Regolamento condominiale e supercondominio

AutoreLuca Christian Natali
Pagine251-256

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@1. Il regolamento condominiale

Al 1 fine di una migliore comprensione della fattispecie, si considerino le linee essenziali della disciplina dell'istituto in rilievo: il condominio negli edifici. Secondo l'opinione tradizionale, esso costituisce una species del genus ´condominio di proprietàª, contraddistinto dalla peculiarità dell'oggetto, coincidente con le cose, gli impianti e i servizi di uso comune del fabbricato (in particolare, viene considerato ´l'esempio più tipico della comunione forzosaª) 2.

Parte della dottrina 3, tuttavia, ritiene che il condominio, pur essendo configurabile come comproprietà, diverga dalla comunione anche in forza del collegamento fra le parti di uso comune e i piani o le porzioni di piano in proprietà esclusiva e del conseguente nesso fra la titolarità delle une e l'appartenenza delle altre.

Ciò determina, anzitutto, l'oggetto della proprietà comune, circoscritto solo alle cose, agli impianti e ai servizi del fabbricato, necessari per l'esistenza, l'uso e/o il (migliore) godimento degli immobili in proprietà solitaria. Inoltre, esso incide anche sul contenuto dello ius proprietatis esclusivo, considerata la funzione strumentale di poteri e facoltà dei condomini riguardo alle parti comuni degli edifici. Peraltro, influisce sul profilo della partecipazione all'assemblea, in quanto, concorrendo a disciplinare costituzione e formazione delle maggioranze, definisce sia la composizione e il funzionamento dell'organo assembleare (collegiale), sia la misura dei poteri dei condomini partecipanti 4.

Non può, comunque, trascurarsi che il condominio si caratterizza per un'articolata organizzazione collegiale, quale risulta dagli artt. 1129-1138 c.c., distinguendosi così dalla comunione ordinaria (regolata dagli artt. 1105-1109 c.c.), la cui embrionale disciplina non prevede la costituzione di un'assemblea e si limita a fissare alcune regole circa la validità e l'impugnabilità delle ´deliberazioni della maggioranzaª; contempla come mere eventualità la creazione di un regolamento e la nomina di un amministratore e, soprattutto, consente la totale derogabilità delle norme previste. Il quadro normativo del condominio si basa su determinati principi. In primo luogo, il dualismo dell'organizzazione, costituita da due organi gestori: l'assemblea e l'amministratore, la nomina del quale (ex art. 1129 primo comma c.c.) è obbligatoria se il numero dei condomini è superiore a quattro e, in caso di inerzia dell'assemblea, è affidata all'autorità giudiziaria, adìta anche da un solo condomino.

Altro fondamentale principio è la formazione necessaria (quando il numero dei condomini è superiore a quattro) di un regolamento condominiale, destinato, ex art. 1138 c.c., a regolare l'uso delle parti comuni, la ripartizione delle relative spese ´secondo i diritti e gli obblighi spettanti a ciascun condominoª e l'amministratore del condominio, e, inoltre, finalizzato ad assicurare la tutela del decoro dell'edificio.

Soprattutto, va osservato che le norme, formulate ad esito della delibera assembleare, hanno solitamente natura regolamentare (o ´assembleareª), essendo decise, in base al criterio maggioritario, dal collegio dell'assemblea. In particolare, si considerino quelle concernenti le modalità d'uso delle cose comuni e, più in genere, l'organizzazione e il funzionamento dei servizi condominiali: v. Cass., sez. II, 14 novembre 1991, n. 12173 5.

Talvolta, però, esse presentano carattere contrattuale, necessitando, dunque, del consenso di tutti i condomini. Appartengono a questa tipologia le disposizioni che incidono, spesso limitando o comunque disciplinando con misure e modalità, su diritti e obblighi di ciascun condomino. In proposito, va evidenziato che la giurisprudenza di legittimità ha più volte statuito che l'effettiva natura di una norma va stabilita in base al suo contenuto, prescindendo, invece, dalla sua collocazione formale: v. Cass., sez. II, 15 aprile 1987, n. 3733 6; Cass., sez. II, 21 gennaio 1985, n. 208 (cit. supra). Secondo autorevole dottrina 7, ai fini di questa classificazione, altrettanto irrilevante è la circostanza dell'approvazione all'unanimità, piuttosto che a maggioranza, dovendosi dare rilievo preminente al concreto oggetto delle norme. Si può comunque sostenere il carattere unitario della funzione del regolamento condominiale, che, a prescindere dall'origine e dal procedimento formativo, costituisce lo statuto della collettività condominiale, volto a incidere su un rapporto plurisoggettivo concettualmente unico e a porsi come fonte di obblighi e diritti non tanto per la collettività come tale, quanto invece per i singoli condomini 8. Ciò pare dimostrato da più dati: l'attribuzione ai singoli condomini dei diritti, derivanti dalla legge, dagli atti d'acquisto e dalle convenzioni, intangibili dall'assemblea con le norme regolamentari e con le delibere approvate dalla maggioranza; la imputazione, ai condomini, delle obbligazioni e della susseguente responsabilità; la previsione dei distinti settori della disposizione e della gestione, con la riserva della prima all'autonomia privata dei singoli condomini. Page 252

Questi elementi, in tale prospettiva, contraddicono l'assunto generico della prevalenza, nell'istituto del condominio, dell'interesse comune per quanto riguarda le cose, gli impianti e i servizi di uso comune. Anche la competenza dell'assemblea ad assumere deliberazioni a maggioranza sembrerebbe potersi giustificare in ragione dell'interesse alla collaborazione, comune a tutti i partecipanti, e dell'esigenza di assicurare all'organizzazione efficienza e prontezza non consentite dal solo modello dell'autonomia privata. Coerentemente, il metodo collegiale e il principio maggioritario possono definirsi i mezzi preordinati dall'ordinamento per attribuire al collegio condominiale una volontà ´unitariaª, senza, però, che essi implichino la soggettività giuridica del gruppo condominiale, sprovvisto dell'´attitudine all'autonoma titolarità di rapporti giuridiciª 9.

@2. Procedimento di formazione e di modifica del regolamento condominiale

Il regolamento formato - la cui iniziativa spetta a ciascun condomino - per essere vincolante, deve essere approvato ed, eventualmente, modificato dalla maggioranza degli intervenuti, sempre che rappresenti almeno la metà del valore dell'edificio, come previsto dall'art. 1136 secondo comma 10.

Principio connesso a quello regolamentare è l'inderogabilità, in sede di regolamento - ex art. 1138, quarto comma c.c. - dei cosiddetti limiti ´convenzionaliª, cioè dei diritti di ciascun condomino, quali risultanti dagli atti d'acquisto e dalle convenzioni, e dei cosiddetti limiti ´legaliª, ossia delle norme relative alla regolare costituzione dell'assemblea e sulla validità e impugnabilità delle relative deliberazioni (artt. 1136 e 1137 c.c.), alla nomina e revoca dell'amministratore e suoi poteri di rappresentanza (artt. 1129 e 1131 c.c.) e delle altre norme elencate dall'art. 1138 c.c.

A parte questi limiti alla propria autonomia organizzativa, i condomini, tuttavia, tramite il regolamento, possono stabilire le regole ritenute più idonee per la gestione delle cose comuni 11.

Dette regole, discusse in assemblea e approvate a maggioranza, si caratterizzano per un ampio campo operativo ratione personae (coerentemente con quanto statuiscono gli artt. 1137-1107 secondo comma c.c.), vincolando - salvo impugnazione, entro ristretti termini decadenziali (ex art. 1137, terzo comma), che comunque non sospende la sua esecuzione - anche gli assenti, i dissenzienti, gli eredi e gli aventi causa dei singoli condomini. Va comunque precisato che, pur valendo il criterio maggioritario, deve ritenersi assicurato a ogni condomino il diritto di pari uso e godimento delle cose comuni 12.

Il concetto di ´pari usoª è di essenziale rilievo per la definizione dei rapporti fra i condomini rispetto alle parti comuni; non può dunque sottacersi quanto statuisce la Suprema Corte, che con esso intende non l'uso identico in concreto (dato che l'identità spaziale e temporale delle utilizzazioni concorrenti comporterebbe il sostanziale divieto per ogni condomino di fare qualsiasi uso particolare della cosa comune), bensì l'astratta valutazione del rapporto di equilibrio che deve essere potenzialmente mantenuto fra tutte le possibili concorrenti utilizzazioni del bene comune da parte dei partecipanti al condominio 13.

Invece, le norme negoziali, sia quando deliberate in assemblea, sia quando enunciate, o più spesso, richiamate nei singoli atti d'acquisto dei condomini, vanno approvate e, nel caso, modificate con il consenso di tutti i condomini. Diversamente, esse sono viziate da nullità, in quanto esorbitanti dal possibile contenuto dei poteri assembleari 14. Si ritiene sufficiente, invece, il consenso di tutti i condomini intervenuti quando l'assemblea decida semplicemente di integrare, e non di modificare, il contenuto di una clausola contrattuale del regolamento (in questo senso, es., Trib. Genova, 18 luglio 1996) 15. Tuttavia, - si è detto - al fine di distinguere una norma assembleare da una contrattuale e individuare, di conseguenza, la disciplina applicabile quanto al corrispondente procedimento formativo e modificativo, occorre guardare il suo contenuto, non rilevando la sua collocazione formale 16.

In applicazione di questo principio, si ritiene nulla la delibera assembleare che, a maggioranza, stabilisca di limitare l'uso effettivo, da parte dei condomini, di un'area condominiale 17, occorrendo, invece, un consenso unanime.

Quanto detto fin qui, tuttavia, non pare sufficiente a chiudere e chiarire la questione della detta distinzione, rispetto alla quale, considerata peraltro la corrispondente prassi applicativa, solo alcuni punti possono dirsi sufficientemente certi:

1) ambedue i tipi di regolamento devono avere il c.d. contenuto ´necessarioª (ex art. 1138 c.c.), ossia le norme riguardanti l'uso delle cose comuni e la ripartizione delle spese secondo...

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