Regresso del procedimento e calcolo del termine di «fase»: un nodo «gordiano» ancora aggrovigliato

AutoreRosario Li Vecchi
Pagine363-366

Page 363

@1. Introduzione

La disciplina della durata massima dei termini in tema di misure cautelari personali ha da sempre rappresentato la «spina nel fianco» per ogni legislatore ed in particolar modo per quello italiano il quale, in proposito, si è mosso a «tentoni» non avendo profuso nella problematica de qua tutta quell'attenzione imposta dalla complessa, difficile e delicata materia.

Infatti, nell'apprestare il «Progetto preliminare» del nuovo codice di rito nella Relazione che lo accompagnava (1) sono state dedicate all'argomento poche righe del seguente tenore: «In particolare l'art. 303 individua tutte le singole ipotesi in cui la caducazione per decorso del termine della custodia cautelare ha luogo. . . circa l'intrinseca complementarietà della caducazione per decorrenza dei termini rispetto alle altre ipotesi di estinzione, non dovrebbero esservi dubbi in quanto è detto esplicitamente che si tratta dei termini di «durata massima» della custodia. La norma è costruita in modo da dare spazio a tutta una serie di differenziazioni, a seconda delle varie fasi o dei vari gradi del procedimento. . . pertanto sono stati individuati termini diversi e «autonomi». . . in rapporto alla fase delle indagini preliminari, al giudizio di primo grado, al giudizio di appello ed al successivo grado di giudizio, fino al passaggio in giudicato della sentenza. . . in coerenza con questa scelta di «segmentazione» dei termini massimi di custodia, è stato altresì previsto. . . che nel caso di regresso del procedimento ad una diversa fase o di rinvio ad un diverso giudice, dalla data del relativo provvedimento, ovvero dalla sopravvenuta esecuzione della custodia, decorrono nuovamente i termini stabiliti dal comma 1, in relazione a ciascuno stato e grado del procedimento». Nella Relazione, poi, al testo definitivo del codice di rito, il Relatore si è semplicemente limitato a mettere in rilievo che mentre all'art. 303 erano state apportate delle modifiche formali, invece «il testo dell'art. 304 è stato riformulato anche per aderire a taluni suggerimenti della Commissione parlamentare» ed inoltre ha precisato che «per sopperire ad una carenza del Progetto preliminare si è infine introdotto nel comma 4 dello stesso articolo un limite massimo della custodia cautelare. . . Il testo dell'art. 306 è stato modificato per coordinarlo con il testo degli artt. 300-301-302». Stando a tali premesse di contenuto molto generico ed ambiguo, non ci si potevano aspettare norme chiare e precise sia sotto l'aspetto tecnico-giuridico che sotto il profilo ermeneutico ed infatti gli artt. 303 e 304 c.p.p. sono state formulate in maniera molto confusa e peccano, principalmente, di coordinamento logico, tecnico-giuridico ed ermeneutico ed è proprio da questo guazzabuglio legislativo che sono scaturiti i vari e diversi orientamenti sia dottrinari che giurisprudenziali. Infatti il legislatore, nel procedere alla c.d. «formulazione» del nuovo codice di rito e nel cercare, in ogni modo, di mettere ordine e fare chiarezza, sia dal punto di vista tecnico-giuridico e sistematico, per quanto concernevano i termini di durata massima della custodia cautelare, nonché dei casi di sospensione degli stessi, ha fatto malgoverno dell'art. 272 c.p.p. del 1930, specie che lo stesso era divenuto di non facile lettura di seguito ai reiterati interventi che su di esso erano stati operati, pervenendo così alla sua «frantumazione» e dalla quale sono scaturiti gli artt. 303 e 304 c.p.p., la cui formulazione si è rivelata infelice specie sotto il profilo ermeneutico.

@2. Esegesi degli artt. 303 e 304 c.p.p.

Per rendere chiaramente comprensibile la problematica riguardante il computo dei termini di durata massima della custodia cautelare, si rende indispensabile e necessario riportare il contenuto delle norme inerenti alla stessa e farne un'esegesi. L'art. 303 c.p.p., in proposito, così statuisce: «La custodia cautelare perde efficacia quando: a) dall'inizio della sua esecuzione sono decorsi i seguenti termini senza che sia stato emesso il provvedimento che dispone il giudizio ovvero che sia stata pronunciata una delle sentenze previste dagli artt. 442, 448, comma 1, 561 e 563: 1) tre mesi quando si procede per un delitto per il quale la legge stabilisce la pena della reclusione non superiore nel massimo a sei anni; 2) sei mesi, quando si procede per un delitto per il quale la legge stabilisce la pena della reclusione superiore nel massimo a sei anni, salvo quanto previsto dal n. 3; 3) un anno, quando si procede per un delitto per il quale la legge stabilisce la pena dell'ergastolo o la pena della reclusione non inferiore nel massimo a venti anni ovvero per uno dei delitti indicati nell'art. 407, comma 2, lett. a), sempre che per lo stesso la legge preveda la pena della reclusione superiore nel massimo a sei anni. . .».

Il comma 2 dell'art. 303 c.p.p., a sua volta, così statuisce: «Nel caso in cui, a seguito di annullamento con rinvio da parte della Corte di cassazione o per altra causa, il procedimento regredisca a una «fase» o a un grado di giudizio diversi ovvero sia rinviato ad altro giudice, dalla data del provvedimento che dispone il regresso o il rinvio ovvero dalla sopravvenuta esecuzione della custodia cautelare decorrono di nuovo i termini previsti dal comma 1 relativamente a ciascuno stato e grado del procedimento».

Infine l'art. 304, comma 6, c.p.p. così statuisce: «La durata della custodia cautelare non può comunque superare il doppio dei termini previsti dall'art. 303, commi 1, 2 e 3 e i termini aumentati della metà previsti dall'art. 303, comma 4, ovvero, se più favorevole, i due terzi del massimo della pena temporanea prevista per il reato contestato o ritenuto in sentenza. . .». Mentre nulla quaestio può sorgere per quanto concerne il comma 1, lett. a), nn. 1, 2 e 3 dell'art. 303 c.p.p., il problema nasce ove ci si accinga alla lettura e conseguente analisi del comma 2, che espressamente dovrebbe disciplinare i criteri di computo della durata massima della custodia cautelare specie nel caso in cui vi sia stato «annullamento con rinvio» da parte della Corte di cassazione (anche da parte del giudice di merito, così ad esempio nel caso in cui la corte di appello annulli una sentenza emessa dal tribunale, perché emessa da giudice territorialmente incompetente e...

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