Il giudice ordinario e gli effetti del «silenzio-rigetto»

AutorePatrizia Bianchetto
Pagine5-7

Page 5

@Premessa

- Com'è noto, l'art. 204 c.s. ha stabilito in 60 giorni il termine entro il quale il prefetto, chiamato a decidere ai sensi del precedente art. 203, deve emettere, nel caso in cui ritenga infondato il ricorso, l'ordinanza-ingiunzione di pagamento o nel caso contrario, il provvedimento di archiviazione del verbale impugnato.

La Cassazione, con sentenza della sez. I civ. del 23 luglio 1997 n. 68951, pur senza riconoscere al termine predetto natura perentoria, ha cassato la sentenza del Pretore di Bergamo, accogliendo l'opposizione all'ordinanza-ingiunzione emessa dal prefetto oltre lo scadere del termine di cui sopra.

Questo orientamento sembra destinato ormai a consolidarsi2.

@1. I vari tipi di «silenzio» della P.A

- È indispensabile, per una corretta impostazione della questione individuare, in via preliminare, le varie ipotesi di comportamenti silenziosi della P.A. e le loro conseguenze.

Il nostro ordinamento conosce tre tipi di silenzio amministrativamente rilevanti: il silenzio-diniego, quando l'inerzia equivale a un provvedimento di rigetto dell'istanza, il silenzio-assenso, quando il comportamento silente è equiparato ad un provvedimento di accoglimento dell'istanza ed il silenzio-inadempimento, quando l'inerzia è un mero fatto che rende possibile adire le vie giurisdizionali3.

Nei primi due casi, il silenzio dell'amministrazione assume, in virtù di una norma di legge, un valore legale tipico.

Nel diritto positivo, i casi di silenzio-diniego sono piuttosto rari, mentre decisamente più numerose sono le ipotesi di silenzio-assenso. Quest'ultimo, poi, ha ricevuto una disciplina generale dall'art. 20 della L. n. 241/1990 e dal successivo regolamento delegato approvato con D.P.R. 26 aprile 1992, n. 300. La tabella C ad esso allegata prevede una serie di attività che si intendono autorizzate decorso un certo periodo di tempo: tra di esse, per restare nell'ambito delle competenze del prefetto, l'iscrizione di cooperative nell'apposito registro e l'autorizzazione al deposito di oli minerali per uso commerciale e industriale, che si hanno per autorizzate decorsi, rispettivamente, 90 e 180 giorni dalla presentazione dell'istanza4.

La fattispecie del silenzio-assenso resta tuttavia rimovibile in via d'autotutela per qualunque vizio riscontrato, previa adozione di uno specifico procedimento di contestazione dell'avvenuto riscontro dell'illegittimità5.

In particolare, l'accoglimento o il diniego sono effetto automatico del silenzio dell'amministrazione per il tempo fissato dalla norma legislativa o regolamentare e a prescindere da qualunque esito dell'istruttoria.

Il silenzio-rifiuto o silenzio-inadempimento si verifica ogniqualvolta, a seguito di una istanza, la P.A. resti inerte. Presupposto imprescindibile del suo formarsi è l'esistenza di un obbligo a provvedere in capo all'amministrazione. A differenza dei due tipi di silenzio sopra ricordati, il silenziorifiuto è essenzialmente frutto dell'elaborazione della giurisprudenza che fin dall'inizio del secolo si pose il problema di porre un freno all'inerzia amministrativa.

Successivamente l'art. 5 dell'abrogato T.U.L.C.P. del 1934 disciplinò il silenzio in materia di ricorso gerarchico.

La giurisprudenza6, facendo proprio un suggerimento di SANDULLI, individuò, come punto di riferimento per la formazione del silenzio-adempimento, l'art. 25 del T.U. sullo stato giuridico degli impiegati civili dello Stato del 1957, il quale stabilisce il procedimento prodromico all'azione di risarcimento del danno nei confronti dell'impiegato che ometta o ritarda di compiere atti od operazioni cui sia tenuto per legge o per regolamento. L'interessato deve, in tali casi, decorsi 60 giorni dalla presentazione dell'istanza, notificare una diffida espressa; l'azione risarcitoria diventa proponibile decorsi 30 giorni da questa senza che il destinatario abbia adempiuto.

L'adunanza plenaria del Consiglio di Stato ha ritenuto tale procedura applicabile a tutti i casi in cui l'amministrazione, a seguito di un'istanza del privato, non avesse provveduto; dopo una formale diffida contenente un termine non inferiore a 30 giorni, si formava il silenzio-adempimento, impugnabile davanti il giudice amministrativo.

In dottrina7 ci si è giustamente domandato se questa disciplina non sia stata superata dall'entrata in vigore dell'art. 2 della L. 7 agosto 1990, n. 241, che stabilisce, per l'amministrazione, l'obbligo di concludere il procedimento con un provvedimento espresso e ricorda, in proposito, la circolare del Ministro della funzione pubblica con la quale si è precisato che, poiché la citata legge sul proc. nulla dispone al riguardo, è necessario seguire la normale procedura per la determinazione del silenzio-rifiuto imputabile...

Per continuare a leggere

RICHIEDI UNA PROVA

VLEX uses login cookies to provide you with a better browsing experience. If you click on 'Accept' or continue browsing this site we consider that you accept our cookie policy. ACCEPT