Ordinanze di rinvio alla Corte costituzionale

AutoreCasa Editrice La Tribuna
Pagine21-28

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@CORTE DI CASSAZIONE Sez. I, ord. 17 settembre 2008, n. 35555 (ud. 2 luglio 2008). Pres. Silvestri - Est. Siotto - P.M. De Nunzio (diff.)Ric. Vangjelai

Termini processuali in materia penale - Restituzione in termini - Impugnazione - Proposta dal difensore d'ufficio avverso la sentenza contumaciale - Preclusione alla restituzione - Questione di legittimità costituzionale - Non manifesta infondatezza.

Non è manifestamente infondata, in riferimento agli artt. 24, 111 e 117, primo comma, della Costituzione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 175, comma 2 c.p.p., nella parte in cui preclude all'imputato la restituzione nel termine per impugnare la sentenza contumaciale quando l'impugnazione sia stata proposta dal difensore di ufficio e nella parte in cui non consente all'imputato restituito nel termine l'esercizio del diritto alla prova. (Mass. Redaz.). (C.p.p., art. 175) (1).

    (1) La massima di cui alla sentenza in epigrafe si pone in contrasto con quanto statuito da Cass. pen., S.U., 7 febbraio 2008, Hunzuneanu, in questa Rivista 2008, 300.


SVOLGIMENTO DEL PROCESSO. - Con ordinanza del 16 maggio 2007 la Corte di assise di appello di Bologna ha disposto la trasmissione a questa Corte, per competenza, della richiesta di restituzione in termini avanzata nell'interesse di Vangjelai Fatmir, condannato - quale responsabile dei reati di omicidio volontario, sequestro di persona ed occultamento di cadavere commessi il 9 dicembre 1999 - con sentenza contumaciale emessa dalla Corte di assise di Piacenza il 22 novembre 2001, confermata - a seguito di impugnazione proposta dal difensore di ufficio dell'imputato contumace - dalla Corte di assise di appello di Bologna con sentenza 6 novembre 2002, divenuta irrevocabile il 21 marzo 2003 in difetto di ulteriore impugnazione.

La Corte di merito ha ritenuto che, in caso di restituzione in termini ex art. 175 c.p.p., si debba, prima di far eventualmente regredire il processo ad una fase già esaurita, porre l'imputato in condizione di esperire tutti i mezzi di impugnazione ancora possibili e che, pertanto, essendo stati nella specie celebrati due gradi di giudizio ed essendo il ricorso per cassazione l'unico gravame ancora esperibile, dovesse essere la Corte di cassazione a valutare e decidere l'istanza di remissione in termini. La Corte ha altresì ritenuto che non fosse accoglibile l'eccezione di incostituzionalità dell'art. 175 comma 2 c.p.p. sia perché presentata al giudice incompetente sia perché coinvolgente, nei termini in cui l'eccezione era stata sollevata, altre norme eventualmente suscettibili di esame solo in caso di avvenuta restituzione del Vangjelai in termini per impugnare la sentenza di condanna, l'applicazione di alcune delle parti avrebbe inoltre comportato una inammissibile regressione del processo alla fase dell'udienza preliminare con violazione del principio dell'irretrattabilità dell'azione penale.

Avverso tale decisione ha proposto ricorso il difensore nominato di fiducia dal Vangjelai deducendo, impregiudicata l'eccezione di illegittimità costituzionale già avanzata, inosservanza ed erronea applicazione dell'art. 175 comma 2 c.p.p. nonché manifesta illogicità della motivazione.

Il ricorrente ha sottolineato come la Corte di merito fosse pervenuta alla propria decisione sulla base dell'erronea considerazione per la quale, essendo stato l'appello già esperito dal difensore di ufficio, il Vangjelai non potesse essere restituito in termini per proporre autonomo appello. E ciò senza considerare: che la proposizione di impugnazione avverso una sentenza contumaciale da parte del difensore di ufficio non ha valore preclusivo di quella dell'imputato ignaro del procedimento; che l'esaurimento o meno di tutti i mezzi di gravame è in tali casi ininfluente ai fini dell'accoglimento della richiesta di restituzione in termini; che le uniche condizioni ostative all'operatività delle facoltà previste dal novellato art. 175 c.p.p. sono la consapevolezza, da parte dell'istante, del procedimento e del provvedimento a suo carico ovvero la sua volontaria e consapevole rinuncia a comparire ed a proporre impugnazione; che, dopo le intervenute modifiche legislative, il principio dell'unità del diritto di impugnazione non può più essere utilmente richiamato, dovendosi assegnare prevalenza alla normativa - speciale - di cui al secondo comma dell'art. 175 c.p.p. rispetto alle regole generali sulle impugnazioni e ben potendo farsi ricorso al disposto di cui all'art. 669 c.p.p. per rimuovere l'eventuale contrasto fra i giudicati conseguiti alle diverse impugnazioni.

Con motivi aggiunti, ed in replica al parere espesso dal P.G. presso questa Corte (laddove si precisava che l'istituto della restituzione in termine opera sulla sentenza passata in giudicato e non già su quella non definitiva gravata da impugnazione), il difensore dell'imputato ha ribadito la illegittimità costituzionale dell'art. 175 c.p.p. nella parte in cui non consente la possibilità di di concedere la restituzione in termini per l'esercizio di tutte quelle facoltà difensive da cuiPage 22 l'imputato contumace è decaduto a causa della completa o parziale ignoranza del percorso processuale, al proposito sottolineato il previo illegittimo trattamento paritario di situazioni del tutto difformi. Ha altresì contestato la tesi del P.G. rilevando la ricorrenza nella specie di tutte le condizioni per la rimessione dell'ignaro Vangjelai in termini per proporre impugnazione avverso la sentenza di primo grado.

Con provvedimento 14 maggio 2008 questa Corte ha disposto l'acquisizione di documentazione varia necessaria a stabilire la sussistenza delle condizioni legittimanti la richiesta di restituzione nel termine per impugnare avanzata dalla difesa di Vangjelai nonché la tempestività di tale richiesta. Da tale documentazione è emerso: che né il provvedimento restrittivo emesso il 13 giugno 2000, nel corso delle indagini preliminari, dal Gip del Tribunale di Piacenza né l'ordine di esecuzione emesso il 23 aprile 2003, a seguito del passaggio in giudicato della sentenza di condanna, avevano avuto esecuzione a causa della irreperibilità del destinatario dei provvedimenti; che il Vangjelai non era stato mai sentito né tratto in arresto in relazione ai fatti per cui è processo; che il medesimo, del quale pur erano state diramate ricerche in campo internazionale, non risultava essere stato tratto in arresto in relazione ad alcuna procedura estradizionale.

MOTIVI DELLA DECISIONE. - La Corte di appello di Bologna, sia pure senza esplicitamente enunciarlo nel dispositivo del proprio provvedimento, ha ritenuto inammissibile la richiesta, avanzata in via principale dall'attuale difensore di fiducia del Vangjelai, di restituzione nel termine per proporre appello avverso la sentenza contumaciale di primo grado emessa in data 22 novembre 2001 dalla Corte di assise di Piacenza; e ciò sulla base della sola argomentazione della avvenuta consumazione del diritto di impugnazione spettante all'imputato in conseguenza dell'appello proposto dal difensore di ufficio del medesimo, nulla rilevando in siffatta situazione, secondo la Corte bolognese, la sussistenza delle condizioni richieste dall'art. 175 comma 2 c.p.p. (mancanza dell'effettiva conoscenza del procedimento e della volontaria rinuncia a comparire in giudizio dell'imputato). Correttamente pertanto, il ricorso per cassazione proposto dal difensore del Vangjelai è stato diretto contro la pronuncia di inammissibilità dell'istanza di ripristino della facoltà di appellare e non già verso la statuizione adottata ai sensi del comma 4 dell'art. 175 c.p.p. con riferimento alla subordinata istanza di restituzione nel termine per proporre ricorso per cassazione.

Ebbene, al fine di stabilire la legittimità di tale pronuncia di inammissibilità della principale istanza di restituzione nel termine per proporre appello, si impone il richiamo alla recente sentenza resa da questa Corte a Sezioni Unite (sent. n. 6026 del 31 gennaio 2008, RV 238472) con la quale si è esplicitamente affrontata la questione che qui interessa, pervenendo alla conclusione «che la impugnazione proposta dal difensore, di fiducia o di ufficio, nell'interesse dell'imputato contumace, una volta che sia intervenuta la relativa decisione, preclude all'imputato la possibilità di ottenere la restituzione nel termine per proporre a sua volta impugnazione». A sostegno di tale decisione si è, in particolare, sottolineato: che, pur in presenza del ruolo pregnante assegnato dal legislatore al difensore dell'imputato ed ancorché il difensore risulti normativamente legittimato a proporre personalmente l'atto di impugnazione, l'impugnazione continua ad essere «dell'imputato» (cfr. rubrica dell'art. 571 c.p.p.) che rimane l'unico «destinatario e fruitore» del giudizio di impugnazione; che in ragione di ciò la giurisprudenza di legittimità ha più volte enunciato il principio secondo il quale una volta che l'impugnazione sia stata proposta da uno qualsiasi dei soggetti legittimati, vale a dire l'imputato o il suo difensore, e sia intervenuta la decisione sul merito della medesima impugnazione, il diritto «si consuma», con l'effetto di precluderne l'esercizio da parte dell'altro soggetto legittimato; che, infatti, prevedendo e reprimendo il sistema nel suo complesso qualsiasi forma di duplicazione del giudicato, del processo e della azione, non può che derivarne un corrispondente effetto impeditivo anche sul versante della azione di impugnazione, posto che la domanda di gravame, una volta espressa dai soggetti a ciò legittimati, esaurisce - consumando - il corrispondente potere in capo al soggetto che ne è il portatore «sostanziale», non potendosi postulare che il difensore eserciti un differente «potere» di impugnazione rispetto a quello attribuito all'imputato, né potendosi riconoscere ai due soggetti mezzi impugnatori diversi e alternativi; che la tesi della specialità dell'ipotesi delineata dall'art...

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