Richiesta della convalida o dei provvedimenti ex art. 665 C.P.C.

AutoreLuigi Tiscornia
Pagine840-841

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L'ordinanza in rassegna è, come si vede, scheletrica, ma esprime una situazione ben precisa: che si riassume nel fatto di una convalida non emessa a seguito delle contestazioni del convenuto, per le quali quindi la causa è stata rimessa ai sensi dell'art. 665 c.p.c.

In sede di discussione introduttiva, l'attore aveva richiesto al giudice la convalida e lo aveva fatto con le stesse parole anche dopo le eccezioni di controparte: con la conseguenza che, se prima la richiesta di convalida era corretta, dopo non lo era evidentemente più.

La richiesta di convalida - superata dalle eccezioni del convenuto, e non sostituita dalla richiesta di «ordinanza di rilascio» - ha portato in altri termini a che il giudice non abbia emesso il provvedimento richiesto: ma, correttamente disposto il passaggio al rito speciale, abbia poi fissato Page 841 l'udienza di discussione della causa, da chiudersi, con sentenza, dopo l'ordinario rito del lavoro, senza emissione dell'ordinanza di rilascio.

A proposito del provvedimento (e premesso che esso appare rituale, perfettamente legittimo, conforme alla legge: anche se piuttosto raro, tanto da meritare una citazione fose solo per questo: nonché sempre fermo, va da sè, come condizione, che le premesse di merito siano da darsi per scontate) rimane da chiedersi se la richiesta di convalida - avanzata senza nessuna giustificazione, nonché, più esattamente, per un grosso errore - possa non essere tuttavia ritenuta sufficiente.

In altri termini: è chiaro che il provvedimento richiesto era quello che consentisse di giungere ad un rilascio e che esso avrebbe potuto convertire in una convalida (o, in caso di opposizione non fondata su prova scritta, su un'ordinanza non impugnabile di rilascio): e sostanzialmente la volontà del locatore non è mai stata posta in discussione. Né poteva esserlo: perché era chiaramente mirata ad un determinato risultato.

Il fatto che la richiesta tesa a quest'ultimo sia stata espressa non correttamente, ha fatto perdere la possibilità di ottenere ciò che era desiderato: però - se la volontà era indubbia ed esplicita e se la procedura è duplice, ma, ai fini del suo risultato, univoca - l'appello alla convalida (effettuato dopo l'opposizione: e quindi, si ripete, in modo del tutto errato) non poteva essere considerato sufficiente per giungere ugualmente al risultato?

In definitiva: si tratta di due espressioni che hanno ciascuna un loro significato diverso, e non è ignoto a nessuno che...

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