Omicidio colposo. Diritto del convivente della vittima al risarcimento del danno

AutoreVittorio Santarsiere
Pagine818-820

Page 818

@1. Nozione

- La riportata sentenza si ascrive alla giurisprudenza meno dogmatica in materia di coppie di fatto «abbattute» dall'uccisione di un convivente. Una maggiore apertura degli interpreti nel riconosere in tale ardua situazione i diritti minimi al convivente superstite caratterizza il diritto vivente del nostro tempo. L'iter argomentativo percorso ed i capisaldi giuridici su cui poggiano dottrina e giurisprudenza, tutt'altro che agevoli, testimoniano la tenacia perseverante dei teorici e pratici. Va considerato che si è fatta «molta strada» dalla convivenza more uxorio, ritenuta turpe concubinato, passando per una legge giunta all'approvazione del Parlamento nel febbraio 1992, ai cui artt. 19 e 20 si sanciva il risarcimento danni al coniuge di fatto, purché la convivenza, sorretta da reciproco affetto, si fosse protratta cinque anni. Non fu, però, promulgata, né riproposta in successive legislature.

Le questioni salienti all'esame del giudice ambrosiano afferiscono all'imputazione della responsabilità «in capo» all'automobilista non rispettoso del semaforo rosso, provocante il sinistro mortale, l'accertamento della convivenza della vittima con la parte attrice, la configurabilità del danno morale e patrimoniale.

La Cassazione ha ribadito il principio secondo cui il riconoscimento del danno compete, sia sotto il profilo patrimoniale sia extrapatrimoniale, a tutti coloro che abbiano subito sul piano economico e/o morale, grave perturbamento dall'evento a cagione del trauma affettivo patito, con tutte le implicazioni derivatane, per la privazione di un sostegno morale, come, infine, per la perdita di una entrata, che ragionevolmente si sarebbe potuta presumere vantaggio economico duraturo proveniente dall'attività lavorativa del congiunto. E a nulla rilevando il fatto della convivenza con la vittima o la stessa qualità di erede di colui che ha diritto al risarcimento, diritto spettante a chi di ragione iure proprio 1.

Una sentenza di merito afferma che in più di una fattispecie il nostro legislatore ha inteso attribuire alla convivenza more uxorio effetti quanto meno in bonam partem, sì da incidere favorevolmente sui soggetti che la compongono. L'ordinamento non poteva non avere qualche riguardo anche al fenomeno sociale della convivenza more uxorio, attesa la diffusione di essa nell'ambito delle aggregazioni umane e da ricomprendersi tra le formazioni sociali di cui all'art. 2 Cost. 2. Scrive un autore che la morte del convivente more uxorio, causata da fatto illecito altrui, come si ha in caso di sinistro stradale, provoca danno, patrimoniale e non patrimoniale, al convivente sopravvissuto, evento pacifico e notorio, specie se si consideri che il convivente deceduto è l'uomo, prevalentemente impegnato in attività di lavoro 3.

@2. Norme di legge

- Rilevato in giurisprudenza che gli artt. 2043 e 2059 c.c. attribuiscono il diritto al risarcimento a chiunque abbia sofferto un danno a causa dell'altrui fatto ingiusto. L'ampiezza della formula legislativa consente di ricomprendere nell'ambito della obbligazione risarcitoria sia il danno subito dal soggetto destinatario del fatto ingiusto, sia quello che abbiano risentito, sotto forma di deminutio patrimonii o di danno morale, altri eventuali soggetti per i rapporti che li legano a quello leso, fossero tali rapporti di natura familiare o parafamiliare 4.

Norme che accennano alla convivenza, cui riconoscono alcuni effetti giuridici non mancano nel nostro diritto positivo, specie in leggi settoriali, dal che può inferirsi un riconoscimento, quanto meno implicito, della famiglia non fondata sul matrimonio. L'art. 317 bis, comma 2, c.c., introdotto dalla riforma del diritto di famiglia, ha assunto la convivenza more uxorio a base di un rapporto giuridico laddove regola l'esercizio della potestà dei genitori, prevedendo il caso della loro convivenza o meno. Il nuovo regolamento anagrafico, approvato con il D.P.R.30 maggio 1989, esplicitando il concetto di famiglia, di cui all'art. 1, comma 2, L. 24 dicembre 1954 n. 1228, considera tale, agli effetti anagrafici, un insieme di persone legate da vari vincoli e, tra essi, i vincoli affettivi, coabitanti ed aventi dimora abituale nello stesso comune. L'art. 2 del D.P.R. n. 136/ 1958 definisce come famiglia anagrafica un insieme di persone legate da vincoli affettivi e coabitanti, le quali normalmente provvedono a soddisfare i propri bisogni mediante la messa in comune dei rispettivi redditi. La legge 29 giugno 1975 n. 450, sui consultori familiari, dispone all'art. 1 che hanno diritto ai servizi assistenziali sia la famiglia sia la «coppia», con evidente riferimento alle forme di convivenza parafamiliare.

Si tratta di...

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