N. 251 SENTENZA 5 - 15 novembre 2012

ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'articolo 69, quarto comma, del codice penale, come sostituito dall'art. 3 della legge 5 dicembre 2005, n. 251 (Modifiche al codice penale e alla legge 26 luglio 1975, n. 354, in materia di attenuanti generiche, di recidiva, di giudizio di comparazione delle circostanze di reato per i recidivi, di usura e di prescrizione), promosso dal Tribunale di Torino nel procedimento penale a carico di S.M. con ordinanza del 24 ottobre 2011, iscritta al n. 61 del registro ordinanze 2012 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 16, prima serie speciale, dell'anno 2012.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 19 settembre 2012 il Giudice relatore Giorgio Lattanzi.

Ritenuto in fatto 1.- Con ordinanza del 24 ottobre 2011 (r.o. n. 61 del 2012), il Tribunale di Torino ha sollevato, in riferimento agli articoli 3, 25, secondo comma, e 27, secondo (recte: terzo) comma, della Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dell'articolo 69, quarto comma, del codice penale, come sostituito dall'art. 3 della legge 5 dicembre 2005, n. 251 (Modifiche al codice penale e alla legge 26 luglio 1975, n. 354, in materia di attenuanti generiche, di recidiva, di giudizio di comparazione delle circostanze di reato per i recidivi, di usura e di prescrizione), nella parte in cui esclude che la circostanza attenuante di cui all'art. 73, comma 5, del decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309 (Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza) possa essere dichiarata prevalente sulla recidiva reiterata, prevista dall'art. 99, quarto comma, cod. pen.

Il giudice rimettente riferisce di procedere, nell'ambito di un giudizio abbreviato successivo all'instaurazione di un giudizio direttissimo, nei confronti di una persona accusata del reato previsto dall'art. 73 del d.P.R. n. 309 del 1990, per avere illegalmente detenuto e ceduto 0,40 grammi di cocaina. All'imputato e' contestata la recidiva reiterata, specifica e infraquinquennale, avendo subito quattro condanne per fatti commessi dall'ottobre del 2006 al febbraio del 2010, relativi a vari episodi di cessione illecita di sostanze stupefacenti.

Ricostruiti i fatti che avevano condotto all'arresto dell'imputato e ricordato che questi ha ammesso l'addebito, il Tribunale di Torino sostiene che l'episodio per il quale si procede e' attenuato a norma del quinto comma del citato art. 73: elementi conferenti in tal senso sono indicati nel quantitativo della sostanza stupefacente di cui all'imputazione, nel prezzo di vendita irrisorio, nelle modalita' della vendita stessa, nelle caratteristiche dell'acquirente, persona non 'vulnerabile', e in quelle dell'imputato, che si trova in condizioni di vita sicuramente difficili e ha lealmente ammesso l'addebito.

Il rimettente richiama la giurisprudenza costituzionale (in particolare, la sentenza n. 192 del 2007), che ha prospettato un'interpretazione della disciplina della recidiva, cosi' come modificata dalla legge n. 251 del 2005, secondo cui l'art. 99, quarto comma, cod. pen. prevede un'ipotesi di recidiva facoltativa, che il giudice puo' sia escludere, sia invece riconoscere, qualora il nuovo episodio delittuoso appaia concretamente significativo, in rapporto alla natura e al tempo di commissione dei precedenti, sotto il profilo della piu' accentuata colpevolezza e della maggiore pericolosita' del reo.

Questa interpretazione e' stata condivisa dalla giurisprudenza di legittimita' (Cass. pen., sezioni unite, 27 maggio 2010, n. 35738) e, secondo il giudice a quo, 'ha aperto la strada a una ridda di decisioni di merito assai diverse su casi sostanzialmente analoghi', registrandosi in alcuni casi 'veri e propri 'equilibrismi dialettici' per motivare l'esclusione della recidiva - in situazioni che ragionevolmente non l'avrebbero consentito - pur di evitare l'assurdo dell'inflizione di sei anni di reclusione in ipotesi di cessione di una singola dose di sostanza stupefacente' e, in altri casi, invece condanne a tale pena 'senza chiedersi se cio' fosse rispettoso dei principi di proporzionalita' e personalita' della pena'.

Nonostante l'orientamento indicato, ad avviso del rimettente il problema resta ancora aperto in quanto 'il riconoscere o escludere la recidiva reiterata facoltativa e' operazione valutativa radicalmente diversa dal 'bilanciare' quella recidiva con concorrenti circostanze attenuanti', esistendo 'situazioni in cui, giudicando con onesta' intellettuale, la recidiva non puo' essere esclusa, e tuttavia viene sentito come ingiusto negare la prevalenza di determinate attenuanti'.

Il rilievo sarebbe tanto piu' evidente nella disciplina penale del traffico di stupefacenti, dove le disposizioni di cui al primo e al quinto comma dell'art. 73 del d.P.R. n. 309 del 1990 'rispecchiano due situazioni enormemente diverse dal punto di vista criminologico', in quanto 'al comma 1 e' prevista la condotta del grande trafficante, che dispone di significative risorse economiche e muove quantitativi rilevanti di sostanze stupefacenti senza mai esporsi in luoghi pubblici', laddove al comma 5 e' contemplata 'la condotta del piccolo spacciatore, per lo piu' straniero e disoccupato, che si procura qualcosa per vivere svolgendo 'sulla strada' la piu' rischiosa attivita' di vendita al minuto delle sostanze stupefacenti'. Sulla base di queste differenze, il legislatore ha sanzionato la seconda condotta 'con una pena detentiva che, nel minimo edittale, e' pari ad appena un sesto della pena prevista per la prima'; e secondo il Tribunale di Torino l'assetto normativo per il quale 'una circostanza attenuante riduce la pena edittale minima da sei a un anno di reclusione, costituisce un unicum nel nostro sistema penale'; percio' la questione di legittimita' costituzionale e' stata proposta con 'specifica limitazione' al rapporto tra l'art. 69, comma quarto, cod.

pen. e la disposizione del quinto comma dell'art. 73 del d.P.R. n.

309 del 1990.

In alcuni casi (ad esempio nei delitti di lesioni, di furto, di truffa e di rapina) 'la legge prevede la pena per le ipotesi meno gravi (e piu' frequenti nella prassi) e aggiunge una serie di circostanze aggravanti per le ipotesi di maggiore allarme sociale', mentre in altri (come nell'art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990) 'la legge fissa la pena base per le ipotesi piu' gravi e prevede poi circostanze attenuanti per adeguare la sanzione ai casi piu' lievi e frequenti'. In questi ultimi casi, 'il divieto di prevalenza delle attenuanti sulla recidiva reiterata produce conseguenze sanzionatorie devastanti, perche' finisce con l'equiparare quoad poenam casi oggettivamente lievi a casi di particolare allarme sociale': cosi', 'mentre l'autore di furti, per quanti furti commetta, subira', in caso di riconosciute attenuanti equivalenti, una pena edittale minima sempre pari a sei mesi di reclusione, il piccolo spacciatore recidivo reiterato - ove non venga in concreto esclusa la recidiva - vedra' la pena detentiva edittale minima 'schizzare' da uno a sei anni di reclusione'.

Escludere discrezionalmente la recidiva non sarebbe sempre possibile e in particolare non lo sarebbe nel giudizio a quo, posto che, secondo l'insegnamento della giurisprudenza costituzionale, confermato dalla dottrina e dalla giurisprudenza comune, per farlo occorre valutare 'la natura e il tempo di commissione dei precedenti'. E' da considerare, infatti, che nel caso in esame le condanne gia' riportate dall'imputato attengono a quattro violazioni della disciplina degli stupefacenti, commesse in un arco temporale compreso tra il 2006 e il 2010, sicche' natura e tempo di commissione dei reati indicherebbero che il reato sub iudice e' 'espressione della medesima 'devianza' gia' denotata in occasione dei precedenti reati, ed e' percio' sicura manifestazione di maggior colpevolezza e pericolosita' dell'imputato'. Pertanto non sarebbe possibile escludere la recidiva reiterata, laddove il reato commesso dall'imputato resterebbe una modesta violazione sussumibile nel quinto comma dell'art. 73 del d.P.R. n. 309 del 1990 e non sarebbe conforme ai principi...

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