La rinnovazione del contratto di locazione a nuove condizioni e la periodicità dei contratti alternativi

AutoreStefano Giove
Pagine227-229

    Intervento svolto al XVII Convegno Coordinamento legali Confedilizia tenutosi a Piacenza l'8 settembre 2007.

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  1. Della capacità tecnica del nostro legislatore si è discusso, in tempi recenti, in modo sempre più intenso. Il rinvio non è certo e solo al settore che ci interessa, perché ogniqualvolta il termine utilizzato in una legge ha qualche significato preciso, spesso siamo ormai abituati a valutarne la portata diversa via via che si procede nella lettura della (nuova) regola.

    Solo a titolo di esempio può farsi riferimento, ce ne siamo occupati spesso, in tema di invalidità dei contratti, al proliferare delle ipotesi di nullità che hanno costretto a riscrivere molte delle classiche ripartizioni basate sulle norme codicistiche. Per restare al campo delle locazioni e ricordando alcune delle recenti riflessioni che formano oggetto periodico dei nostri incontri è sufficiente ricordare quella comminata dal comma 346, art. 1 L. 30 dicembre 2004 n. 3111 ed i dubbi che il termine utilizzato sia, in realtà, sinonimo di inefficacia relativa. La frequenza con cui un uso disinvolto della terminologia si presenta deve, in realtà, indurci ad una lettura delle tante leggi svincolata dalle sovrastrutture o - se si vuole - dalle ripartizioni con cui siamo stati abituati ad affrontare e risolvere i problemi interpretativi.

    Certo non intendiamo - con ciò - negare l'utilità del ricorso alle categorie generali dell'ordinamento, quanto evidenziare come troppo spesso un loro utilizzo quasi acritico ponga di fronte a problematiche apparentemente insolubili.

    Fuori da ogni metafora è bene tenere presente che non sempre il legislatore, comminando una nullità, vuole fare riferimento a quella classica (assoluta, imprescrittibile, rilevabile d'ufficio, insanabile); così come - per passare al tema odierno - l'uso del termine rinnovazione in (apparente) antitesi con il riferimento alle nuove condizioni contrattuali, non è detto che evidenzi una (vera) contraddizione in termini.

  2. Quando, nel 1998, è stata riscritta la disciplina delle locazioni abitative (che ci fa discutere ormai da nove anni ogni settembre) le linee guida (almeno) risultavano chiarissime. Il rinvio non è tanto alle regole fiscali richiamate in una legge di settore, quanto proprio ai principi generali da cui abbiamo preso le mosse.

    Avendo fornito buona prova la disciplina sui patti in deroga si è ritenuto di essere (finalmente!) pronti a cancellare tutte le regole in tema di canone massimo imposto «in cambio» di: a) un'accentuata stabilità a tutela dell'inquilinato; b) una - reale - emersione del monte fitti; b) attuata con i nuovi requisiti di forma, ma anche attraverso incentivazioni di carattere fiscale, ove le parti avessero inteso optare i c.d. contratti alternativi (un po' più brevi, però con canone in qualche modo calmierato attraverso l'intervento delle associazioni di categoria); c) una precisa disciplina per tutti quei contratti di godimento che, realmente...

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