Parliamoci chiaro sugli immobiliaristi

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A proposito del Documento di programmazione economica e finanziaria, giornali e agenzie di stampa sono stati pieni di polemiche sugli immobiliaristi. Gli uni contro gli altri, anche. In diverse cordate. I vecchi (quelli del cosiddetto «salotto buono») contro i nuovi. I vecchi che accusano i nuovi di fare (magari meglio di loro) quel che loro han sempre fatto. Gli industriali, quelli da sempre assistiti, che accusano gli immobiliaristi di non essere imprenditori. Di curare la rendita e non il profitto (come se il capitalismo assistito non fosse anch'esso rendita; come se non fosse curare la rendita - e basta - battersi contro la diminuzione delle imposte per tutti, e chiederla - e ottenerla - poi per sé soli, sotto il pretesto della competività, che invece è - o dovrebbe essere - frutto di innovazione, e non di detassazione). Certi grossi costruttori, infine, attaccano anche loro gli immobiliaristi, perché non creano «valore aggiunto»: ma se il valore aggiunto è continuare a costruire all'infinito (anziché - perlomeno - ristrutturare, con l'aiuto di una sana gestione pubblica degli oneri) e continuare a sprecare territorio, allora è meglio - di questo valore aggiunto - non crearne.

Noi, con gli immobiliaristi non ce l'abbiamo. Diciamo, molto semplicemente, che sono un'altra cosa. La Confedilizia non difende il trading immobiliare, il commercio degli immobili: difende gli immobili in sé, difende i risparmiatori dell'edilizia, difende i valori morali che la proprietà edilizia racchiude, da sempre.

Qualcuno - ipocritamente - fa finta...

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