Prospettive di riforma del codice di procedura penale in tema d'impugnazione della sentenza di primo grado

AutoreErmenegildo Costabile
Pagine615-617

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Gli interventi legislativi «tampone» che si sono susseguiti negli ultimi anni per cercare di limitare il carico della giustizia penale e di velocizzarla si sono rivelati completamente inefficienti.

Lo stato di salute della giustizia italiana, infatti, è grave e non accenna a miglioramenti significativi.

Bisogna prendere atto della necessità di modifiche strutturali che rivoluzionino il nostro sistema processuale, eliminando gli istituti inefficienti e superflui.

Tra l'altro, un'iniziativa riformistica in tal senso è demandata alla legge dalla Costituzione. Infatti, all'articolo 111 della nostra Carta fondamentale è scritto che la legge deve assicurare la ragionevole durata del processo. E questo principio, che non può essere ignorato, impone, appunto: l'introduzione di nuovi meccanismi procedimentali con attitudini impulsive dell'andamento del processo, la riforma di istituti esistenti in modo da renderli processualmente economici in termini temporali, l'estromissione dal nostro sistema degli istituti che appaiono inefficienti e superflui.

Quindi, in attuazione del principio di ragionevole durata, operando sul sistema dell'impugnazione della sentenza di primo grado, è auspicabile e perfettamente ragionevole una radicale soppressione dell'appello, previo ampliamento dei poteri di sindacato attualmente attribuiti alla Corte di cassazione, quantomeno in linea di principio.

Oltre al processo di «accumulo» e, purtroppo, all'impreparazione culturale della nostra classe professionale (magistrati e avvocati), alla base della lamentata lentezza del procedimento penale, vi sono indubbiamente anche dei fattori processuali; alcuni legati alla macchinosità dello stesso rito accusatorio, altri insiti proprio nel numero di «stati e gradi» che deve superare il giudizio per arrivare alla conclusione definitiva: la fase delle indagini preliminari (a cui deve aggiungersi il segmento procedimentale che può innescarsi con la richiesta d'integrazione delle indagini a seguito dell'avviso di conclusione delle indagini), la fase dell'udienza preliminare (per i procedimenti che riguardano la maggior parte dei reati), il giudizio di primo grado, quello d'appello, quello dinanzi la Corte di cassazione. Senza considerare, poi, i gradi eventuali che possono conseguire ad una sentenza di annullamento da parte della Suprema Corte.

Francamente troppi i giudici coinvolti nell'accertamento di un reato!

Qualcuno ha pensato di eliminare la fase dell'udienza preliminare in tutti i processi. Ma ciò andrebbe nel senso opposto a quello dell'efficienza, perché significherebbe privare il processo di un «filtro» che è utile per selezionare le imputazioni che meritano un accertamento dibattimentale. Questo, perlomeno, l'intento del legislatore, effettivamente rispettato, però, solo nei casi di giudici dell'udienza preliminare che sanno interpretare correttamente il loro ruolo. L'udienza preliminare, inoltre, assolve ad un'altra indispensabile funzione, in quanto appresenta la sede «tipica» per la scelta di quei riti alternativi sul cui utilizzo si è scommessa la funzionalità del codice di rito del 1988, purtroppo, con scarsi risultati, perché la lungaggine dell'iter processuale fa scegliere all'accusato l'aspettativa della prescrizione rispetto alla condanna con i benefici connessi al patteggiamento o al rito abbreviato.

E allora, l'unico segmento processuale su cui si può ragionevolmente pensare di agire è quello del giudizio d'appello. Non per nulla tale grado di giudizio è praticamente inesistente nei tradizionali sistemi accusatori quali concretamente...

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