La Perdita Di Valore Degli Immobili. Aspetti Contabili E Tributari. Una Proposta

AutoreGiancarlo Tomasin
Pagine473-474
473
Arch. loc. cond. e imm. 4/2016
Varie
LA PERDITA DI VALORE
DEGLI IMMOBILI. ASPETTI
CONTABILI E TRIBUTARI.
UNA PROPOSTA
di Giancarlo Tomasin
Il disastrato settore edilizio-immobiliare, già danneg-
giato dal mercato e da un tassazione soffocante, soprat-
tutto a livello locale, subisce un’ulteriore discriminazione.
Infatti, a causa dell’andamento del mercato (e gli esiti
delle aste giudiziarie lo dimostrano impietosamente) le
imprese edili ed immobiliari si trovano a possedere im-
mobili destinati alla vendita, ovviamente contabilizzati al
costo, i cui valori (e cioè i prezzi ragionevolmente conse-
guibili in caso di vendita) sono inferiori - ed anche note-
volmente inferiori - a quelli di bilancio.
Si impone pertanto, sul piano civilistico, l’obbligo di
una svalutazione, ma il relativo minusvalore non è oggi
riconosciuto a livello f‌iscale.
Secondo la Risoluzione 78/2013 il riconoscimento f‌isca-
le della perdita di valore delle rimanenze è possibile solo
per i beni fungibili, e tali non sono gli immobili.
Il problema della contabilizzazione e del trattamento
f‌iscale degli immobili posseduti da società (ovvero da im-
prese) è piuttosto complicato.
È normale per le imprese possedere immobili, e per
questo di solito gli statuti delle società lo prevedono espli-
citamente.
La proprietà di tali immobili si giustif‌ica col bisogno di
avere luoghi in cui esercitare la propria attività, ma anche
come garanzia patrimoniale, ovvero come fonte di redditi
stabili.
Per queste ragioni i maggiori patrimoni immobiliari
sono detenuti da banche e da compagnie assicurative, ov-
vero da istituti previdenziali, che svolgono attività compa-
rabile con quella delle banche.
Alcune imprese, come le imprese edili, costruiscono,
ovvero acquistano e restaurano o trasformano, immobili in
vista della successiva vendita, ma possiamo ben dire che la
generalità delle imprese, proprio perché l’immobile è visto
come una entità in grado di garantire una conservazione
del valore patrimoniale, acquista e al bisogno, o quando se
ne manifesti l’utilità, vende gli immobili.
Ne consegue che la distinzione degli immobili fra quel-
li destinati ad una durevole permanenza nel patrimonio
della società e quelli destinati alla vendita è piuttosto sog-
gettiva ed aleatoria.
La discriminazione nei bilanci fra immobili destinati a
permanere (immobilizzazioni) ed immobili destinati alla
vendita (immobili rimanenze o immobili merce) è estra-
nea alla tradizione contabile del nostro Paese ed è stata
introdotto con l’implementazione della IV Direttiva comu-
nitaria in materia di bilanci.
Quanto alla valutazione in bilancio degli immobili, essa
è pacif‌icamente determinata sulla base del valore corren-
te, ovvero, per il principio della prudenza, al minore fra il
costo storico e il valore corrente del bene.
In Italia, nei periodi contrassegnati da un’alta svaluta-
zione monetaria (inf‌lazione) il legislatore è a più riprese
intervenuto per consentire una rivalutazione degli immo-
bili, determinando, di volta in volta, il trattamento tribu-
tario della rivalutazione.
Possiamo peraltro affermare che, fatti salvi i casi in cui
un immobile abbia perduto di valore per ragioni partico-
lari, costituisce una novità il fatto che, a causa della crisi
economica generale, oggi la generalità degli immobili - e
fatti salvi casi specif‌ici - abbia perduto valore.
Nella presente nota ci proponiamo di esaminarne le
conseguenza sul piano contabile (bilancistico) (1) e sul
piano f‌iscale.
Sul piano contabile non sussiste dubbio che, a fronte
di una perdita di valore durevole, il valore contabile dei
singoli immobili vada ridotto, con la conseguente rilevan-
za sul conto economico, e ciò vale sia nel caso che essi
siano considerati immobilizzazioni, sia che siano destinati
alla vendita (cfr art. 2426 c.c., nn. 3 e 9). Su questa linea
la generalità dei principi contabili internazionali (IAS2,
IAS16, IAS40, IFRS5).
Irrazionalmente la materia si complica sul piano tri-
butario.
Per le società l’art. 83 TUIR prevede, in via generale,
che “il reddito complessivo è determinato apportando
all’utile o alla perdita risultante dal conto economico,
relativo all’esercizio chiuso nel periodo di imposta, la va-
riazioni in aumento o in diminuzione conseguenti all’ap-
plicazione dei criteri stabiliti nelle successive disposizioni
della presente sezione” (c.d. principio di derivazione).

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