n. 134 ORDINANZA (Atto di promovimento) 22 marzo 2013 -

IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la presente ordinanza sul ricorso numero di registro generale 1876 del 2013, proposto da: Andrea Pietro Esposito, rappresentato e difeso dall'avv. Natale Carbone, con domicilio eletto presso quest'ultimo in Roma, via Germanico, 172;

Contro Ministero della giustizia e CSM, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;

Per l'annullamento della delibera del CSM del 7 febbraio 2013 recante la pubblicazione delle sedi vacanti di secondo grado negli uffici giudicanti e requirenti per trasferimenti a domanda, nella parte in cui alla lettera a) impone al ricorrente il requisito della legittimazione triennale. Visti il ricorso e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto ratto di costituzione in giudizio di CSM e Ministero della Giustizia;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 21 marzo 2013 il dott. Marco Bignami e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

  1. - Il ricorrente, magistrato ordinario alla IV valutazione di professionalita' e attualmente giudice presso il Tribunale di Reggio Calabria, impugna la delibera del 7 febbraio 2013, con cui il CSM ha indicato le sedi vacanti, ai fini della procedura di trasferimento. In particolare, viene chiesto l'annullamento della lettera a) del bando, nella parte in cui essa impone il requisito della legittimazione triennale previsto dall'art. 194 del R.d. 30 gennaio 1941, n. 12, a tutti gli aspiranti, e quindi anche ai magistrati gia' assegnati d'ufficio a sede disagiata, ai sensi dell'art. 1 della legge 4 maggio 1998, n. 133. Il dott. Esposito e' stato infatti trasferito al Tribunale di Reggio Calabria con delibera del 6 luglio 2010, e vi ha preso servizio il 20 settembre 2010, in forza di tale ultima legge. Come e' noto, si tratta del testo normativo che, allo scopo di incentivare la copertura di sedi giudiziarie disagiate, appronta una disciplina di favore per il magistrato che manifesti il proprio consenso o disponibilita' ad esservi trasferito d'ufficio (art. 1, comma 1). E' dunque pacifico che il ricorrente abbia prestato servizio a tale titolo per un periodo superiore a due anni alla data di deliberazione e pubblicazione del bando, e che egli abbia percio' maturato il requisito della permanenza biennale nell'ufficio, secondo quanto oggi prevede il paragrafo 5, punto 20, della circolare n. 12046 del 2009 del Consiglio, laddove la legge non stabilisca diversamente. Viceversa, qualora egli fosse soggetto all'art. 194 dell'ordinamento giudiziario, in difetto di un effettivo esercizio della funzione presso la sede disagiata pari ad almeno tre anni (e, dunque, destinato a maturare solo il 19 settembre 2013, ovvero dopo il 19 febbraio 2013, data prevista a pena di decadenza dal bando per proporre domanda), gli verrebbe negata la legittimazione al trasferimento: sarebbe cosi' frustrata l'aspirazione del dott. Esposito a trasferirsi alle sedi vacanti di Roma, Venezia e Reggio Calabria (in tutti i casi, con funzioni di consigliere di Corte d'appello), per le quali ha, in ogni caso, presentato tempestiva domanda, anche al fine di radicare il proprio interesse all'impugnativa del bando. 2. - In questa sede il Tribunale conosce della domanda cautelare, con cui e' sollecitata la sospensione del bando in parte qua. Va premesso che tale atto e' univocamente da interpretare nel senso che il ricorrente reputa illegittimo: la lettera a) impugnata stabilisce, infatti, che «il termine di legittimazione per tutti gli aspiranti e' quello triennale», sicche' e' da escludere che il magistrato proveniente da sede disagiata possa sottrarsi a tale previsione (che, come si vedra' a breve, costituisce l'effetto di una precisa scelta interpretativa del dettato normativo da parte del Consiglio). Va anche precisato fin d'ora che (come meglio si dira' in seguito e contrariamente a quanto eccepito in causa dalla parte pubblica) il bando e' stato assunto, per quanto interessa, in esclusiva applicazione dell'art. 194 in punto di legittimazione triennale, come precisa la stessa lettera a) impugnata. Del resto, se cosi' non fosse, e se si fosse voluto fissare il termine triennale nell'esercizio di una discrezionalita' assoluta e propria del caso concreto, esso sarebbe illegittimo, posto che tale atto applicativo si sarebbe discostato dall'atto normativo generale recante una previsione contraria per i casi di silenzio della legge (ovvero dalla gia' rammentata circolare n. 12046 del 2009). Ma e' invece evidente che il Consiglio non abbia ne' applicato la circolare in questione, ne' determinato discrezionalmente la legittimazione, nel convincimento di essere vincolato sul punto dall'art. 194. Cio' detto, il ricorrente deduce violazione di legge (con riferimento all'art. 194 dell'ordinamento giudiziario;

alla legge n. 133 del 1988;

all'art. 35 del d.l. n. 5 del 2012;

alla circolare n. 12046 del 2009 del Consiglio) ed eccesso di potere. Nella sostanza, la censura e' tuttavia unica: essa consiste nell'affermare (anche alla luce dell'art. 97 Cost., dell'art. 1 della legge n. 241 del 1990, dei «principi di equita', trasparenza, buon andamento, pubblicita'») che l'art. 194 non si applica ai magistrati assegnati d'ufficio a sede disagiata ai sensi della legge n. 133 del 1988. Si tratta di una questione di diritto allo stato controversa in giurisprudenza, e che merita di essere brevemente riassunta. Come e' noto, l'art. 194 prescrive un termine triennale di permanenza nella sede «da lui chiesta» per il magistrato che vi sia stato destinato, per trasferimento o per conferimento di funzioni. Un tradizionale orientamento del Consiglio, avvalorato dalla giurisprudenza amministrativa, ha ritenuto che simile prescrizione potesse rilevare per i soli trasferimenti a domanda, e non gia' per le ipotesi di trasferimento d'ufficio, tra le quali sono stati accomunati i trasferimenti coattivi (ovvero disposti in sede disciplinare, o per ragioni di incompatibilita') ed i trasferimenti per i quali il magistrato si sia limitato a manifestare disponibilita'. Tra questi ultimi, dunque, e' stato pacificamente e reiteratamente annoverato il trasferimento previsto per la copertura della sede disagiata, in forza della legge n. 133 del 1998. Infatti, e' proprio l'art. 1 di quest'ultima legge a qualificare come «d'ufficio» il trasferimento a sede disagiata, pur quando il magistrato abbia manifestato il consenso o la disponibilita' ad accettarlo (del tutto privo di pertinenza e' l'art. 1, comma 209, della legge n. 266 del 2005, ricordato dall'Avvocatura dello Stato, che concerne la sola questione relativa all'attribuzione del beneficio economico ivi previsto, e non muta certamente la natura officiosa del trasferimento a sede disagiata prevista dalla legge). Come si dira' meglio in seguito, bisogna dunque ritenere che, all'epoca in cui il dott. Esposito e' stato assegnato al Tribunale di Reggio Calabria, gli si potesse opporre, per tale profilo, esclusivamente il limite di permanenza biennale che il Consiglio ha discrezionalmente introdotto per i trasferimenti d'ufficio, da ultimo con il paragrafo 5, punto 20, della gia' rammentata circolare n. 12046 del 2009, laddove la legge non preveda diversamente. Tuttavia, l'art. 194 e' stato oggetto di un intervento di interpretazione autentica da parte dell'art. 35, comma 3, del d.l. 9 febbraio 2012, n. 5, convertito dalla legge 4 aprile 2012, n. 35, il quale recita: «salvo quanto stabilito dall'articolo 195 del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e per il conferimento delle funzioni direttive apicali di legittimita', la disposizione dell'articolo 194 del medesimo regio decreto si interpreta nel senso che il rispetto del termine ivi previsto e' richiesto per tutti i trasferimenti o conferimenti di funzioni, anche superiori o comunque diverse da quelle ricoperte, dei magistrati ordinari». Il Consiglio ha ritenuto che tale previsione imponga di affermare che il requisito di legittimazione triennale indicato dall'art. 194 trovi applicazione ogni qual volta il magistrato venga trasferito, e percio' anche con riferimento ai trasferimenti d'ufficio (cosi' le risposte ai corrispondenti quesiti formulati da due magistrati ordinari il 15 febbraio ed il 7 marzo 2012). Il bando oggetto di ricorso e' stato percio' adottato proprio sulla base di tale convincimento, dal quale il Consiglio non si e' mai finora discostato. Questo Tribunale, per le ragioni che verranno subito precisate, ritiene che l'interpretazione accolta dal Consiglio in ordine all'estensione dell'art. 194 ai trasferimenti d'ufficio sia corretta, ma dubita della legittimita' costituzionale dell'art. 35, comma 3, del d.l. n. 5 del 2012, nella sola parte in cui esso si applica ai magistrati che siano stati assegnati d'ufficio a sede disagiata prima dell'entrata in vigore della norma impugnata. 3. - Al fine di motivare sulla rilevanza della questione di costituzionalita', e' necessario indicare le ragioni per le quali si deve escludere la fondatezza del ricorso, nella parte in cui esso nega in radice l'applicabilita' della disposizione censurata ai magistrati gia' trasferiti d'ufficio, nello specifico a sede disagiata. Bisogna dare atto che la posizione del ricorrente trova, allo stato, il conforto di una pronuncia di altra sezione di questo Tribunale (sentenza del 1° ottobre 2012 sul ric. 8973 del 2011, peraltro relativa a trasferimento per motivi disciplinari) e di alcune pronunce cautelati del Consiglio di Stato, prodotte in atti (IV sezione, ordinanza del 7 febbraio 2012;

id. ordinanza del 22 gennaio 2013). Tuttavia, essa e' invece respinta dalla sentenza, pronunciata da altra sezione di questo Tribunale, del 30 novembre 2012 sul ric. 8031 del 2012 (la cui efficacia e' stata sospesa dall'ordinanza del...

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