Aspetti problematici essenziali della disciplina attinente all'indennità per la perdita dell'avviamento commerciale

AutoreAldo Carrato
Pagine21-24

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In linea generale - anche sulla scorta degli indirizzi manifestati dalla giurisprudenza costituzionale in proposito 1 - si osserva, con riguardo al campo delle locazioni ricomprese nell'elencazione di cui ai nn. 1) e 2) dell'art. 27 della L. n. 392/78, che la ragione giustificatrice dell'indennità per la perdita dell'avviamento deve essere ricondotta nell'ottica della salvaguardia dell'esigenza di riparazione del danno subito dal locatario per la perdita dell'avviamento, del quale potrebbe beneficiare il locatore proseguendo la medesima attività commerciale ovvero lucrando sulla locazione dell'immobile a terzi.

In effetti tale riparazione - la cui previsione normativa complessiva trova riscontro nel combinato disposto degli artt. 34 e 35 della cit. L. n. 392 del 1978 - viene garantita attraverso l'imposizione di un obbligo di corresponsione di un importo pecuniario a carico del locatore indirizzato a ristabilire l'equilibrio di ordine economico e sociale che risulterebbe alterato da un suo (verosimile) arricchimento (come tale, in difetto dell'operatività dell'istituto in questione, ingiustificato).

Nel nostro sistema positivo la riferita obbligazione, purché ne ricorrano tutti i presupposti oggettivi, insorge in capo al locatore indipendentemente dalla configurazione di una effettiva diminuzione patrimoniale del conduttore e di un correlativo arricchimento, anche solo potenziale, da parte dello stesso locatore, ragion per cui si discorre in termini di obbligazione specifica legale, che trova appunto direttamente il suo fondamento in una disposizione normativa.

Secondo la giurisprudenza praticamente costante il diritto all'indennità per la perdita dell'avviamento commerciale - impregiudicata l'emergenza dei requisiti oggettivi imposti dall'ordinamento positivo - è automaticamente collegato alla cessazione del rapporto non imputabile al conduttore, presumendosi la sussistenza di un danno per la sola circostanza di dover trasferire altrove l'attività imprenditoriale, con ciò venendosi ad attribuire al riconoscimento dell'inerente diritto non solo la funzione di risarcimento per la fisiologica perdita di avviamento, ma anche una funzione riparatoria. Invero la ragione giustificatrice della previsione di tale diritto è costituita sia dall'esigenza di garantire il mantenimento della clientela che dalla necessità di conservare - anche nel pubblico interesse - le imprese già esistenti, le quali risentono, ordinariamente, di un danno nel momento in cui sono costrette a trasferirsi altrove in dipendenza della cessazione del rapporto locativo su iniziativa del locatore 2.

In effetti - secondo la dottrina essenzialmente concorde 3 - il cit. art. 34 individua una valutazione legale tipica dei riflessi economici 4 che, secondo l'id quod plerumque accidit, derivano dalla cessazione del rapporto locativo, provvedendo anche alla determinazione della misura dell'indennità in base a criteri predeterminati ed astratti, senza porre alcun riferimento specifico alla effettiva incidenza patrimoniale dell'evento.

Pertanto il diritto all'indennità per l'avviamento commerciale (ai sensi dell'art. 34 della L. n. 392 del 1978 con riguardo al regime ordinario e in virtù del disposto dell'art. 69 della stessa legge per le locazioni in regime transitorio) spetta al conduttore di immobili urbani con destinazione commerciale che importi lo svolgimento di un'attività produttiva e/o economica a contatto diretto con il pubblico, riconducibile ad una di quelle specifiche richiamate ai ricordati nn. 1 e 2 dell'art. 27 del menzionato testo normativo, ogni qualvolta il rapporto venga a cessare per causa non dovuta a risoluzione per inadempimento, o disdetta o recesso del conduttore, o in dipendenza di procedure concorsuali 5.

In altri termini, ad eccezione dell'ipotesi in cui si pervenga ad una risoluzione consensuale del rapporto locativo, l'indennità in questione è sempre dovuta a vantaggio del conduttore che rilasci l'immobile a seguito di iniziativa del locatore e tanto si verifica - si badi - anche a prescindere dal conseguimento di un provvedimento giudiziale che disponga il rilascio 6, il che si configura quando non si prospetti indispensabile provocare in merito un apposito accertamento in sede giurisdizionale, come nel caso in cui il conduttore abbia inteso aderire all'intento del locatore di voler recedere dalla locazione (ossia di voler esercitare il diniego di rinnovazione del contratto stesso alla prima scadenza).

Sulla scorta di tali principi si profila condivisibile l'orientamento della giurisprudenza in base al quale, ai fini del riconoscimento dell'indennità in esame, si prospetta irrilevante che il conduttore, una volta reso edotto dell'intenzione del locatore di non rinnovare il contratto, provveda al rilascio dell'immobile, e ciò sia quando il rilascio avvenga prima della scadenza (stante la sua esigenza di trovare comunque una sistemazione alternativa, collegata a situazioni che non necessariamente coincidono con il termine finale del rapporto locativo), sia, a maggior ragione, quando il rilascio, eziologicamente riconducibile all'iniziativa precedentemente assunta dal locatore, avvenga in epoca sucessiva alla conseguente cessazione de iure del contratto 7. Sotto altra angolazione, quindi, il diritto al riconoscimento dell'indennità di cui si discute non viene meno nell'ipotesi nella quale il locatore, successivamente allo scioglimento di diritto del contratto imputabile allo stesso, dichiari di non voler più conseguire la disponibilità dell'immobile, ove non risulti provato un successivo accordo delle parti circa la prosecuzione del rapporto locativo. Ed è per queste complessive ragioni che la giurisprudenza di legittimità, a più riprese, ha statuito che il diritto in discorso non si caduca, nella ricorrenza degli altri suoi presupposti, allorché la disdetta intimata dal locatore debba considerarsi nulla ed inefficace, poiché, anche in tal caso, il rilascio non può essere ricondotto al mutuo consenso del locatore e del conduttore in ordine alla cessazione della locazione, rappresentando la disdetta, ancorché invalida, estrinsecazione di un'unilaterale iniziativa del medesimo locatore, cui soltanto è addebitabile la conclusione del rapporto 8.

Ciò posto, occorre evidenziare che l'onere probatorio attinente al riferito fatto costituito del necessario contatto effettivo e diretto con il pubblico incombe allo stesso locatario 9 ed esso, in pratica, si risolve nell'offrire gli elementi per riscontrare la sussistenza del requisito legale determinante ai fini dell'attribuzione della tutela, ossia di aver esercitato nell'immobile una delle attività per le quali l'indennità è appunto prevista e che si svolga in concreto in rapporto diretto con coloro che acquistano i beni o usufruiscono dei Page 22 servizi per uso proprio ed immediato, ricercandoli presso la sede dell'azienda e frequentandone i locali mediante libero accesso, per ivi iniziare ed eventualmente concludere un rapporto negoziale.

Da un punto di vista generale il requisito dell'esercizio di attività che comportino contatti diretti con il pubblico degli utenti e dei consumatori - che l'art. 35 cit. richiede propriamente per il riconoscimento del diritto all'indennità per avviamento (e, in virtù del richiamo contenuto nell'art. 41 della stessa legge per il diritto di prelazione e di riscatto) - presuppone che l'immobile sia utilizzato come luogo aperto alla frequentazione diretta (senza intermediazione), e strumentalmente negoziale, della generalità originariamente indifferenziata dei destinatari dell'offerta dei beni o dei servizi commerciali 10.

E proprio sulla scorta dell'affermazione di questo principio incontroverso di fondo la giurisprudenza ha escluso che possa ricorrere il requisito di cui si discute nell'ipotesi di immobili adibiti alla vendita all'ingrosso...

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