Gli orientamenti della corte di cassazione a sezioni unite sulla natura giuridica della sentenza di patteggiamento

AutoreLuca Cremonesi
Pagine619-627

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@1. Introduzione.

L'identificazione della natura giuridica della sentenza che applica la pena concordata dalle parti non è una semplice disquisizione astratta e teorica che potrebbe interessare solamente la dottrina o gli studiosi della procedura penale, ma coinvolge tutti gli operatori del diritto, perché comporta un notevole rilievo pratico, potendo influenzare l'applicazione di una serie di istituti a secondo che si stabilisca se il provvedimento sia da assimilare ad una decisione di condanna oppure a quella di assoluzione. La Corte di cassazione a Sezioni Unite si è pronunciata su questa problematica sette volte (!!) 1. Le decisioni si prestano a molteplici critiche, perché non tutte rappresentano un modello di chiarezza ed un esempio di logica giuridica, ma tutte sono finalizzate all'obiettivo di fornire una interpretazione univoca della ratio che dovrà avere la sentenza dell'art. 444 c.p.p. Non è possibile che un provvedimento giudiziario possa cambiare di volta in volta la sua identità per gli effetti giuridici che ne derivano o perché possa venire influenzato da altri istituti con i quali è costretto ad interagire.

Non bisogna neanche dimenticare che i contrasti giurisprudenziali che ha dovuto risolvere il supremo organo giudicante, pur offrendo un ampio ventaglio di argomentazioni giuridiche, sono la conseguenza della difficoltà di coordinamento tra le peculiari caratteristiche del rito sostitutivo del dibattimento con la procedura penale vigente. Difficilmente il patteggiamento riuscirà ad armonizzarsi completamente con l'intero sistema, essendo ispirato dalla tradizione culturale e scientifica nord-americana 2. Inoltre, è un congegno che si caratterizza per essere «trasversale» all'intero ordinamento ed è costretto a relazionarsi continuamente con gli altri istituti che costituiscono l'impalcatura del processo penale. È un meccanismo che rappresenta, più di qualsiasi altro, una chiave deflattiva per attuare quella semplificazione e quell'economia dell'uso e della durata dell'istruttoria dibattimentale che il legislatore ha posto come uno degli obiettivi fondamentali per avere un rendimento più immediato e veloce dell'amministrazione della giustizia. Appare evidente, in questa attività di ricostruzione della natura giuridica della sentenza dell'art. 444 c.p.p., che non si possa in alcun modo prescindere dalla sua costruzione normativa, dalle finalità che vuole perseguire ed, anche, dai limiti oggettivi e funzionali dei poteri valutativi e decisori del giudice. La particolarità della negoziazione della pena che viene concordata dal pubblico ministero e dalla difesa dell'imputato, rispetto all'ordinamento codicistico, è determinata dalla assunzione della decisione «sulla base degli atti» contenuti nel fascicolo dell'organo accusatore e dal progetto di sentenza che viene formalizzato dalle parti in conflitto tra loro 3. L'organo giudicante può accogliere o rifiutare quanto gli viene sottoposto, ma non può modificare nulla 4. È, inoltre, una pronunzia, che si distingue dalle altre, perché è connessa anche ad una serie di incentivi premiali non previsti dalla procedura tradizionale, come l'esenzione dal pagare le spese del procedimento e come la non applicazione delle pene accessorie e delle misure di sicurezza, ad eccezione della confisca. Si annovera anche, come effetti vantaggiosi per l'imputato, la non menzione della sentenza nel certificato richiesto dai privati e l'estinzione del reato al verificarsi di determinare condizioni, così come è stato creato un impedimento a decidere sull'azione civile ed è prevista, infine, la diminuzione «fino ad 1/3» della pena. Ulteriore elemento che conferma le particolari caratteristiche della sentenza che applica la pena richiesta dalle parti si ricava dalla sua ininfluenza nei giudizi civili o amministrativi.

Per meglio comprendere l'irrilevanza negli altri processi del provvedimento dell'art. 444 c.p.p., rispetto alle decisioni ordinarie di condanna, è utile operare un confronto con il concordato sui motivi di appello stabilito dall'art. 599 comma 4 c.p.p. e dall'art. 602 comma 2 c.p.p. 5. Non deve essere confuso quest'ultimo strumento con quanto indicato dall'art. 448 c.p.p.che prevede l'accoglimento nel giudizio di impugnazione della richiesta di pena formulata dal solo imputato o dall'imputato con il pubblico ministero e poi respinta dal giudice dell'udienza preliminare e da quello dibattimentale. La pattuizione effettuata per la prima volta avanti la corte d'appello riforma la sentenza del giudizio di primo grado, accogliendo uno o più motivi di impugnazione, con conseguente rinuncia agli altri. La struttura del concordato, per forza di cose, viene ad essere diversa da quella dell'art. 444 c.p.p., non essendo stati regolamentati, in modo specifico, gli effetti premiali, dovendo l'istituto adattarsi alle ragioni ed alle critiche manifestate nella dichiarazione di gravame. Non possono essere, quindi, predeterminate le condizioni premiali in cui deve operare. Non è stato riconosciuto ai soggetti processuali la completa disponibilità di comporre liberamente gli interessi in conflitto, ma solo la facoltà di definire il profilo sanzionatorio in senso lato. Le parti possono accordarsi sulla qualificazione giuridica del reato, sulle circostanze da applicare e sulla sanzione penale da irrogare. La decisione finale dovrà, però, rispettare tutti gli altri requisiti previsti dall'ordinamento processuale per la sentenza ordinaria di condanna. Il provvedimento, pertanto, avrà efficacia nei processi civili o amministrativi, così come verrà iscritto nel certificato penale e dovrà essere liquidato il risarcimento del danno subito dalla parte civile. Potranno essere, inoltre, applicate le pene accessorie e le misure di sicurezza e dovranno essere adempiute le spese processuali. L'istituto dell'art. 599 comma 4 c.p.p. e dell'art. 602 comma 2 c.p.p., per forza di cose, si deve presentare meno appetibile del patteggiamento di primo grado dell'art. 444 c.p.p. Altrimenti non si avrebbe quella deflazione dei procedimenti che è una delle finalità che il legislatore vuole raggiungere per rendere più celere la definizione e la durata dei processi, perché tutti gli imputati affronterebero il giudizio dibattimentale, per poi, in caso diPage 620 esito insoddisfacente, correre ai ripari nel processo di appello, potendo usufruire di condizioni più vantaggiose.

L'art. 2 L. 27 marzo 2001 n. 97, pur non modificando formalmente il regime normativo del patteggiamento, ha notevolmente contribuito a svuotare e ad annacquare il vantaggio collegato alla inefficacia della sentenza nei giudizi disciplinari. La nuova disposizione normativa dell'art. 653 c.p.p. potrebbe rappresentare quindi la dimostrazione che, nonostante la circoscritta attività che l'organo giudicante si trova a dover eseguire, deve configurarsi il risultato finale come un vero e proprio accertamento dei fatti che costituiscono reato, in modo analogo, alla verifica che viene compiuta dopo la celebrazione del dibattimento. Infatti, ora come ora, la decisione dell'art. 444 c.p.p., assume efficacia vincolante, nel giudizio meramente amministrativo, sull'esistenza del fatto, sulla sua illiceità e che l'imputato lo abbia commesso, malgrado il giudice, a differenza di quanto accade per la sentenza di condanna tradizionale, debba operare solamente sulla correttezza della qualificazione giuridica del reato, sulla sussistenza e sul bilanciamento delle circostanze. Nel patteggiamento, l'organo giudicante deve controllare anche la congruità della pena e che non sussistano le ipotesi di assoluzione indicate dall'art. 129 c.p.p. A questo punto, merita di essere precisato che è estremamente contraddittorio stabilire che il giudicato che nasce dall'accordo delle parti sulla pena possa influenzare il giudizio disciplinare, mentre non comporta alcuna conseguenza nel giudizio civile o nel giudizio giurisdizionale amministrativo. Quanto non viene considerato attendibile per il processo civile e per il processo amministrativo, perché l'accertamento dei fatti è sommario viene, al contrario, ritenuto rilevante e produttivo di effetti giuridici per il procedimento disciplinare. È stata creata, con la nuova formulazione dell'art. 653 c.p.p., una discriminazione tra i cittadini, poiché il rito sostitutivo del dibattimento viene ad acquisire una diversa valenza per l'attività professionale del soggetto che lo richiede o solamente perché appartiene ad una determinata categoria lavorativa, come quella dei dipendenti pubblici. Il patto negoziale intercorso tra l'imputato ed il pubblico ministero potrebbe non essere utilizzato dal soggetto interessato, dal momento che il provvedimento potrebbe acquistare valore nel giudizio disciplinare, malgrado possa essere stata disposta la sospensione condizionale della pena nel procedimento principale 6.

@2. La natura giuridica del patteggiamento che era contenuto nell'art. 77 L. 689/81.

Per individuare la natura da attribuire al provvedimento contenuto nell'art. 444 c.p.p. bisogna operare un confronto con la disciplina del patteggiamento, precedentemente creata dall'art. 77 L. 689/81 7. I dubbi interpretativi del «vecchio» congegno processuale avrebbero dovuto costituire un idoneo punto di riferimento per il legislatore del codice vigente che invece non li ha considerati affatto, perché sono stati regolamentati esplicitamente gli effetti premiali, mentre ha lasciato ancora una volta in sospeso la ratio che dovrebbe rivestire la sentenza. L'istituto, così come formulato originariamente, veniva concesso dal giudice e si fondava sull'apprezzamento della situazione processuale da valutare caso per caso. Quello attuale è un vero e proprio rito sostitutivo del dibattimento che si instaura su una domanda di merito presentata dalle parti. Infatti, l'accusa e la difesa dell'imputato trovano una intesa negoziale, da cui derivano una serie di conseguenze giuridiche prestabilite dall'ordinamento penale. Da...

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