
artt.
8 e 27
del d.lgs 28 gennaio 2008 n. 25 -
si
duole dell'erroneità della decisione
impugnata
laddove
quest'ultima
aveva
rigettato
la
domanda di protezione
internazionale contravvenendo
al
principio di
diritto
secondo cui
il
convincimento giudiziale non
si
può formare esclusivamente sulla base
della credibilità soggettiva del richiedente in relazione alla dimostrazione del
presupposto del fumus persecutionis in danno del richiedente stesso nel
paese di origine. Osserva
il
ricorrente che
il
giudice
impugnato
avrebbe
dovuto
verificare, anche officiosamente,
la
condizione di persecuzione sulla
base di informazioni esterne
ed
oggettive relative alla situazione reale del
paese di provenienza, incorrendo
il
giudice impugnato in una violazione del
dovere di
"cooperazione"
giudiziale nell'accertamento dei fatti rilevanti ai fini
del riconoscimento della protezione internazionale e nella violazione del
dovere di mancata attivazione del potere
istruttorio
officioso necessario per
la
conoscenza adeguata della situazione socio-politico del paese di
provenienza dello straniero.
2. Con il secondo
motivo
si
lamenta, sempre
ai
sensi dell'art. 360, primo
comma, n. 3 cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli articoli 2,
7, 8 e 11 del d.lgs. n.
251/2007
e dell'art. 2 del d.lgs. n.
25/2008.
Osserva
il
ricorrente che
il
Tribunale ricorso aveva errato nel ritenere insussistenti i
presupposti
per
il riconoscimento dello status di rifugiato, atteso che i
fatti
C)
narrati
dal ricorrente non erano stati
smentiti
da
elementi di segno contrario t
l>
' '
A/
e che gli stessi non
si
erano posti in contraddizione con le notizie
dif_9.
_O
provenient~dal
paese di provenienza,
il
Pakistan. '
~
---
3. Con
il
terzo
motivo
si
declina vizio di violazione e falsa applicazione
dell'articolo 14, lettera
c,
d.lgs. n.
251/2007.
Osserva sempre
il
ricorrente
che il Tribunale aveva
errato
anche nel ritenere insussistenti i presupposti
per
il
riconoscimento della protezione sussidiaria, poiché le gravi violazioni
dei
diritti
umani
in Pakistan, come
attestato
dai principali siti di
informazione (sito del Ministero degli Affari Esteri e di Amnesty
3
International)
configurano i presupposti per l'accoglimento della domanda.
D'altra
parte,
non può sostenersi nemmeno
la
possibilità per il ricorrente di
trasferirsi in
un'altra
regione
per
i principi già espressi dalla giurisprudenza
di
legittimità.
Per ciò che riguarda il regime probatorio,
si
rileva che il grado
di violenza è così elevato da ritenere che
il
rischio che correrebbe una
persona, che rientrasse nel paese di origine, di subire tale minaccia, non
deve essere provato. Peraltro, osserva ancora il ricorrente,
al
fine di
rientrare
nell'ambito
di applicazione dell'articolo 14, lettera c), sopra
richiamato, non è necessaria
la
rappresentazione coerente di un quadro
individuale di esposizione
diretta
al pericolo per l'incolumità, ma è
sufficiente una situazione di violenza diffusa e indiscriminata, a cui non sia
contrapposta alcuna misura concreta da parte delle
autorità
statuali. Anche
qui
la
parte
ricorrente contesta
la
mancanza di un'indagine officiosa
adeguata da parte del giudice.
4. Con il
quarto
motivo
si
articola, sempre in relazione all'art. 360,
primo
comma, n. 3 cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell'articolo 5,
comma 6, del d.lgs. 25 luglio 1998 n. 286.
Si
evidenzia
da
parte del
ricorrente che
il
Tribunale aveva
errato
anche nel ritenere insussistenti i
presupposti
per
il
riconoscimento della protezione umanitaria e
per
questo
si
chiede un apprezzamento giuridico differente
da
quello già espletato. Nella
fattispecie,
infatti,
sussistono -insiste il ricorrente -
tutti
i presupposti per
la
concessione della protezione
umanitaria,
la
cui mancata affermazione
determina
la
violazione di principi costituzionali e di obblighi internazionali
cui il
nostro
paese è vincolato.
5.
Il
ricorso è inammissibile.
5.1 I
primi
tre
motivi,
suscettibili di esame unitario, sono inammissibili.
Il
tribunale
non era
tenuto
a un approfondimento
istruttorio
in ordine alla
situazione del paese di provenienza del richiedente.
Il
di lui racconto in
ordine alle ragioni dell'espatrio risulta (finanche dal ricorso) concretizzato in
vicende non sussumibili nell'alveo applicativo della reclamata protezione
internazione ed è stato comunque
motivatamente
ritenuto inaffidabile,
avendo il Tribunale
ritenuto
non verosimile
la
provenienza del richiedente
dal Punjab (e non già dal Kashmir, regione nella quale non è dato riscontare
4
quella situazione di generale e pericolosa conflittualità tale
da
legittimare
la
richiesta di protezione).
In
tali casi, come questa Corte
ha
già affermato, l'esigenza di un
approfondimento della situazione del paese
di
origine neppure
si
pone (v.
per
tutte
Cass.
n.
21668-15 e di recente Cass.
n.
33096-18
e Cass.
n.
33139-18).
A ogni modo il ricorrente ha dichiarato di provenire dal Pakistan, e
l'accertamento officioso in ordine alla situazione esistente in tale zona di
provenienza è stato
fatto
dal tribunale, sulla base del rapporto
Easo
del
2017.
Il
tribunale
invero ha escluso, sulla scorta di fonti ufficiali di conoscenza
appositamente menzionate, che
la
situazione interna fosse in quello Stato
caratterizzata
da
violenza indiscriminata in condizione
di
conflitto armato.
Si
tratta
di una valutazione in fatto, della quale il ricorrente
si
limita a
sollecitare un diverso apprezzamento.
5.2
Il
quarto
motivo
è inammissibile per carenza
di
interesse ad impugnare
posto che il giudice
impugnato
ha riconosciuto
al
richiedente
la
protezione
umanitaria.
5.3 Nessuna statuizione è dovuta per
le
spese
di
giudizio stante
la
mancata
costituzione dell'amministrazione intimata.
p.q.m.
La
Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Ai
sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del d.P.R.
n.
115 del 2002,
atto
della sussistenza dei presupposti per
il
versamento,
da
parte del ricorrente,
dell'ulteriore
importo
a
titolo
di contributo unificato pari a quello dovuto per
il ricorso.
Così
deciso in Roma, il
7.3.2019

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