Incidente stradale, risarcimento del danno. Rilevanza del rapporto parentale tra 'conviventi a distanza', ma vicini affettivamente

AutoreSantarsiere Vittorio
Pagine145-148
145
giur
MERITO
INCIDENTE STRADALE,
RISARCIMENTO DEL DANNO.
RILEVANZA DEL RAPPORTO
PARENTALE TRA “CONVIVENTI
A DISTANZA”, MA VICINI
AFFETTIVAMENTE
di Vittorio Santarsiere
SOMMARIO
1. Nozione. 2. Norme di legge. 3. Oggetto. 4. Tutela giurisdi-
zionale.
1. Nozione
Il conducente di un autoarticolato, in procinto di svol-
tare ad un incrocio con luce semaforica rossa per il suo
senso di marcia, ha investito una donna che attraversava
sulle strisce con luce verde a proprio favore.
Al riguardo è loquace una risalente sentenza di legit-
timità, per la quale, in tema di responsabilità da sinistri
stradali, versa in colpa il conducente di un autoveicolo, in
special modo se di grosse dimensioni e di notevole altezza,
quando tralasci di ispezionare la strada dinanzi a sé prima
di riprendere la marcia dalla posizione di fermo. Ciò anche
nel caso di arresto della marcia ad un semaforo in attesa
del segnale di via libera, poiché non si può escludere, rien-
trando anzi nella normale prevedibilità, che avanti al vei-
colo si ponga un mezzo a due ruote di piccole dimensioni
o si trovi a passare un pedone (1).
La velocità e le circostanze di luogo dell’investimento che
ci occupa non erano al meglio anche in considerazione delle
caratteristiche del veicolo investitore (costituito da motrice
e semirimorchio), cose note al conducente. Dai rilievi, poi,
non sono emersi elementi di colpa concorrente della per-
sona investita (semaforo verde). Ne consegue l’esclusiva re-
sponsabilità dell’autista nel causare l’incidente, dal che sca-
turisce, a suo carico ed in solido con la Società proprietaria
del veicolo e l’assicuratrice, la condanna al risarcimento dei
danni, come, peraltro, statuito in sede penale.
Ora, l’ex convivente della infortunata di poi deceduta ha
adito il giudice in sede civile domandando il risarcimento
del danno non patrimoniale, riconducibile alla perdita del
rapporto parentale, in un unico contesto con la domanda
di risarcimento “iure successionis” del danno biologico.
La fattispecie “sub iudice” costituisce una situazione
originale, perché, cessata la convivenza, la coppia è rima-
sta unita nell’aspetto affettivo e solidale. Infatti, l’attore,
già convivente con la vittima, ha continuato a serbare “a
distanza” la condotta di partner della donna e il giudice
milanese ha valutato, condivisibilmente per mio sommes-
so avviso, il pregiudizio lamentato dal ricorrente alla stre-
gua del caso di morte del coniuge.
Come fatto notare in dottrina, la giurisprudenza della
CEDU, nell’interpretare l’art. 8 della Convenzione europea
dei diritti dell’uomo, non distingue tra famiglia legittima
e famiglia naturale. Perché vi sia tutela è necessario e
suff‌iciente che i rapporti affettivi tra le persone creino
una stabile comunità di vita. Ed il matrimonio non è il solo
modo di creare una vita familiare meritevole della prote-
zione accordata dal menzionato articolo. La dinamica del
rapporto e le forme diverse di convivenza estrinsecano
principalmente un problema di orientamento della pub-
blica opinione, un problema culturale quindi. Il diritto,
rispettando la sua funzione, giunge a dare rilievo ed a
recepire ciò che si afferma nella realtà fattuale e nella
mentalità delle persone che la vivono (2).
Sul f‌inire del secolo ultimo è andato decrescendo l’an-
tagonismo tra gli interpreti, sostenitori e non, della risar-
cibilità dei danni per il decesso del convivente “more uxo-
rio” in occasione di sinistro stradale. Da ultimo è prevalso
l’orientamento per cui il risarcimento in parola compete
al convivente sol che dimostri la stabilità e persistenza del
rapporto. Varie norme di legge settoriali e codicistiche,
del resto, lasciano inferire l’intento del legislatore di dare
rilievo alla famiglia di fatto, sicché non può più dubitarsi
della legittimazione attiva del convivente ad agire per il
risarcimento del danno in caso di incidente occorso al par-
tner, di poideceduto.
Inoltre, la convivenza manca di limiti certi che rilevino
nell’aspetto giuridico e ben si potrebbe ampliare f‌ino a
comprendere due persone non più a dimora sotto lo stesso
tetto, ma che, quali “partners a distanza” fossero uniti da
prossimità, comunanza di sentimenti ed affetti, come la
coppia del caso de quo. Stabilito che il convivente ha diritto
al risarcimento del danno per la morte del partner, in dot-
trina si è posto il problema di quando possa dirsi che vi sia
convivenza rilevante. Al riguardo si osserva come non basti
“ex contrario” la prova della coabitazione tra la vittima ed
il superstite, ma occorre dimostrare che l’unione presenti
“affectio coniugalis”, stabilità, fedeltà, collaborazione (3).
2. Norme di legge
Sancisce l’art. 2059 c.c. che il danno non patrimoniale
deve essere risarcito solo nei casi determinati dalla legge.
Il danno non patrimoniale da sconvolgimento delle
abitudini della vita di relazione deve restaurarsi come
da previsione costituzionale. Per la Cassazione va inteso
quale categoria vasta, comprensiva di ogni ipotesi ove fos-
se leso un valore circa la persona, non più esaurendosi nel
danno morale soggettivo, c.d. “pecunia doloris” (4).
L’art. 29 Cost. sembrerebbe porre ostacolo alla risarci-
bilità del danno al partner di soggetto non legato da rap-
porto di coniugio, portato al decesso per l’illecito del terzo.
Tuttavia, i princìpi generali dell’ordinamento inducono a
Arch. giur. circ. e sin. strad. 2/2012

Per continuare a leggere

RICHIEDI UNA PROVA

VLEX uses login cookies to provide you with a better browsing experience. If you click on 'Accept' or continue browsing this site we consider that you accept our cookie policy. ACCEPT