n. 40 SENTENZA 11 - 15 marzo 2013 -

ha pronunciato la seguente SENTENZA nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'articolo 80, comma 19, della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2001), promossi dal Tribunale di Urbino con ordinanza del 31 maggio 2011 e dal Tribunale di Cuneo con ordinanza del 27 settembre 2011, iscritte al n. 213 del registro ordinanze 2011 ed al n. 35 del registro ordinanze 2012 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 44, prima serie speciale, dell'anno 2011 e n. 12, prima serie speciale, dell'anno 2012. Visti gli atti di costituzione dell'Istituto nazionale per la previdenza sociale (INPS);

udito nell'udienza pubblica del 12 febbraio 2013 il Giudice relatore Paolo Grossi;

udito l'avvocato Clementina Pulli per l'INPS. Ritenuto in fatto 1.- Con ordinanza del 31 maggio 2011, il Tribunale di Urbino ha sollevato, in riferimento agli articoli 3, 32 e 117, primo comma, della Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dell'articolo 80, comma 19, della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2001), «nella parte in cui subordina la concessione della indennita' di accompagnamento al possesso della carta di soggiorno, e dunque anche al requisito della durata del soggiorno medesimo nel territorio dello Stato». Premette il giudice a quo di essere stato investito da un ricorso proposto dai genitori esercenti la potesta' su un minore, a seguito del rigetto da parte dell'Istituto nazionale per la previdenza sociale (INPS) della domanda di riconoscimento della indennita' di accompagnamento per il figlio, in quanto cittadini extracomunitari non in possesso della carta di soggiorno (ora denominata permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo): il nucleo familiare era in possesso del permesso di soggiorno sin dal 2007 quanto ai genitori e dal 12 giugno 2009 quanto al figlio minore. Posto che la normativa censurata subordina l'erogazione dell'assegno sociale e delle altre provvidenze economiche che costituiscono diritti soggettivi in favore dei cittadini extracomunitari alla condizione che gli stessi siano in possesso della carta di soggiorno, ne deriverebbe che - pur non essendo contestata la sussistenza del requisito sanitario in capo al minore - il diniego della indennita' consegue al fatto che non e' ancora decorso il termine di cinque anni che consentirebbe al minore di ottenere il documento richiesto. E tutto cio' nonostante che il suo soggiorno in Italia non possa ritenersi meramente episodico e che egli abbia ottenuto il permesso per motivi di ricongiungimento familiare. Il rimettente passa poi a scandagliare la giurisprudenza costituzionale relativa alla disciplina denunciata, rammentando anzitutto i principi affermati nella sentenza n. 306 del 2008 (che riconobbe la illegittimita' costituzionale della norma qui in contestazione sotto il circoscritto profilo della previsione del requisito reddituale, senza tuttavia sindacare gli ulteriori requisiti richiesti) e quelli di cui alle successive sentenze n. 11 del 2009 e n. 187 del 2010 (relative, rispettivamente, alla pensione di inabilita' e all'assegno mensile di invalidita');

osserva poi che i principi enunciati nella seconda delle pronunce appena richiamate dovrebbero trovare applicazione anche nella fattispecie qui in esame, considerato che l'indennita' di accompagnamento rappresenta (ancor piu' dell'assegno mensile di invalidita') «uno strumento di necessario ausilio per assicurare le minime ed essenziali esigenze di vita della persona che si trova in condizioni fisiche di assoluta gravita'». Ne deriverebbe che, anche con riferimento alla provvidenza in esame, la disposizione denunciata finisce per risultare in contrasto con l'art. 14 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo (CEDU), come interpretato dalla Corte di Strasburgo e, quindi, con l'art. 117, primo comma, Cost.;

nonche' con l'art. 3 Cost. (per l'evidente ed ingiustificata disparita' di trattamento in ordine a diritti fondamentali della persona tra cittadini italiani e stranieri) e con l'art. 32 Cost. (per la mancata tutela del diritto alla salute a parita' di condizioni per i cittadini stranieri legalmente soggiornanti nel territorio dello Stato). Conclusivamente, il giudice a quo rileva come nella specie non possa procedersi alla disapplicazione della norma censurata, ancorche' in contrasto con la disciplina della CEDU, e cio' malgrado l'entrata in vigore del Trattato di Lisbona - che ha riconosciuto i principi della Convenzione come "interni" al diritto dell'Unione - avuto riguardo ai principi affermati da questa Corte sin dal 2007. 2.- Nel giudizio si e' costituito l'INPS, chiedendo che la questione sia dichiarata infondata. Dopo aver analiticamente descritto il regime che presiede al riconoscimento dell'assegno di accompagnamento e messo a fuoco la portata restrittiva che ha caratterizzato l'introduzione della disposizione denunciata, l'Istituto osserva come, alla luce dei principi affermati al riguardo da questa Corte (in particolare nelle sentenze n. 306 del 2008 e n. 187 del 2010), dovrebbe ritenersi legittima la subordinazione delle prestazioni assistenziali al requisito della consistenza e stabilita' del soggiorno del soggetto interessato nel territorio italiano;

cosi' come dovrebbe ritenersi frutto di una scelta legislativa...

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