I presupposti del contratto per uso transitorio

AutoreGabriele Spremolla
Pagine356-358

    Intervento svolto al XIX Convegno Coordinamento legali Confedilizia tenutosi a Piacenza il 12 settembre 2009.

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I presupposti alla stipula dei contratti ad uso transitorio possono individuarsi nei presupposti sostanziali, ovvero nell’effettiva esistenza di esigenze transitorie, e in quelli di carattere formale, ovvero nell’articolata disciplina sottesa alla conclusione di un valido contratto di locazione ad uso transitorio.

Circa il primo aspetto, fermo restando il limite della liceità nei motivi del contratto, le ragioni delle esigenze transitorie sono rimesse alla occasionalità e temporaneità dell’esigenza abitativa, da inquadrarsi in fattispecie che dovranno individuarsi nella contrazione territoriale1, tali da giustificare una deroga alla durata minima del contratto di locazione.

Per quanto riguarda, invece, l’aspetto dei presupposti formali occorre tenere conto dell’articolata disciplina che si è stratificata, a seguito dell’emanazione di molteplici provvedimenti, dall’entrata in vigore della L. 431/98.

La riforma della normativa sulle locazioni abitative, realizzata con la L. 431/98, ha introdotto una radicale modifica.

La precedente disciplina individuava e tutelava, quale interesse esclusivo, l’esigenza abitativa primaria, al punto di predeterminarne canone e durata.

Si disinteressava, in maniera assoluta, delle locazioni per esigenze transitorie che, ricompresse nella generica categoria degli “usi transitori”, non assoggettava né al limite della durata minima quadriennale, né ai criteri di determinazione del canone2.

L’attuale disciplina, invece, ha portata più ampia tale da ricomprendere tutte le ipotesi di locazione abitativa, ad esclusione delle ipotesi indicate all’art. 1, commi 2 e 3 della L. 431/98.

Gli “usi transitori” vengono quindi trasferiti da una zona di assoluto disinteresse, ad un inquadramento disciplinare quanto mai particolareggiato ed articolato, frutto del concorso di molteplici Fonti normative.

L’art. 5 della legge, infatti, delega al decreto ministeriale previsto all’art. 4 comma 2, l’onere di definire le condizioni e le modalità per la stipula dei contratti di locazione di natura transitoria.

Ancora il rinvio all’obbligatorietà dell’uso dei tipi di contratto, indicati all’art. 4 bis, determina un ulteriore contributo disciplinare.

È, quindi, particolarmente nella previsione di una specifica disciplina per i contratti per “uso transitorio”, che emerge in maniera rilevante, la diversa impostazione tra le due normative e si evidenzia la visione globale della L. 431/98.

In tale nuovo e diverso contesto la prima e più evidente novità è data dalla diversa definizione di detto tipo di contratto.

Nella disciplina del 1978 si parla sempre, ed esclusivamente, di esigenze abitative di natura transitoria3.

Nell’attuale normativa il riferimento è ai “contratti di locazione di natura transitoria”4.

La differenza non è solo terminologica.

Nella vecchia disciplina, particolarmente sensibile alle esigenze abitative del conduttore, la deroga alla disciplina obbligatoria poteva conseguire, unicamente, dalla inesistenza di esigenze abitative di natura primaria del conduttore, pertanto contava unicamente l’esigenza del conduttore, nulla valendo il ruolo del locatore.

L’attuale disciplina, invece, riferendosi a contratti di natura transitoria, svincola detti contratti dal primario della posizione del conduttore, dando rilievo anche alla figura del locatore.

Pertanto oggi è legittimo il contratto per uso transitorio giustificato non solo dalle esigenze transitorie del conduttore, ma anche da quelle del locatore.

Si prevede, quindi, una tipologia contrattuale tipica caratterizzata da un’eccezione al limite di durata indicato all’art. 2 della legge, che trova legittimazione nell’esistenza di un’esigenza specifica vuoi del conduttore, vuoi del locatore.

Tale fattispecie, poi, non trova più neppure quei limiti dell’uso per esigenze di lavoro o di studio che, nella precedente disciplina, costituivano eccezione all’eccezione5, riconducendo al regime vincolistico le esigenze transitorie del conduttore, se qualificate dalle esigenze di lavoro e di studio.

È vero che un particolare rilievo hanno ancora le locazioni per soddisfare esigenze abitative di studenti universitari fuori sede6, tuttavia tale fattispecie rientra a pieno titolo tra gli “usi transitori”.

Nessun rilievo ha, invece, nell’attuale disciplina l’esigenza per motivi di lavoro, avendo ritenuto, evidentemente, il legislatore tale esigenza lavorativa sufficientemente tutelata con le molteplici opzioni contrattuali offerte dall’attuale disciplina.

Ulteriore, e più importante novità della L. 431/98, è data dalla previsione di una disciplina degli usi transitori tanto particolareggiata e specifica, quanto inesistente era nella vecchia legge.

A dire il vero l’art. 5 nulla dice in merito alle condizioni e modalità di detta tipologia contrattuale, delegando al Decreto Ministeriale di cui all’art. 4 comma 2, il compito...

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