Riforma del condominio, gli aspetti da rivedere ad un anno dalla sua entrata in vigore

AutoreAntonio Nucera
Pagine526-526
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dott
5/2014 Arch. loc. e cond.
RIFORMA DEL CONDOMINIO
riforma del Condominio,
gli aspetti da rivedere
ad un anno dalla sua
entrata in vigore
di Antonio Nucera
Ad un anno dall’entrata in vigore della legge di riforma
dell’istituto condominiale (L. n. 220/’12) si possono inizia-
re a tirare le prime somme. E se per lo più le novità in-
trodotte a partire dal 18 giugno 2013 hanno avuto – specie
dopo le correzioni apportate dalla “riforma della riforma”
(D.L. n. 145/’13, come convertito dalla L. n. 9/’14) – effetti
positivi sulla vita condominiale, in alcuni casi – c’è da dire
– alla prova sul campo queste novità hanno mostrato dei
limiti; ciò che porta a ritenere che qualcosa vada rivisto.
Partiamo dalla previsione di cui al quinto comma dell’art.
67 disp. att. c.c., che dispone che all’amministratore non
possano essere conferite deleghe “per la partecipazione a
qualunque assemblea”. Si tratta, all’evidenza, di una dispo-
sizione dalla dizione equivoca, che potrebbe far pensare al
fatto che il legislatore abbia voluto vietare solo che all’ammi-
nistratore vengano conferite deleghe generiche, valevoli per
tutte le assemblee e non che abbia voluto porre il divieto in
discorso per ogni e qualsiasi assemblea. Una formulazione,
quindi, ambigua che ha creato dubbi e perplessità tanto tra
gli amministratori quanto tra i condòmini. Sarebbe certo
più chiaro – ed univoco – stabilire, molto semplicemente, il
divieto di conferire deleghe all’amministratore.
Dovrebbe pure essere rivisto il nuovo art. 71-bis disp. att.
c.c., il quale, al quarto comma, dispone che, nel caso l’am-
ministratore in carica perda uno dei requisiti previsti dalla
legge per svolgere la sua attività, ciascun condomino possa
convocare “senza formalità” l’assemblea per la nomina del
nuovo amministratore. Si tratta di una previsione di diff‌icile
interpretazione che ha dato, per questo, luogo ad abusi e
utilizzazioni strumentali. Non si comprende, infatti, quale
signif‌icato debba attribuirsi all’espressione “senza formali-
tà”: senza il rispetto di forme per la redazione e la spedizio-
ne dell’avviso di convocazione? Oppure senza il rispetto dei
termini minimi di preavviso? Il punto andrebbe chiarito.
Da modif‌icare dovrebbe essere, poi, la previsione con-
tenuta all’art. 1129, secondo comma, c.c., come riformula-
to. Tale disposizione prevede che, contestualmente all’ac-
cettazione della nomina e ad ogni rinnovo dell’incarico,
l’amministratore comunichi i propri dati anagraf‌ici e pro-
fessionali, il codice f‌iscale (se si tratta di società anche la
sede legale e la denominazione), il locale dove si trovano
i registri di anagrafe condominiale, dei verbali delle as-
semblee, di nomina e revoca dell’amministratore, di con-
tabilità nonché i giorni e le ore in cui “ogni interessato”,
previa richiesta all’amministratore, possa prenderne gra-
tuitamente visione e ottenere, dietro rimborso della spesa,
copia da lui f‌irmata. Proprio sulla base del tenore letterale
di questa norma, risulta che richieste di accesso a tali
registri siano state avanzate non solo dai condòmini, ma
anche da terzi estranei al condominio. Con la conseguen-
za, in questi casi, che l’amministratore è stato chiamato
ad accertare l’esistenza o meno di un legittimo interesse
da parte dei richiedenti (vedendosi peraltro costretto a
sottoporre la questione all’assemblea nei casi dubbi). Un
incombente di particolare rilevanza, che ha avuto l’effetto
di appesantire (inutilmente) l’attività di chi amministra.
Un’altra previsione su cui bisognerebbe intervenire, è
quella di cui al quarto comma dello stesso art. 1129 c.c. Qua
si stabilisce, in sostanza, che quando l’assemblea abbia su-
bordinato la nomina dell’amministratore alla presentazione
di una polizza di assicurazione (per la responsabilità civile
per gli atti compiuti dallo stesso nell’esercizio del mandato),
i massimali debbano essere adeguati all’importo dei lavori
straordinari eventualmente deliberati. È una previsione
che, alla prova dei fatti, si è dimostrata essere un’inutile
limitazione alla libertà decisionale dell’organo assembleare
e che, per questo, andrebbe senz’altro soppressa.
Sempre tra le disposizioni da rivedere è da segnalare,
inf‌ine, l’ultimo comma del già citato art. 67 disp. att. c.c.,
così come riformulato, secondo cui il nudo proprietario e
l’usufruttuario “rispondono solidalmente” per il pagamen-
to dei contributi condominiali. Si tratta di una norma che
ha portato i nudi proprietari a rispondere per opere decise
dagli usufruttuari e godute solo da questi ultimi. Il che è
inopportuno oltreché di dubbia legittimità costituzionale.
Prima che la disposizione in questione venisse modif‌icata
dalla legge di riforma, era principio fermo, invece, che il
nudo proprietario non fosse “in alcun modo tenuto al pa-
gamento delle spese condominiali, neppure se l’assemblea
avesse approvato un criterio di ripartizione delle spese in
deroga alla legge” (Cassazione, sent. n. 2236 del 2012).
Principio che andrebbe ristabilito.

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