La nozione di prova illegale arriva in cassazione

AutoreIsidoro Palma
Pagine334-337

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@1. La sentenza n. 29688 del 15 giugno 2007

- La Corte di Cassazione con la sentenza in commento si pronuncia sull'utilizzabilità, nel giudizio di prevenzione, delle intercettazioni telefoniche eseguite fuori dei locali dell'ufficio inquirente, in assenza di provvedimenti autorizzativi motivati da parte del pubblico ministero. Sul punto il tribunale aveva ritenuto di respingere la proposta di misura di prevenzione, sulla considerazione che gli unici elementi sintomatici della pericolosità sociale del proposto fossero costituiti dalle risultanze delle captazioni telefoniche e ambientali, già dichiarate inutilizzabili dal giudice del processo di cognizione. La corte d'appello, investita del gravame, riformava il decreto del primo giudice, ritenendo che le intercettazioni fossero pienamente utilizzabili nel giudizio di prevenzione e fornissero la prova del coinvolgimento del proposto in una serie di attività illecite.

Il Giudice di legittimità ribaltava il dictum della Corte territoriale, affermando il principio che le intercettazioni inutilizzabili per vizi attinenti ai decreti autorizzativi sono prove illegali, in alcun modo utilizzabili anche nel processo di prevenzione. I principi in materia di elementi probatori utilizzabili ai fini del giudizio di pericolosità sociale e di rapporti tra processo di cognizione e processo di prevenzione, più volte affermati dalla Suprema Corte e richiamati anche dalla sentenza in commento, incontrerebbero una deroga in presenza di intercettazioni affette da inutilizzabilità per vizi attinenti ai decreti autorizzativi. In tale ipotesi, si è, infatti, al cospetto di violazione di norme poste a presidio della libertà e della segretezza delle comunicazioni. Le intercettazioni realizzate in violazione di tali presidi normativi sono illegali a giudizio della Corte e l'illegalità che le connota rende «non valutabili» le relative risultanze probatorie in qualsiasi tipologia di procedimento. La portata innovativa della sentenza che si annota si coglie proprio nell'aver introdotto, sia pure limitatamente al terreno della prevenzione, il concetto di prova illegale, che nel ragionamento della S.C. sembrerebbe essere distinto da quello di prova inutilizzabile, essendo l'inutilizzabilità la conseguenza sanzionatoria dell'illegalità.

Le affermazioni del Giudice di legittimità offrono un prezioso spunto per compiere una verifica di coerenza dei principi affermati con l'intero sistema processuale penale, richiamando da un lato la problematica della nozione di prova illegale e dei suoi rapporti con la categoria dell'inutilizzabilità e dall'altro la tematica dei rapporti tra processo penale e processo di prevenzione, sotto il peculiare profilo della trasmigrazione di atti probatori dalla sfera della repressione penale alla sfera della prevenzione.

@2. La nozione di prova illegale nell'ordinamento processuale penale

- La sentenza in commento applica al giudizio di prevenzione una categoria di recente conio legislativo, ossia quella delle intercettazioni illegali, introdotta per la prima volta nell'ordinamento dal D.L. 22 settembre 2006 n. 259 convertito nella legge 20 novembre 2006 n. 281. Quest'ultimo intervento normativo, dettato dall'esigenza di fornire una risposta immediata al fenomeno delle intercettazioni contra legem (rectius: preter le-Page 335gem) e del dossieraggio abusivo, è stato criticato per l'approssimazione della tecnica legislativa adoperata1. L'ordinamento processuale penale non possedeva, infatti, la categoria della «prova illegale». Il codice di rito accoglie il concetto di prova legittima (art. 526 comma 1 bis c.p.p.) e sanziona con l'inutilizzabilità la prova acquisita illegittimamente, ossia in violazione di un divieto di legge. Si pone, dunque, il problema se le intercettazioni illegali possano rientrare nelle ipotesi di patologia probatoria già tipizzate o se siano inquadrabili in una nuova categoria d'invalidità della prova. Questione pregiudiziale è sicuramente quella pertinente all'individuazione del contenuto della categoria «prova illegale». Esso andrà attinto da un lato raffrontando le intercettazioni illegali con il loro genere prossimo (id est: intercettazioni affette da inutilizzabilità ex art. 271 c.p.p.) e dall'altro lato accertando se vi siano differenze specifiche con queste ultime, tali da giustificarne l'autonoma definizione. È indubitabile che anche le intercettazioni illegali costituiscono una forma di violazione della segretezza delle comunicazioni realizzata in violazione di norme di legge. Ma la differenza specifica rispetto alle intercettazioni illegittime, sanzionate dal codice di rito, sta proprio nella differente natura del precetto violato e nel diverso contesto fattuale di riferimento. Ciò si coglie guardando sia al tenore letterale dell'art. 240 secondo comma c.p.p., raffrontato con gli artt. 266 ss. c.p.p., sia all'intenzione del legislatore desumibile dai lavori parlamentari della legge n. 281/06. Il testo normativo, infatti, disciplina le «intercettazioni illecite» e l'esigenza di tale intervento normativo è correlata alla necessità di sanzionare efficacemente il deprecabile fenomeno delle attività captative extraprocessuali. Intercettazione illegale è dunque sinonimo di intercettazione illecita, ossia acquisita in violazione di norme penali sostanziali e al di fuori di qualsiasi controllo dell'Autorità Giudiziaria, laddove le ipotesi già codificate...

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