Formalità per la costituzione della parte civile

AutoreEmilio Lualdi
Pagine193-195

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Pareva che il nuovo c.p.p. avesse ridisegnato in modo inequivoco natura e formalità di costituzione della parte civile: un soggetto la cui presenza è vista, secondo alcuni, con «sfavore» 1 all'interno del processo penale, ma pur sempre contemplato dal legislatore, al punto di consentirgli il trasferimento in sede penale dell'azione civile già promossa davanti al suo giudice naturale, «fino a quando in sede civile non sia stata pronunciata sentenza di merito anche non passata in giudicato» (art. 75 comma 1).

Tipica azione di ristoro, quella civile può essere esercitata nel processo penale «per le restituzioni e per il risarcimento del danno di cui all'art. 185 c.p.» (art. 74). Soggetti legittimati, coloro ai quali il reato ha recato danno (e i loro «successori universali»): quindi, almeno secondo la dottrina più recente e una parte della giurisprudenza di merito, non solo i danneggiati c.d. diretti, ma anche quelli indiretti (ad esempio, organizzazioni sindacali e altre associazioni non riconosciute in processi per infortuni sul lavoro, malattie professionali, inquinamenti, ecc.) 2.

Ciò per così dire, sul piano sostanziale. Quanto ai profili processuali, l'opinione dominante (per le ragioni che si vedranno) è che il legislatore abbia inteso semplificare le formalità per la costituzione di parte civile.

Invece alcune pronunce, anche di legittimità, hanno mostrato di voler sottoporre tale atto a una serie di lacci di cui non vi è traccia nel dettato normativo.

Il tutto ha avuto inizio con una sentenza della S.C. a sezioni unite 3, che occupandosi del mandato a costituirsi parte civile, ha affermato che «la costituzione di parte civile, invero, può farsi mediante dichiarazione personale o per mezzo di procura speciale, conferita a pena di inammissibilità, con atto pubblico o con scrittura privata autenticata»: fin qui, nulla di nuovo rispetto alla previsione del c.p.p. (artt. 76 comma 1 e 122 comma 1).

Il caso in esame contemplava il conferimento da parte di un'associazione ambientalista al proprio avvocato di una «procura speciale sia a costituirsi parte civile, sia a provvedere alla difesa dell'associazione». Sennonché tale procura era stata rilasciata nelle forme previste dall'art. 100 comma 2, cioè con «l'autografia della sottoscrizione della parte [...] certificata dal difensore». E la S.C. ha osservato (correttamente) che «il preciso limite autenticatorio del difensore, circoscritto al mandato ad litem, non consente di estendere, per il principio di assorbimento, l'autentica relativa a detto mandato alla sottoscrizione della scrittura contenente il conferimento della rappresentanza [...]. Il difensore, infatti, non è munito istituzionalmente di potere certificatorio generale e le norme che conferiscono tale potere (art. 100 comma .2 c.p.p., art. 39 att. c.p.p., art. 83 c.p.p.) hanno carattere eccezionale e non possono, pertanto, essere applicate al di fuori dei casi tassativamente previsti (art. 14 prel. c.c.)».

In altre parole vanno distinte due diverse manifestazioni di volontà: una (eventuale) di conferimento al difensore (o ad altri) del potere di rappresentanza per la costituzione di parte civile e l'altra (necessaria) di nomina del difensore a rappresentare la parte civile nel processo. E poiché il «potere certificatorio» del difensore può essere esercitato solo in relazione al mandato ad litem (quando la relativa procura sia apposta in calce o a margine della dichiarazione di costituzione di parte civile, ex art. 100 comma 2), la costituzione effettuata dal difensore, senza la procura speciale a costituirsi parte civile, comporta l'inammissibilità della costituzione stessa.

Per quanto ineccepibile dal punto di vista del puro diritto, la decisione non ha mancato di sollevare forti perplessità 4.

Partendo infatti dall'osservazione che nel nuovo c.p.p. la disciplina della costituzione di parte...

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