n. 16 ORDINANZA 13 febbraio 2013 -

ha pronunciato la seguente ORDINANZA nel giudizio per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sorto in relazione al decreto-legge 3 dicembre 2012, n. 207 (Disposizioni urgenti a tutela della salute, dell'ambiente e dei livelli di occupazione, in caso di crisi di stabilimenti industriali di interesse strategico nazionale), promosso dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale ordinario di Taranto con ricorso depositato in cancelleria il 31 dicembre 2012 ed iscritto al n. 7 del registro conflitti tra poteri dello Stato 2012, fase di ammissibilita'. Udito nella camera di consiglio del 13 febbraio 2013 il Giudice relatore Gaetano Silvestri. Ritenuto che, con ricorso depositato il 31 dicembre 2012, il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale ordinario di Taranto ha sollevato conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato - per violazione degli articoli 107, quarto comma, e 112 della Costituzione, nonche' delle disposizioni legislative che costituiscono attuazione ed integrazione dell'art. 112 Cost. (in particolare, degli artt. 50, 405, 423, 517, comma 1, e 518 del codice di procedura penale) - nei confronti del Governo della Repubblica, nelle persone del Presidente del Consiglio dei ministri, del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del Ministro dello sviluppo economico, in relazione al decreto-legge 3 dicembre 2012, n. 207 (Disposizioni urgenti a tutela della salute, dell'ambiente e dei livelli occupazionali in caso di stabilimenti di interesse strategico nazionale);

che, secondo il ricorrente, il decreto impugnato avrebbe reso inefficace il provvedimento cautelare con il quale il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Taranto aveva sottoposto a sequestro preventivo i beni dell'ILVA S.p.A. ed avrebbe altresi' legittimato, attraverso la prosecuzione dell'attivita' produttiva per un periodo di tempo determinato, «la sicura commissione di ulteriori fatti integranti i medesimi reati» per i quali la Procura procede;

che l'Autorita' ricorrente riepiloga la vicenda giudiziaria antecedente al presente conflitto, ricordando come gia' nel 1998 fossero state emesse sentenze di condanna, divenute irrevocabili, nei confronti di dirigenti dell'ILVA S.p.A., gestore dello stabilimento siderurgico di Taranto, per violazione della normativa anti-inquinamento e degli artt. 437, 674, 635, secondo comma, numero 3), del codice penale;

che la Procura riferisce inoltre di aver ricevuto, a partire dal 2007, segnalazioni da parte dell'ARPA Puglia, dell'ASL, dell'Ispettorato del lavoro e della Questura di Taranto, nonche' numerose denunzie-querele di privati cittadini e del Sindaco di Taranto, che determinavano l'apertura di un'indagine, con acquisizione di documentazione ed espletamento di consulenze tecniche;

che, in esito agli accertamenti disposti, era emerso che dallo stabilimento gestito dell'ILVA S.p.A. «si sprigionava, con continuita', una quantita' imponente di emissioni diffuse e fuggitive nocive, provenienti dalla c.d. "area a caldo" (e cioe' dall'area parchi, cokeria, agglomerato, altiforni, acciaieria e GRF);

che, all'interno dello stabilimento veniva posta in essere, con continuita', un'attivita' di sversamento nell'aria-ambiente di varie sostanze nocive per la salute umana, animale e vegetale (in particolare IPA, benzo(a)pirene, diossine, metalli e altre polveri) che si diffondevano nelle aree interne del siderurgico, nonche' in quelle rurali e urbane circostanti, idonee a cagionare eventi di malattia e di morte tra i lavoratori e la popolazione residente nei quartieri viciniori;

che si era gia' verificato l'avvelenamento di 2.271 capi di bestiame (ovini), poi abbattuti»;

che, a fronte delle indicate risultanze, la stessa Procura riteneva di formulare un'ipotesi accusatoria in cui, accanto ai reati previsti dal decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale) e dagli artt. 674, 635 e 437 cod. pen., figuravano «anche i delitti di cui agli artt. 434 e 439 cod. pen.»;

che, secondo quanto riferisce ancora il ricorrente, le perizie chimico-ambientale e medico-epidemiologica, disposte dal Giudice per le indagini preliminari in seguito a richiesta di incidente probatorio, ai sensi dell'art. 392, comma 2, cod. proc. pen., confermavano l'esistenza dei gravissimi fenomeni gia' indicati ed evidenziavano «l'impossibilita' di ovviare agli stessi senza il previo risanamento (dal punto di vista ambientale) degli impianti funzionanti all'interno dello stabilimento»;

che, in esito a tali ultimi accertamenti, la Procura formulava...

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