L'esclusione di responsabilitá del responsabile civile per l'imprevedibilitá della condotta dolosa dell'imputato

AutoreFranco Stefanelli
Pagine650-652

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Con la sentenza che si annota, la Cassazione enuncia il principio secondo il quale, il fatto doloso commesso attraverso l'utilizzo improprio di un autoveicolo, usato come arma invece che come mezzo di locomozione, è condizione sufficiente, per l'imprevedibilità dell'evento, ad escludere la corresponsabilità civile del proprietario del veicolo ex art. 2054, comma 3 c.c.

Pur senza farvi riferimento, la decisione della Corte si rifà a due consolidate tradizioni giurisprudenziali in ambito civile, delle quali occorre dar conto, onde meglio comprendere l'iter argomentativo che, nella pronuncia, è soltanto brevemente accennato.

In primo luogo, la Cassazione ravvisa il presupposto della responsabilità ex art. 2054, comma 3 c.c. nel concetto di «circolazione stradale» del veicolo, cioè nel suo utilizzo normale come «mezzo di locomozione». Nonostante la lettera della norma non menzioni mai l'attributo "stradale" 1, la giurisprudenza si è dimostrata particolarmente ferma nel ritenere quale presupposto per l'operatività dell'art. 2054 c.c. il fatto che la circolazione del veicolo avvenga su strada pubblica o su strada privata soggetta ad uso pubblico o, in ogni caso, adibita al traffico di pedoni o di veicoli 2: in quest'ultimo senso si deve intendere il presupposto della «circolazione stradale» 3.

Il secondo filone giurisprudenziale, cui si ricollega la sentenza in commento è, invece, relativo all'operatività della prova liberatoria del caso fortuito, che, nella pronuncia in commento, è stata valutata in riferimento alla responsabilità ex art. 2054, comma 3 4. La sentenza si inserisce nella scia di quelle pronunce civili, le quali ritengono che una causa sopravvenuta, avente i requisiti del caso fortuito - id est eccezionalità ed oggettiva imprevedibilità - rescinda il nesso eziologico tra il fatto generatore e l'evento dannoso, rilevando in ogni caso di responsabilità oggettiva, nonostante, in realtà, il casus fortuitus sia espressamente previsto, quale causa liberatoria, solamente nelle ipotesi di cui agli artt. 2051 e 2052 c.c. A tal proposito, non pare superfluo ricordare come il carattere obiettivo ed indiretto della responsabilità del proprietario (ovvero usufruttuario o acquirente con patto di riservato dominio) del veicolo, che trova fondamento in un fatto di per sé incolpevole qual è quello di aver acconsentito alla circolazione del proprio veicolo 5, sia indubbio. È stato, tuttavia, rilevato dalla giurisprudenza civile di legittimità che «in tema di illecito aquiliano (anche nelle ipotesi di responsabilità oggettiva), perché rilevi il nesso di causalità tra un antecedente e l'evento lesivo deve ricorrere la duplice condizione che si tratti di un antecedente necessario dell'evento, nel senso che questo rientri tra le conseguenze normali ed ordinarie del fatto, e che l'antecedente medesimo non sia poi neutralizzato, sul piano eziologico, dalla sopravvenienza di un fatto di per sé idoneo a determinare l'evento» 6. Parafrasando la decisione testé citata, invero in tema di responsabilità da attività pericolose, si può, dunque, dire che anche nell'ipotesi in cui il soggetto di cui all'art. 2054, comma 3 c.c. non abbia adottato tutte le misure idonee ad evitare il danno, realizzando così una situazione astrattamente idonea a fondare una sua responsabilità, la causa efficiente sopravvenuta, che da sola sia stata idonea a causare l'evento, frantumi il nesso causale che si sarebbe innestato tra la mancanza di predisposizione di misure idonee ad impedire l'utilizzo del veicolo da parte di terzi, e l'evento, sempre che questa causa sopravvenuta risulti idonea a determinare l'evento in via esclusiva. Lo stesso filone giurisprudenziale, mano a mano che si ritrovava ad esaminare le varie ipotesi, ha ricompreso nel novero delle cause liberatorie anche il fatto del terzo, il quale può integrare il caso fortuito e, dunque, produrre effetti liberatori, sempre che per la sua incidenza e rilevanza sia tale da escludere, in modo certo, il nesso causale tra la violazione dell'asserito obbligo di controllo e l'evento 7. Una tale impostazione, pur apparendo coerente, da un lato, provoca lo scivolamento dei concetti di casus fortuitus e vis maior dal fatto generatore dell'evento al rapporto di responsabilità oggettiva; dall'altro, rischia di ribaltare la visuale rispetto alla concezione del Codice: la responsabilità oggettiva non è più considerata come l'istituto (da contrapporre alla responsabilità colposa o dolosa), che trova applicazione salve le eccezioni liberatorie, bensì le cause liberatorie sembrano assurgere esse stesse ad istituto, divenendo così eccezionale l'applicazione della responsabilità oggettiva nelle ipotesi che, invece, la prevedono, e sfumandone, in questa maniera, il concetto verso ricostruzioni dottrinarie dell'elemento psicologico colposo. L'utilizzo di cause liberatorie quali il fortuito e la forza maggiore, inoltre, mal si concilia con l'interpretazione pervicacemente restrittiva, nonostante il carattere di eccezione 8 di tale forma di responsabilità civile, che è sempre stata data delle sue cause di esclusione: e.g., in caso di furto, è costante l'affermazione che sussista la summenzionata responsabilità qualora risulti che il soggetto indicato dall'art. 2054, comma 3 non abbia adottato le misure e le cautele necessarie ad impedire o, comunque, ostacolare l'azione di impossessamento e la utilizzazione del veicolo per la circolazione da parte di terzi, siano essi familiari, dipendenti o, anche, malfattori 9. Non è, dunque, sufficiente che la circolazione del veicolo sia avvenuta invito domino, bensì è necessario che essa sia avvenuta prohibente domino, cioè contro la volontà del soggetto non conducente di cui all'art. 2054, comma 3: tale volontà deve trovare estrinsecazione in un comportamento concreto, specificamente idoneo a vietare ed impedire la circolazione del veicolo 10.

Il ragionamento della Corte, però, si spinge oltre, arrivando ad ritenere che sia l'intenzione di utilizzare il veicolo quale instrumentum sceleris ad integrare il caso fortuito. Tale intenzione si ripercuote sul presupposto della «circolazione stradale» e, dunque, sul concetto di conducente, facendolo venire meno. In questa maniera, cade anche il nesso eziologico che legava la posizione del soggetto corresponsabile di cui all'art. 2054, comma 3 c.c. all'evento: così l'elemento psicologico del reato diventa il discrimen tra le fattispecie in cui trova applicazione la corresponsabilità ex art. 2054,Page 651 comma 3 c.c. e quelle in cui questa corresponsabilità non può rinvenirsi.

Se, che il conducente di un veicolo commetta intenzionalmente con esso, sfruttandolo in maniera non consona rispetto al suo utilizzo naturale mentre è alla guida, un reato, è cosa così imprevedibile da far mancare il presupposto - elaborato giurisprudenzialmente - che la corresponsabilità operi solo nell'ipotesi di «circolazione stradale», bisogna forse arrivare a ritenere che qualsiasi reato non colposo 11 commesso con un veicolo escluda la corresponsabilità civile dell'altro soggetto di cui all'art. 2054, comma 3. È arduo, infatti, immaginare una condotta che integri, da parte del conducente, un reato non colposo commesso attraverso l'utilizzo di un veicolo, senza che quest'ultimo venga sfruttato in una maniera inopinabile rispetto al normale utilizzo cui è destinato, dal momento che i veicoli - questo si è vero - sono semplicemente mezzi di locomozione e non altro. Le medesime problematiche non sorgono, invece, nell'ipotesi, ben più frequente, di reato colposo commesso con un veicolo: in questo caso, infatti, viene a...

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