Le innovazioni non possono pregiudicare il decoro architettonico dell'edificio

AutoreMaurizio de Tilla
Pagine309-310

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Con la decisione in rassegna la Corte di cassazione ha affermato che il decoro architettonico attiene a tutto ciò che dell'edificio è visibile e apprezzabile dall'esterno, posto che esso si riferisce alle linee essenziali del fabbricato, cioè alla sua particolare struttura e fisionomia, che contribuisce a dare ad esso una sua specifica identità. Ne consegue che - a prescindere da ogni considerazione sulla proprietà dei muri perimetrali, che l'art. 1117, n. 1, c.c. espressamente annovera tra i beni comuni - il proprietario della singola unità immobiliare non può mai senza autorizzazione del condominio esercitare una autonoma facoltà di modificare quelle parti esterne, siano esse comuni o di proprietà individuale (come, ad esempio, la tamponatura esterna di un balcone rientrante), che incidano sul decoro architettonico dell'intero corpo di fabbrica o di parti significative di esso.

Alla stregua di detta considerazione la Corte Suprema ha ribadito il principio secondo cui il decoro architettonico - allorché possa individuarsi nel fabbricato una linea armonica, sia pure estremamente semplice, che ne caratterizzi la fisionomia - è un bene comune il cui mantenimento è tutelato a prescindere dalla validità estetica assoluta delle modifiche che si intendono apportare. Sotto questo aspetto, una volta accertato che le modifiche non hanno una valenza ripristinatoria o migliorativa dell'originaria fisionomia, ma alterano quest'ultima sensibilmente, non ha alcuna rilevanza l'accertamento (del tutto opinabile) del risultato estetico della modifica, che deve ritenersi non consentita quand'anche nel suo complesso possa apparire a taluno gradevole.

La decisione conferisce un certo rigore alla individuazione della tutela del decoro architettonico in un edificio in condominio. Definizione che la giurisprudenza ha individuato nel concetto di estetica data dall'insieme delle linee e delle strutture che ne costituiscono la nota dominante ed imprimono alle varie parti dell'edificio, nonché all'edificio stesso nel suo insieme, una sua determinata, armonica fisionomia, senza che occorra che si tratti di edificio di particolare pregio artistico (Cass., 8 giugno 1995 n. 6496, in questa Rivista 1993, 810. Conformi Cass., 29 luglio 1995 n. 8381; Cass., 14 giugno 1999 n. 5827). Si è precisato che il codice civile, nel riferirsi quanto alle sopraelevazioni (art. 1127, comma 3) all'aspetto architettonico dell'edificio e, quanto alle innovazioni (art. 1120, comma 2) al decoro architettonico dello stesso, adotta nozioni di diversa portata, intendendo per aspetto architettonico la caratteristica principale inserita nello stile architettonico dell'edificio, sicché l'adozione, nella parte sopraelevata, di uno stile diverso da quello della parte preesistente comporta normalmente un mutamento peggiorativo dell'aspetto architettonico complessivo, percepibile da qualunque osservatore. La relativa indagine, condotta in stretta correlazione con la visibilità dell'opera e con l'esistenza di un danno economico valutabile, è demandata al giudice del merito, il cui apprezzamento sfugge al sindacato di legittimità, se congruamente motivato, senza comportare l'obbligo di un'espressa motivazione sulla sussistenza del pregiudizio economico, quando questo è da ritenersi insito in quello estetico, in conseguenza della gravità di quest'ultimo (nella specie, trattavasi di veranda costruita sulla terrazza di un edificio condominiale). In tale senso Cass., 27 aprile 1989 n. 1947, Giust. civ. 1989, 2632, con nota di DE TILLA.

Sotto il profilo più utilitaristico, Cass., 31 luglio 1987 n. 6640, in questa Rivista 1987, 641, ha ritenuto che il decoro architettonico è un bene al quale sono direttamente interessati tutti i condomini ed è suscettibile anche di valutazione economica, in quanto concorre a determinare il valore sia della proprietà individuale sia di quella collettiva delle parti comuni.

Si è affermato che la tutela del decoro architettonico è stata apprestata dal legislatore in considerazione della diminuzione del valore che la sua alterazione arreca all'intero edificio e, quindi, anche alle singole unità immobiliari che lo compongono. Pertanto, il giudice del merito, per stabilire se in concreto vi sia stata lesione di tale decoro, oltre ad accertare se esso risulti leso o turbato, deve anche valutare se tale lesione o turbativa determini o meno un deprezzamento dell'intero fabbricato, essendo lecito il mutamento estetico che non cagioni un pregiudizio...

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