N. 132 ORDINANZA (Atto di promovimento) 27 aprile 2012

P.Q.M.

Solleva d'ufficio eccezione di incostituzionalita' dell'art. 18, comma 2, della legge 26 luglio 1975, n. 354 e pertanto Ordina trasmettersi gli atti alla Corte costituzionale.

Sospende giudizio in corso.

Ordina inoltre che, a cura della cancelleria, l'ordinanza di trasmissione degli atti alla Corte costituzionale sia notificata, non essendone data lettura, alle parti in causa e al Pubblico Ministero, il cui intervento in udienza e' obbligatorio, nonche' al Presidente del Consiglio dei ministri. L'ordinanza, sempre a cura della Cancelleria, viene comunicata anche ai Presidenti delle due camere del Parlamento.

Firenze, addi' 23 aprile 2012

Il Magistrato di sorveglianza: Fiorillo

IL MAGISTRATO DI SORVEGLIANZA A scioglimento della riserva Visti ed esaminati gli atti;

Visto il reclamo avanzato da T.D. nato a Firenze il 22 marzo 1952 detenuto nella Casa Circondariale di Firenze;

Ritenuto di dovere procedere giurisdizionalmente e, quindi, di essere legittimato a sollevare eccezione di incostituzionalita' di una disposizione di legge, e, cioe', del comma 2 dell'art. 18 della legge 26 luglio 1975 n. 354; e cio' in relazione all'art. 35, comma 1, n. 2, come interpretato dalla sentenza costituzionale 11 febbraio 1999 n. 26;

Ritenuto che l'art. 35 dell'Ordinamento penitenziario prevede che 'i detenuti e gli internati possono rivolgere istanze o reclami, orali o scritti', a varie autorita', fra le quali, al n. 2, e' previsto anche il magistrato di sorveglianza. La Corte costituzionale, con sentenza n. 26/1999, ha dichiarato la illegittimita' costituzionale di questo articolo nella parte in cui non prevede una tutela giurisdizionale nei confronti degli atti della amministrazione penitenziaria lesivi dei diritti di coloro che sono sottoposti a restrizione della liberta' personale. La sentenza costituzionale ha lasciato impregiudicate le modalita' di tale tutela, di competenza comunque del magistrato di sorveglianza, che la Corte di Cassazione, con sentenza Sezioni Unite 26 febbraio 2003 n.

25079, ha individuato nel reclamo di cui all'art. 14-ter, Ordinamento penitenziario, che e' richiamato anche dall'art. 69, stessa legge, nelle materie dei reclami al magistrato di sorveglianza (v. le conclusioni su tale punto al n. 17 di tale sentenza);

Ritenuto, conclusivamente, che si possa procedere nelle forme indicate, che sono giurisdizionalizzate:

Osserva A. Premessa.

  1. - Affettivita' e sessualita'.

    Sono ammessi, anche nel nostro regime penitenziario, rapporti affettivi stabili con altre persone, in particolare con i familiari.

    La corrispondenza epistolare e' prevista senza censura, salvo non sia specificamente disposta e, anzi, tale corrispondenza non e' limitata neppure nei confronti di terzi. E' prevista la corrispondenza telefonica, una volta alla settimana, anche per questa con la possibile estensione a terzi, se ricorrano ragionevoli motivi. E sono previsti i colloqui, sei al mese, con i familiari, e anche con terzi, sempre se ricorrano ragionevoli motivi. Non e' utile scendere a esaminare le eccezioni a queste regole.

    In verita', la legge penitenziaria inserisce fra gli elementi del trattamento l'agevolazione dei rapporti con la famiglia ed uno specifico articolo dispone che 'particolare cura e' dedicata a mantenere, migliorare o ristabilire le relazioni dei reclusi con le famiglie' (art. 28 legge 26 luglio 1975, n. 354).

    Questa 'particolare cura' e' specificata nel regolamento di esecuzione alla legge penitenziaria, nella concessione di colloqui, oltre quelli ordinari e nella autorizzazione alle 'visite' che consentono di trascorrere, insieme a coloro che sono ammessi ai colloqui, parte della giornata in appositi locali o all'aperto e di consumare un pasto insieme, fermo restando il controllo visivo del personale di sorveglianza: v. art. 61 del regolamento: 'Rapporti con la famiglia e progressione nel trattamento'.

    Si potrebbe osservare che gia' la 'visita' e' un colloquio sui generis in quanto, ferme le esigenze di controllo, che la legano al colloquio, realizza un momento di familiarita', sempre lontano da rapporti affettivi intimi con il proprio partner (coniuge o stabile convivente), intimita' che sembra ed e' un passo ulteriore, che non si vuole compiere.

    Pertanto, le concessioni ai rapporti affettivi con i familiari del nostro regime penitenziario non consentono di risolvere il problema della affettivita' e, all'interno di questo, quello della sessualita', diversamente da quanto accade in altri regimi penitenziari di altri paesi europei e non europei. Spesso, nella realta' del nostro paese, le modalita' dei colloqui in spazi ristretti ed affollati limitano fortemente anche la sola espressione di affetto fra le persone. Uno sforzo e' stato effettuato in vari istituti, in aderenza alle indicazioni del regolamento di esecuzione, con la realizzazione di aree all'aperto - le aree verdi - ma di rado tali spazi hanno l'ampiezza propria di alcuni quali Rebibbia nuovo complesso, il Giardino degli incontri a Firenze-Sollicciano, in cui resta comunque, il controllo attraverso telecamere da parte del personale. Si conferma quindi, sia negli spazi chiusi e ristretti, sia nelle aree verdi piccole o grandi che siano, il controllo visivo del personale di sorveglianza e il conseguente impedimento all'espressione naturale e completa dell'affettivita' e, all'interno di essa, dell'espressione completa della sessualita' con il partner.

    In sostanza, nella maggior parte delle realta' del nostro paese anche il semplice colloquio e' limitato e limitante (come dimostrano le lunghe code, lunghe per i tempi e per i numeri) e determina il rischio dell'inaridimento dei rapporti con il resto della famiglia.

    Le testimonianze su tale situazione sono numerose e frequenti sono i casi nei quali i figli minori non vengono portati ai' colloqui per le modalita' con cui gli stessi si svolgono.

    E' opportuno affrontare la questione anche attraverso l'analisi di due testi generali:

    la Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo: legge 4 agosto 1955 n, 848;

    le nuove regole in materia penitenziaria del Consiglio d'Europa.

    Ovviamente tali disposizioni (n. 2) o raccomandazioni (n. 3) saranno sempre inserite nel quadro della disciplina costituzionale, che sara' di volta in volta dichiarata.

  2. La Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo di cui alla L. 4 agosto 1955, n. 848.

    Di tale atto legislativo interessano, in particolare, le norme seguenti:

    Art. 3 - Divieto della tortura: Nessuno puo' essere sottoposto a torture, ne' a pene o trattamenti inumani e degradanti.

    Art. 8, comma 1, prima proposizione 1: Ogni persona ha diritto al rispetto della sua vita privata e familiare, del suo domicilio e della sua corrispondenza.

  3. Le nuove regole in materia penitenziaria del Consiglio d'Europa.

    Ai fini di una analisi concreta di tali regole, appare opportuno procedere da quelle del Consiglio d'Europa, approvate dal Comitato dei Ministri dei 46 Stati europei (aderenti al Consiglio), iniziando ad esaminare le prime, quelle che fanno riferimento alla Raccomandazione 1340/1997, per poi passare a quelle piu' recenti dell'11 gennaio 2006, entrambe preparate ed approvate dal Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa, organo decisivo in ragione della presenza al suo interno di tutti gli stati membri al livello piu' alto.

    Raccomandazione n.1340/1997: art. 6:

    1. 'L'assemblea raccomanda che il Consiglio dei Ministri inviti gli stati membri: (punto VI°): migliorare le condizioni previste per le visite da parte delle famiglie, in particolare mettendo a disposizione luoghi in cui i detenuti possano incontrare le famiglie da soli'.

    Raccomandazione 11 gennaio 2006: regola n. 24, comma 4: 'Le modalita' delle visite devono permettere ai detenuti di mantenere e sviluppare relazioni familiari il piu' possibile normali'.

    Tale regola e' commentata in calce con queste parole: 'La regola 24.4 mette in rilievo l'importanza particolare delle visite per i detenuti, ma anche per le loro famiglie. Ove possibile, devono essere autorizzate visite familiari prolungate (fino a 72 ore, ad esempio, come avviene in numerosi paesi dell'Europa dell'Est). Dette visite prolungate consentono ai detenuti di avere rapporti intimi con il proprio partner. Le 'visite coniugali' piu' brevi autorizzate a questo fine possono avere un effetto umiliante per entrambi i partner.' Questa regola, quindi, non solo avverte che il problema sessuale del detenuto deve trovare soluzione, ma che la deve trovare proprio in un quadro affettivo familiare normale, attraverso visite prolungate e non, invece, con visite intime brevi, controindicate per l'effetto umiliante che possono produrre.

    Si, puo' quindi affermare che la scelta della soluzione soltanto sessuale, per cosi' dire, viene valutata come umiliante.

    Il documento contestuale che accompagna le 'Regole' 2006, riferisce la realta' di vari paesi europei nei quali si e' affermato un vero e proprio diritto all'affettivita' in carcere cosi' affrontando e risolvendo anche il problema della sessualita'.

    Esemplificando sempre sulla base del documento citato:

    in Croazia sono previsti colloqui non controllati di 4 ore con il coniuge o il partner; cosi' anche in Albania, con frequenza settimanale; - in alcuni lander della Germania sono predisposti piccoli appartamenti in cui i detenuti condannati a lunghe pene possono incontrare i propri cari;

    in Olanda...

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