Il rinnovo automatico dell'amministratore

AutorePaolo Gatto
Pagine306-307
306
dott
3/2014 Arch. loc. e cond.
RIFORMA DEL CONDOMINIO
IL RINNOVO AUTOMATICO
DELL’AMMINISTRATORE
di Paolo Gatto
Ci si chiede in dottrina se l’istituto del rinnovo automa-
tico dell’amministratore introdotto dalla riforma del con-
dominio si avvicini al modello del rinnovo automatico del
contratto di locazione (rapporto di durata) piuttosto che
al rinnovo automatico del contratto proprio del sistema
del codice civile; nel primo modello, infatti, il rinnovo è
avulso da connotazioni volontaristiche, mentre nel secon-
do rispecchia una volontà concludente delle parti. Invero,
la ratio del rinnovo automatico in mancanza di disdetta,
nelle locazioni, trae origine dalla imperatività della leg-
ge, nel momento in cui non solo sanziona con la nullità
le clausole dirette ad una durata minore del rapporto, ma
richiede altresì una volontà espressa, da manifestarsi in
forma vincolata, ed incompatibile con la prosecuzione del
rapporto; tanto è che la giurisprudenza della Cassazione
è orientata nel senso della nullità della clausola contrat-
tuale che disponga, in deroga alla legge, la risoluzione del
rapporto alla scadenza del termine anche in assenza di
disdetta.
Il rapporto che lega amministratore e condomini, inve-
ce, non risponde ad esigenze di interesse pubblico e ciò,
soprattutto, in relazione alla sua stabilità.
A ben vedere, peraltro, il rapporto tra amministratore e
condomini non è neppure assimilabile ad un rapporto con-
trattuale, come ha stabilito la Cassazione con la sentenza
n. 14930 del 13 giugno 2013 dove la Corte è pervenuta alla
conclusione che questo specif‌ico rapporto di mandato non
ha una fonte contrattuale, ma trova la sua regolamentazio-
ne iniziale nell’investitura dell’assemblea.
Se si esamina il rapporto di mandato tra ammini-
stratore e condòmini si nota immediatamente che ci
si trova in presenza di un istituto speciale. Che la parte
dinamica (parte relativa agli organi e agli atti che da essi
provengono) della normativa condominiale costituisca
una normativa particolare, con propri principi, lo ha già
affermato la Cassazione in diverse fattispecie, quali la
specialità del decreto ingiuntivo ai sensi dell’art. 63 disp.
att. c.c. che, secondo le sezioni unite, deroga al principio
generale della inesecutività del titolo ed è in stretta di-
pendenza con l’eff‌icacia della delibera. Allo stesso modo,
anche in relazione al rapporto che lega i condòmini con
l’amministratore, questo presenta proprie peculiarità ed è
inserito in un sistema che, per certi versi, possiede regole
specif‌iche e specif‌ici principi.
Innanzitutto, il rapporto presenta la peculiarità di non
integrare un sinallagma paritario; la nuova legge, infatti,
non ha modif‌icato la norma che conferisce all’assemblea il
potere di revocare ad nutum, senza giusta causa o giustif‌i-
cato motivo, l’amministratore solo per il venir meno della
f‌iducia; tale presupposto postula che l’eventuale scadenza
del mandato senza “disdetta” non possa costituire, per
l’amministratore, una sorta di diritto acquisito a gestire
per l’anno successivo in quanto questi è sempre sostituibi-
le ed integrando, la suddetta sostituzione, un diritto pote-
stativo in capo ai condomini, non è neppure ipotizzabile
una qualsivoglia forma di risarcimento o indennizzo.
Inoltre è da rilevare che il rapporto, in precedenza,
era contraddistinto dal regime della “prorogatio” regime
che, senza dubbio, era stabilito a favore della comunità
condominiale e non a favore dell’amministratore, per cui
è principio insito nella normativa condominale che sia ne-
cessaria la presenza di un amministratore anche qualora
l’assemblea non abbia provveduto alla legittima nomina.
Il principio che sottende alla fattispecie del rinnovo
automatico deve individuarsi, pertanto, non in un rinnovo
contrattuale, quanto nella centralità dell’assemblea nel
senso che questa, quale espressione della volontà dei
condòmini, disponga la nomina, la conferma o la revoca
dell’amministratore in piena libertà, senza che questi pos-
sa pretendere altro se non il compenso per il lavoro svolto
f‌ino a quel momento.
Da quanto sopra discende che non è ipotizzabile una
forma di disdetta in quanto, in ragione della sua pecu-
liarità, il rapporto non si rinnova in concomitanza alla
scadenza del periodo (come in un qualsivoglia rapporto di
durata) ma solo allorché (e anche successivamente alla
scadenza del mandato) l’assemblea non si pronunci in
senso incompatibile al rinnovo.
La prima questione pratica che, pertanto, ci si pone è
quella se l’amministratore in carica sia tenuto, in mancanza
di espressa richiesta, ad inserire all’ordine del giorno, alla
scadenza del suo mandato, la sua riconferma o la nomina di
un nuovo amministratore. Ragionando in termini interpre-
tativi letterali, l’art. 1129 c.c. nel momento in cui prevede
che, in caso di nomina o di riconferma, l’amministratore
sia tenuto a formire i propri dati e a comunicare il suo pre-
ventivo di spesa, porta a ritenere che l’amministratore sia,
in ogni caso, tenuto a portare l’argomento all’ordine del
giorno; alla suddetta conclusione, peraltro, si giunge altresì
ragionando nei termini sistematici di cui sopra. Effettiva-
mente, la prima stesura approvata al Senato prevedeva la
durata biennale della carica; la suddetta norma era stata
voluta da alcune associazioni di amministratori ed era sta-
ta formulata proprio allo scopo di avvantaggiare l’ammini-
stratore, assicurandogli una durata maggiore della carica;
l’eliminazione dell’enunciato, peraltro, risulta conforme
allo spirito della legge ed al principio di centralità dell’as-
semblea. La ratio della legge, pertanto, non è tanto quella
di avvantaggiare l’amministratore con una durata maggiore
del rapporto ma, semmai, quella di garantire una conti-
nuità della gestione (prima assicurata dalla prorogatio)
in mancanza di una decisa volontà contraria diretta alla
nomina di un altro rappresentante; il nuovo istituto può

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