Nullità dell'ordinanza custodiale e poteri del tribunale del riesame

AutoreLuigi Fadalti
Pagine188-190

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@1. Premessa.

Il principio enunciato nella decisione in commento si inserisce nella dibattuta questione relativa al potere-dovere del tribunale della libertà di annullare il provvedimento cautelare per difetto di motivazione.

Come è noto, pur in presenza di un dettato normativo tutt'altro che equivoco, l'interpretazione dell'art. 309, comma 9 c.p.p. non ha una soluzione ermeneutica costante nella giurisprudenza, ove sono individuabili anche recenti prese di posizione nel senso che «il tribunale del riesame può sostituirsi al giudice di merito integrandone l'ordinanza priva di adeguato apparato giustificativo, anziché, provvedere ad annullarla» 1.

A nulla varrebbe, evidentemente, il palese significato del disposto dell'art. 292 comma 2 lett. c) c.p.p. secondo cui «l'ordinanza che dispone la misura cautelare contiene a pena di nullità... l'esposizione delle specifiche esigenze cautelari e degli indizi che giustificano in concreto la misura disposta, con l'indicazione degli elementi di fatto da cui sono desunti e dei motivi della loro rilevanza» 2 ed il non meno chiaro tenore dei commi 1 e 9 dell'art. 309 c.p.p., rispettivamente enuncianti l'ambito cognitivo, in tema di legittimità, del giudice ed il corrispondente potere di annullamento del provvedimento.

@2. La fattispecie in commento.

Nella fattispecie sottoposta all'esame della Corte, l'ordinanza di custodia cautelare in carcere non indicava quali fossero le specifiche esigenze cautelari che giustificavano, in concreto, la disposta misura.

La Cassazione, nell'accogliere le doglianze del ricorrente, ha implicitamente riconosciuto la mancanza, in capo al giudice del riesame, del potere di completare un'eventuale insussistente motivazione dell'ordinanza dispositiva.

Con la pronuncia in esame la Suprema Corte conferma un orientamento giurisprudenziale innovativo che, basandosi sulla dizione letterale del disposto dell'art. 309 c.p.p., riconosce al giudice del riesame il controllo sulla validità dell'ordinanza cautelare con riguardo ai requisiti formali e sostanziali indicati dall'art. 292 c.p.p. 3.

Si legge infatti in sentenza: «Nella fattispecie in esame non è seriamente controvertibile la nullità - relativa, ma rilevabile anche d'ufficio - di cui è affetta prima facie l'ordinanza cautelare 18 giugno 1998 del Gip del Tribunale di Venezia, il quale, neppure con formule di stile o per relationem rispetto alla domanda cautelare dell'organo di accusa, ha inteso osservare l'obbligo di motivazione di esporre le specifiche esigenze cautelari e - di conseguenza - le concrete e specifiche ragioni per le quali le medesime esigenze non possono essere soddisfatte con altre misure meno gravi di quella della custodia cautelare in carcere».

Corollario logico di tale premessa è che l'originaria nullità del provvedimento sprovvisto della «esposizione delle specifiche esigenze cautelari e degli indizi che giustificano in concreto la misura adottata» non può essere sanata dal collegio de libertate che deve annullare il provvedimento impugnato, non competendogli il potere di integrare la motivazione carente.

Così letteralmente scrive la Corte: «Una volta verificata l'omissione assoluta delle prescritte indicazioni e configurata, per l'accertata mancanza di motivazione, la radicale nullità prevista dall'art. 292 comma 2 lett. c) e c bis) c.p.p., il collegio deve provvedere all'annullamento senza rinvio del provvedimento coercitivo impugnato, disponendo altresì l'immediata cessazione della custodia cautelare in carcere».

@3. La tesi favorevole alla nullità.

All'affermazione di tale criterio interpretativo si è pervenuti attraverso un'evoluzione di pensiero alla quale ha recato il proprio contributo la magistratura di merito 4 e verso cui si è progressivamente orientata la giurisprudenza di legittimità più attenta alle esigenze di garanzia sottese all'adozione di un qualsivoglia provvedimento cautelare.

Peso di non poco rilievo va indubbiamente riconosciuto ad una abbastanza recente pronuncia della VI sez. della Corte di cassazione che, per il rigore esegetico e l'inedita sensibilità dimostrata nei confronti dei diritti dell'imputato, ha, per così dire, spianato la strada all'intervento della sezione feriale 5.

Valorizzando la sanzione comminata dall'art. 292 c.p.p., il Supremo Collegio osserva, in proposito, che secondo «l'inequivoco disposto dell'art. 292 l'ordinanza con la quale si dispone la misura cautelare deve contenere, a pena di nullità, tra l'altro, l'esposizione delle specifiche esigenze cautelari e degli indizi che giustificano in concreto la misura adottata: siffatta nullità non può essere sanata dal giudice del riesame, che deve annullare il provvedimento impugnato ai sensi dell'art. 309 comma 9 c.p.p. non competendo ad esso il potere di integrare la motivazione carente».

Ne conseguirebbe, inoltre, che «il potere di annullamento conferito al tribunale non avrebbe alcuna pratica possibilità di esplicazione ove si dovesse ritenere che il potere di integrare la motivazione dedotta dal Gip a supporto dell'ordinanza, si estenda... fino all'eliminazione dell'originaria nullità infirmante il provvedimento impugnato mediante esposizione vicaria delle esigenze pretermesse, per tale via privando di fatto l'indagato del previo controllo demandato al Gip, al quale il tribunale verrebbe a surrogarsi, in ordine alla fondatezza delle richieste del P.M.».

Con la decisione in commento la Suprema Corte aderisce oggi a quest'ultimo indirizzo e rinnega fermamente la precedente impostazione contribuendo ad eliminare, nell'ambito delle cautele processuali, radicati assiomi tanto discutibili nelle conseguenze quanto indimostrati nelle premesse.

La decisione annotata risulta pienamente condivisibile. Peraltro, l'eccessiva sintesi riservata allo sviluppo argomentativo rischia di non esaurire completamente l'analisi del complesso problema ed induce a soffermarsi ulteriormente sulla questione, per verificare con maggiore attenzione l'esattezza delle conclusioni raggiunte.

@4. Orientamento contrario.

Vanno innanzitutto chiarite le ragioni che impongono un giudizio critico nei confronti di quel diverso orientamento giurisprudenziale, nato nei primi anni di applicazione della disciplina del riesame e confermato al momento del passaggio al codice del 1988, che ha sostenuto di interpretare l'art. 309 c.p.p. come «attributivo del potere, in capo al tribunale del riesame, di integrare e completare l'eventuale insufficienza o carenza di motivazione del provvedimento del primo giudice» 6.

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Emblematica di tale filone giurisprudenziale è una recente pronuncia della Suprema Corte che richiamandosi ad altra propria precedente giurisprudenza ha ricordato come al tribunale del...

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