Ruolo e funzione del pubblico ministero nel giusto processo

AutoreIrene Scordamaglia
Pagine613-621
613
Arch. nuova proc. pen. 6/2013
Dottrina
RUOLO E FUNZIONE
DEL PUBBLICO MINISTERO
NEL GIUSTO PROCESSO
di Irene Scordamaglia
SOMMARIO
1. L’obbligatorietà dell’azione penale come fondamento e
limite della funzione del pubblico ministero. 2. Il ruolo ‘im-
parziale’ della parte pubblica in vista dell’esercizio dell’azio-
ne penale. 3. L’instaurazione del procedimento penale. 4. I
rapporti con la polizia giudiziaria. 5. La ‘discovery’ al termine
delle indagini. 6. Conclusioni.
1. L’obbligatorietà dell’azione penale come fondamento
e limite della funzione del pubblico ministero
Il sistema del ‘giusto processo’ è proteso alla ricostru-
zione della verità di un fatto storico - alla cui conoscenza
si perviene per gradi di approssimazione (1) - mediante il
contraddittorio tra le parti, poste in condizioni di parità,
davanti ad un giudice terzo ed imparziale, in tempi ragio-
nevoli (art. 111, commi 1 e 2, Cost.).
Si è avvertita l’esigenza di f‌issare proprio nella Carta
Fondamentale il principio per il quale il contraddittorio,
ad armi pari, nella formazione della prova costituisce
l’unico metodo di accertamento dei fatti storici nel pro-
cesso, perché è maturata la consapevolezza che soltanto
attraverso un tale percorso di conoscenza è consentito ai
cittadini – nel cui nome la giustizia è amministrata (art.
101 Cost.) – di controllare non solo le decisioni, ma anche
il loro processo di formazione.
La realizzazione del valore democratico del processo
(2) esige, però, che tutti i soggetti che in esso interagisco-
no – il giudice terzo ed imparziale, che incarna l’essenza
del processo (3), e le parti – rispettino rigorosamente le
regole che assicurano il corretto funzionamento del per-
corso epistemologico, che garantisce, al contempo, i diritti
delle parti (nel processo penale in particolare quelli del-
l’imputato) e l’approssimarsi in maniera controllabile alla
verità sostanziale; così che la correttezza del procedimento
cognitivo - funzionale all’accertamento di un fatto storico
che attinge gli interessi fondamentali della collettività
dei consociati - costituisce il paradigma cui il giudice e le
parti devono conformare il loro operare nel giudizio, vale
a dire nella fase nella quale il contraddittorio si dispiega
nella sua interezza.
È legittimo, tuttavia, domandarsi se la giurisdizione
possa effettivamente attuarsi mediante il giusto proces-
so, ove le regole che ne garantiscono il corretto funzio-
namento non riverberino il loro effetto anche nelle fasi
preparatorie del processo medesimo, vale a dire in quelle
deputate alla raccolta ed alla selezione degli elementi da
offrire al giudice per la formazione orale della prova; tanto
più che, nell’attuale sistema di tutela integrata dei diritti
fondamentali (4), la giurisprudenza della Corte europea
dei diritti dell’uomo ha più volte ribadito che anche prima
del giudizio di merito le garanzie previste dall’art. 6 CEDU
– cui il legislatore costituzionale della novella n. 2 del 1999
pare essersi ispirato - debbono essere rispettate, se e nella
misura in cui la loro violazione nella fase iniziale del pro-
cedimento rischi di compromettere i canoni del processo
equo sanciti dalla norma indicata (5).
La questione investe, allora, a ben vedere, un aspetto
fondamentale dell’ordinamento processuale penale vigen-
te, perché impone una lettura del ruolo e della funzione
del pubblico ministero alla luce dei canoni generali cui è
improntato il giusto processo delineato dall’art. 111 Cost.,
allo scopo di valutare se possa dirsi davvero funzionale alla
realizzazione degli scopi di tale modello di accertamento
del fatto di reato il principio dell’obbligatorietà dell’azione
penale, sancito nell’art. 112 Cost.
Vale allora osservare che, nel concetto di giurisdizione
- quale è quello richiamato dall’art. 102 Cost. e che si attua,
comunque, mediante il giusto processo regolato dalla legge
ex art. 111, comma 1, Cost. – è compresa non solo l’attività
decisoria, che è propria del giudice, ma anche l’attività di
esercizio dell’azione penale attribuita al pubblico mini-
stero, “che con la prima si coordina in un rapporto di com-
penetrazione organica a f‌ine di giustizia” (6).
Non vi è chi non veda il nesso esistente tra il principio
di legalità - sia nella determinazione dei reati e delle pene,
solennemente affermato nell’art. 25, comma 2, Cost., sia
nella determinazione delle regole del giudizio, stabilito,
appunto, dall’art. 111, comma 1, Cost. -, per effetto del
quale lo Stato è legittimato ad esercitare la potestà pu-
nitiva solo attraverso la giurisdizione nei casi e nei modi
previamente e tassativamente previsti dalla legge (7),
ed il principio di obbligatorietà dell’azione penale, che
rende doverosa la repressione delle condotte violatrici
della legge penale medesima, garantendo, all’uopo, per un
verso l’indipendenza del Pubblico Ministero nell’esercizio

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