N. 178 ORDINANZA (Atto di promovimento) 3 marzo 2011

IL TRIBUNALE Letti gli atti della procedura in epigrafe indicata, relativa alla proposta di applicazione della misura di prevenzione patrimoniale formulata dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Napoli ai sensi dell'art. 2-ter, comma 11 della legge n.

575/1965 nei confronti di De Marco Teresa ed i figli Passarelli Biagio, Franco, Gianluca, Davide, Antonella e Maria Teresa, quali successori a titolo universale di Passarelli Dante, nato a Casal di Principe il 2 dicembre 1937, ivi deceduto il 3 novembre 2004;

Instaurato il contraddittorio camerale;

Viste le conclusioni rassegnate dal Pubblico Ministero all'udienza del 13 dicembre 2010 e dalle difese alle udienza del 16 febbraio 2011;

Riunito in camera di consiglio;

Ritenuta la necessita' di sospendere la deliberazione al fine di sollevare questione di legittimita' costituzionale dell'art. 2-ter comma 11 della legge n. 575/1965, ha pronunciato la seguente ordinanza.

1. Con proposta depositata in Cancelleria in data 30 settembre 2009 il Pubblico Ministero presso il Tribunale di Napoli, D.D.A, avanzava a questo Tribunale istanza di sequestro e successiva confisca ex art. 2-ter comma 11 della legge 575/1965 dei beni gia' nella disponibilita' di Passarelli Dante, nato a Casal di Principe il 2 dicembre 1937 ed ivi deceduto il 3 novembre 2004.

In conformita' al dettato normativo, che prevede che 'la confisca puo' essere proposta, in caso di morte del soggetto nei confronti del quale potrebbe essere disposta, nei riguardi dei successori a titolo universale o particolare entro il termine di cinque anni dal decesso', il Pubblico Ministero individuava, quali soggetti nei cui riguardi, era avanzata la proposta, i successori a titolo universale di Passarelli Dante, ossia il coniuge De Marco Teresa ed i figli Passarelli Biagio, Franco, Gianluca, Davide, Antonella e Maria Teresa.

Nell'illustrare la proposta, il Pubblico Ministero richiamava gli elementi dimostrativi della pericolosita' sociale ed qualificata di Passarelli Dante emersi nel corso del procedimento penale cd.

'Spartacus' celebratosi innanzi alla Corte di Assise di questo Tribunale (in cui l'imputato, unitamente a numerosi altri, era chiamato a rispondere del delitto p. e p. dall'art. 416-bis c.p. per aver partecipato all'associazione camorristica denominata 'clan dei casalesi') definito con sentenza pronunciata in data 15 settembre 2005 di declaratoria di estinzione del reato per morte del reo; in particolare, nell'analizzare la posizione di Passarelli Dante la Corte di Assise rilevava: 'L'imputato Passarelli Dante e' deceduto in data 4 novembre 2004. L'evento, verificatosi in prossimita' della decisione, dopo la formulazione delle conclusioni da parte della pubblica accusa (udienza del 28-604), determina l'emissione di declaratoria di avvenuta estinzione del reato, ai sensi dell'articolo 531 c.p.p. Non puo', infatti, trovare applicazione la previsione normativa di cui all'articolo 129 comma 2 c.p.p., atteso che dagli atti non emerge l'evidenza, nel merito, di alcuna concreta prova a discarico. Come e' stato rappresentato in sede di requisitoria (si veda il verbale di udienza gia' indicato) e come ulteriormente si dira' trattando (al capitolo 8) alcune vicende patrimoniali, l'istruttoria ha raffigurato, attraverso numerose dichiarazioni provenienti da collaboranti, verifiche documentali ed intercettazioni telefoniche, l'esistenza di uno stabile rapporto tra l'imputato e l'organizzazione, specie nel settore del reimpiego dei capitali di provenienza illecita'.

Nell'ottica del Pubblico Ministero proponente, inoltre, gli elementi emersi nel corso dell'istruttoria dibattimentale svoltasi nel processo sopra indicato consentivano l'attivazione della procedura di prevenzione patrimoniale pur in presenza di una precedente procedura volta alla applicazione della misura di prevenzione personale e patrimoniale instaurata in costanza di vita di Passarelli Dante innanzi a questo Tribunale, definita con decreto della Corte di Appello di Napoli del 24.10.2001 (confermato dalla Suprema Corte) che, riformando il decreto di primo grado di applicazione della misura di prevenzione della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno e di confisca di beni, aveva rigettato la proposta per carenza del presupposto soggettivo delineato dall'art. 1 della legge n. 575/1965 ('soggetto indiziato di appartenere ad associazioni di tipo mafioso).

Sul punto il Pubblico Ministero - dopo aver richiamato il costante indirizzo espresso dalla giurisprudenza di legittimita' secondo cui nell'ambito del procedimento di prevenzione al giudicato va attribuito valore 'rebus sic stanti bus', ossia limitato alle situazioni di fatto valutate con il decreto di applicazione della misura preventiva, con conseguente possibilita', viceversa, di rivalutare la pericolosita' del prevenuto in presenza di elementi indizianti nuovi e non precedentemente considerati evidenziava che nel corso del dibattimento svoltosi innanzi alla Corte di Assise erano emersi nuovi elementi (costituiti essenzialmente da dichiarazioni rese da plurimi collaboratori di giustizia), non valutati nella precedente procedura di prevenzione e tali da offrire un quadro univoco in ordine alla sussistenza del presupposto soggettivo di cui all'art. 1 della legge n. 575/1965.

Quanto, poi, al profilo patrimoniale il Pubblico Ministero evidenziava che la sussistenza di una evidente sproporzione tra il reddito dichiarato da Passarelli Dante e l'attivita' economica svolta rispetto agli ingenti investimenti realizzati in vita era stata gia' compiutamente analizzata nel processo penale in sede di sequestro preventivo dei beni ex art. 12-sexies D.L. n. 306 del 1992 nonche', in fase dibattimentale, attraverso le perizie disposte in costanza di dibattimento dalla Corte di Assise, che avevano consentito di individuare e di stimare lo stato patrimoniale di Passarelli Dante e di verificarne la non compatibilita' con la capacita' reddituale.

2. Con decreto n. 8/2010 questo collegio disponeva il sequestro anticipato dei beni gia' nella disponibilita' di Passarelli Dante e fissava l'udienza del 9 giugno 2010 per la trattazione in camera di consiglio della procedura, integrando il contraddittorio con i successori a titolo universale di Passarelli Dante.

Nel corso della udienza di conclusione - fissata all'esito di una procedura di mera acquisizione documentale avendo le difese prodotto sostanzialmente elaborati tecnici sul patrimonio del de cuius - i difensori degli eredi Passarelli, con specifica memoria, contestavano la sussistenza dei presupposti normativi posti a base del provvedimento di sequestro ritenendo in sintesi che - posta la ineludibile necessita' che l'azione di prevenzione venga attivata nei confronti di soggetto pericoloso socialmente e considerato che in ragione della riforme introdotte dall'art 10 della legge 125 del 2008 essa puo' riguardare anche soggetto non piu' pericoloso o non piu' in vita all'atto dell'intervento - nel caso in esame sarebbe carente il requisito della pericolosita' sociale qualificata di Passarelli Dante in termini di appartenenza ad una associazione mafiosa.

I difensori fondavano tale assunto sulla circostanza che nei confronti del de cuius non vi era mai stato un accertamento definitivo in ordine alla sussistenza della pericolosita' sociale o degli indizi di appartenenza ed, anzi, la precedente procedura di prevenzione instaurata innanzi a questo Tribunale era stato definito nell'anno 2001 in sede di appello con il rigetto della proposta.

Prospettando, dunque, come concreta la possibilita' di un accertamento di pericolosita' (evidentemente sulla base di elementi di novita' rispetto al precedente giudicato) ulteriore a quello gia' svoltosi in costanza di vita di Passarelli Dante, la Difesa evidenziava il contrasto della procedura con il principio costituzionale del 'giusto processo', in quanto implicante un accertamento incidentale della 'responsabilita' di prevenzione di un soggetto deceduto 'impossibilitato a difendersi rispetto alle accuse che gli verrebbero mosse', sia per la ontologica inesistenza del soggetto stesso, sia per la carenza di un sistema di rappresentanza che sia effettivo e plausibile.

In particolare, quanto al profilo della 'rappresentanza' del deceduto, la Difesa richiamava gli orientamenti della giurisprudenza di legittimita' che affermano la inesistenza della sentenza di condanna emessa nei confronti di un imputato dopo la sua morte (Cass.

Sez. V 25 luglio 2003 n. 31470) e la previsione del codice di rito che non ammette la possibilita' di una interlocuzione di terzi sul provvedimento di proscioglimento per morte del reo, in quanto l'art.

568 comma 3 c.p.p. limita la operativita' del diritto di impugnazione esclusivamente al soggetto al quale lo riconosce, tra i quali appunto non e' compreso espressamente l'erede dell'imputato che voglia ottenere una diversa formula di proscioglimento del deceduto (Cass.

23 dicembre 1999 n. 14631).

Quanto alla portata del procedimento di prevenzione rispetto all'elusione delle garanzie difensive conseguente alla riforma legislativa dell'art. 2-ter legge n. 575/65, la Difesa richiamava oltre alle pronunce della Corte Europea dei diritti dell'uomo (sentenze Bocellari e Rizza contro Italia e sentenza Pene contro Italia il recente intervento del giudice costituzionale, laddove, nell'affermare che il procedimento di prevenzione non puo' sottrarsi alla udienza pubblica, ha ribadito le specifiche peculiarita' del procedimento di prevenzione all'esito del quale il giudice e' chiamato ad esprimere un giudizio di merito, idoneo ad incidere in modo diretto, definitivo e sostanziale su beni dell'individuo costituzionalmente tutelati quali la liberta' personale (art. 13) ed il patrimonio e sulla stessa liberta' di iniziativa economica, incisa dalle misure anche gravemente inabilitanti previste a carico del soggetto cui e' applicata la misura di prevenzione.

In tale ottica, il giusto procedimento di...

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