A proposito di (offese alla) dignità del lavoro: il mobbing come uso distorto del potere di comando

AutoreRoberto Voza
Pagine339-344
A proposito di (offese alla) dignità del lavoro:
il mobbing come uso distorto del potere di comando
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Mentre Bruno Veneziani metteva a punto quel suo bellissimo contributo allo
studio della dignità come “criterio unicante del diritto del lavoro” (sono sue
parole), mi capitò di occuparmi del mobbing, in vista dell’ultimo congresso
dell’Associazione dei Giuslavoristi Italiani, tenutosi a Bari nell’ottobre del 2010.
“Poteri del datore di lavoro e tutela della persona”: un titolo emblematico
con cui l’AGI sceglieva di affrontare un tema tradizionale e – al contempo – at-
tualissimo, un evergreen, insomma, che ha appassionato generazioni di studiosi.
Prima che diventasse un ritornello di facile impatto mediatico (grazie al for-
tunato libro di Erich Fromm del 1976: To have or to be?), la dicotomia fra avere
ed essere era stata assunta come chiave di lettura della specialità del contratto di
lavoro nel pensiero di Francesco Santoro Passarelli. Nelle sue celebri Nozioni,
l’insigne giurista esordiva individuando nella “implicazione della persona del
lavoratore nel lavoro prestato ad altri” la motivazione della peculiarità del diritto
del lavoro rispetto alle “altre discipline giuridiche”, e – in particolare – la ragio-
ne per la quale esso “si ribella” alla partizione del diritto “nei due rami del diritto
pubblico e privato”.
E siccome “la persona del lavoratore è implicata nell’attività prestata ad al-
tri”, Santoro Passarelli poteva affermare che “tutto il diritto del lavoro è ordinato
caratteristicamente a questo ne, alla tutela della libertà, anzi della stessa per-
sonalità umana del lavoratore”. Poteva, insomma, condensare la specialità del
diritto del lavoro nella formula della tutela della persona del lavoratore (persona
che lavora, sarà di moda dire dalla ne del secolo scorso in poi).
L’affermazione è perfettamente condivisibile (tant’è che è universalmente
condivisa), ma può essere meglio compresa se si precisa che, intanto il diritto
del lavoro si è preoccupato di svolgere la sua funzione di tutela, in quanto il
contratto di lavoro aveva già legittimato la sottoposizione della persona al potere
altrui nell’ambito di una relazione fra soggetti (formalmente) liberi ed eguali.
È stata la giuridicazione del potere sull’organizzazione produttiva, e su co-
loro che vi partecipano, a determinare la necessità di un intervento eteronomo
volto a preservare i lavoratori da un uso di quel potere, subito rivelatosi poten-
zialmente distruttivo della persona, appunto.

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