Nuovo orientamento della cassazione in materia di risarcimento del maggior danno ex art. 1591 C.c.

AutorePaola Castellazzi
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La Suprema Corte - con la sentenza n. 6417 dell'1 luglio 1998 (in questa Rivista 1998, 682) - ha affermato: «Qualora, in violazione dell'art. 1590 c.c., al momento della riconsegna l'immobile locato presenti danni eccedenti il degrado dovuto a normale uso dello stesso, incombe al conduttore l'obbligo di risarcire tali danni, consistenti non solo nel costo delle opere necessarie per la rimessione in pristino, ma anche nel canone altrimenti dovuto per tutto il periodo necessario per l'esecuzione e il completamento di tali lavori, senza che, a quest'ultimo riguardo, il locatore sia tenuto a provare anche di aver ricevuto - da parte di terzi - richieste per la locazione, non soddisfatte a causa dei lavori». (Massima enunciata in forza dell'art. 384 c.p.c. secondo il quale - com'è noto - la Corte, quando accoglie il ricorso, enuncia specificatamente il principio di diritto al quale il giudice di rinvio deve uniformarsi).

In base al sopracitato principio, quando il locatore - venuto meno il vincolo contrattuale - non possa disporre della cosa locata per fatto del conduttore, ha diritto di conseguire il corrispettivo convenuto, nonché eventuali ulteriori danni.

Si ha mancata disponibilità della cosa locata non solo allorché scaduto il termine per la restituzione il conduttore non vi provveda, ma anche quando, per fatto imputabile allo stesso, il locatore non possa trarre alcun vantaggio dalla cosa, come nell'ipotesi in cui alla riconsegna l'immobile presenti danni eccedenti il degrado dovuto al normale uso, con conseguente sua inutilizzabilità per tutto il periodo occorrente all'esecuzione dei lavori di ripristino.

L'aspetto più importante di questa pronuncia è che non si è ritenuta necessaria - per il risarcimento degli ulteriori danni ex art. 1591 c.c. - la prova, da parte del locatore, né di aver dovuto rinunciare a specifiche e ben individuate offerte da parte di terzi per il godimento dell'immobile, né dell'entità del danno subito per l'impossibilità di utilizzare l'immobile, poiché tale danno viene commisurato al canone di mercato non percepito, corrispondente al lucro cessante risarcibile.

Il problema della prova del maggior danno ex art. 1591 c.c. non è - com'è noto - nuovo, ma al contrario è già stato affrontato dalla Suprema Corte in numerose sentenze, che hanno dato allo stesso soluzioni diverse, dando così vita a due correnti giurisprudenziali contrastanti. Tanto, sottolineato che la responsabilità del conduttore va inquadrata nella più ampia tematica della responsabilità contrattuale, regolata dall'art. 1218 c.c., a cui si applica il principio del risarcimento dei danni di cui all'art. 1223 e seguenti c.c.

Secondo l'orientamento più tradizionale, l'obbligo di risarcire il maggior danno ex art. 1591 c.c. sulla base di quanto ricavabile dalla locazione dell'immobile, non è automatico, essendo indispensabile la prova dell'effettiva lesione del patrimonio del locatore. Questi deve dimostrare l'esistenza di concrete proposte di locazione per un canone superiore a quello dovuto sulla base del corrispettivo contrattuale.

Secondo l'indirizzo giurisprudenziale più recente, invece, non occorre provare l'esistenza di trattative, ma è sufficiente la dimostrazione dell'intenzione del locatore di destinare l'immobile ad una nuova locazione, non realizzata a causa della indisponibilità dello stesso. In questo caso, il maggior danno viene...

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