Oscilla la giurisprudenza della Cassazione sulla necessità della procedura di convalida dell'arresto o del fermo nei casi di liberazione di cui all'art. 389 c.p.p.

AutorePotetti Domenico
Pagine72-79
72
giur
1/2012 Arch. nuova proc. pen.
LEGITTIMITÀ
OSCILLA LA GIURISPRUDENZA
DELLA CASSAZIONE SULLA
NECESSITÀ DELLA PROCEDURA
DI CONVALIDA DELL’ARRESTO
O DEL FERMO NEI CASI DI
LIBERAZIONE DI CUI ALL’ART.
389 C.P.P.
di Domenico Potetti
SOMMARIO
1. Il caso concreto e le proposizioni della Corte; prime os-
servazioni critiche. 2. Una nuova tesi della Cassazione?. 3.
La tesi della necessarietà ineludibile della convalida. 4. È
sempre necessaria la richiesta di convalida da parte del pub-
blico ministero?. 5. Una considerazione decisiva.
1. Il caso concreto e le proposizioni della Corte; prime
osservazioni critiche
Nel caso all’esame della Corte era avvenuto che la
polizia giudiziaria aveva chiesto (e ottenuto) dal giudice
del dibattimento, ex art. 558, comma 2, c.p.p., la f‌issazione
di un’udienza per la celebrazione del rito direttissimo ob-
bligatorio, trattandosi del reato di cui all’art. 14, comma 5
quater, del D.L.vo n. 286 del 1998, come allora vigente (1).
Tuttavia il pubblico ministero, ricevuti gli atti relativi
all’arresto dello straniero, emetteva decreto di liberazione
ex art. 389 c.p.p., perché riteneva che l’arresto fosse stato
eseguito fuori dei casi previsti dalla legge.
Lo stesso giorno il pubblico ministero trasmetteva co-
pia del decreto di liberazione e degli altri atti del fascicolo
al giudice del dibattimento, per le sue determinazioni.
Seguiva l’udienza, nella quale il pubblico ministero
si riportava al proprio provvedimento di liberazione, e il
giudice (pur in mancanza della richiesta del pubblico mi-
nistero) pronunciava ordinanza di convalida dell’arresto,
fatta oggetto di ricorso per cassazione.
Successivamente, nella stessa udienza, l’imputato ve-
niva assolto nel merito.
La sentenza della Cassazione, che accoglie il ricorso
del pubblico ministero, formula in sintesi le seguenti pro-
posizioni:
1) trattandosi di giudizio direttissimo obbligatorio,
esso poteva e doveva svolgersi anche se l’imputato era a
piede libero (2);
2) il procedimento di convalida dell’arresto non era
necessario ai f‌ini della celebrazione del suddetto giudizio
direttissimo;
3) la normativa specif‌ica (evidentemente l’art. 14,
comma 5 quinquies, del D.L.vo n. 286 del 1998, allora vi-
gente) non prevedeva l’obbligatorietà della convalida;
4) ai sensi dell’art. 390, comma primo, c.p.p., ove il pub-
blico ministero abbia egli stesso liberato l’arrestato, il me-
desimo pubblico ministero non è poi obbligato a richiedere
la convalida (3);
5) deve essere escluso che il giudice possa procedere
alla convalida dell’arresto non richiesta dal pubblico mi-
nistero, con conseguente nullità ex art. 178, lett. b) del
c.p.p. (che tutela l’iniziativa del pubblico ministero nel-
l’esercizio dell’azione penale e la sua partecipazione al
procedimento).
Orbene, le suddette prime tre proposizioni della Corte
sono irrilevanti ai f‌ini della questione essenziale posta
dal provvedimento impugnato, che era quella (non della
possibilità di procedere a giudizio direttissimo, ma) della
necessità o meno del procedimento di convalida da parte
del giudice nel caso in cui il pubblico ministero abbia già
liberato l’arrestato ai sensi dell’art. 389 c.p.p..
Infatti, può agevolmente convenirsi nell’assunto per
cui qualora, procedutosi all’arresto in f‌lagranza, il pub-
blico ministero disponga la liberazione dell’arrestato, deve
comunque darsi luogo alla convalida dell’arresto (a parte
le questioni che verranno esaminate più oltre) ed all’in-
staurazione del giudizio direttissimo, quando la celebra-
zione di questo sia obbligatoria (come prevedeva l’art. 14,
comma quinto quinquies, del D.L.vo n. 286 del 1998 allora
vigente), dovendosi quindi procedere alla sua celebrazio-
ne anche nei confronti di imputato a piede libero (4).
Può anche convenirsi sull’autonomia concettuale fra
procedimento di convalida e direttissimo obbligatorio.
È ovvio, inoltre, che l’instaurazione del giudizio di-
rettissimo, anche se considerato obbligatorio da una
specif‌ica disposizione normativa, presuppone pur sempre
che il pubblico ministero (al quale è comunque rimessa
l’opzione fra richiesta di archiviazione e azione penale,
ex art. 405, comma 1, c.p.p.) non ritenga di chiedere l’ar-
chiviazione (5).
Quindi, se è vero che per alcuni reati (come quelli allo-
ra previsti dal D.L.vo n. 286 del 1998, art. 14, commi 5 ter e
5 quater) si deve procedere con rito direttissimo, onde la
convalida dell’arresto compete al giudice del dibattimen-
to, è parimenti indubbio che nel caso in cui il p.m. ritenga
di richiedere l’archiviazione della notitia criminis e di non
esercitare l’azione penale, viene a mancare la presentazio-
ne dell’arrestato all’udienza dibattimentale (quindi non
può esservi giudizio direttissimo) e la convalida spetta al
g.i.p., secondo il rito ordinario (art. 390 c.p.p.) (6).
Tuttavia, la questione centrale che la Corte era chia-
mata a risolvere non era quella se si dovesse procedere
al giudizio direttissimo (e a quali condizioni), ma quella
se il giudice dovesse procedere al procedimento di conva-
lida, nonostante il provvedimento di liberazione emesso
dal p.m. ai sensi dell’art. 389 c.p.p. (e non dell’art. 121 att.

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