La notifica all’imputato contumace della contestazione suppletiva nel giudizio abbreviato condizionato

AutorePaolo Grillo
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@1. Il caso concreto: da un’integrazione probatoria alla modifica dell’imputazione in abbreviato

Con la sentenza che si annota la Corte di appello di Palermo ha affrontato il tema delle modalità con le quali portare a conoscenza legale dell’imputato contumace, che abbia scelto il giudizio nelle forme del rito abbreviato condizionato, la modifica dell’imputazione avvenuta nei termini della contestazione di una ulteriore condotta, legata dal vincolo della connessione ex art. 12, lett. b), c. p. p. (reato continuato) rispetto a quelle precedentemente oggetto di giudizio.

Questi, in estrema sintesi, i fatti.

Un imputato di violenza sessuale in danno di una persona minorenne veniva tratto a giudizio per rispondere di alcune condotte integranti gli estremi del predetto reato. Il suo difensore, munito di apposita procura speciale, chiedeva la definizione del procedimento nelle forme del rito abbreviato condizionato all’esame della persona offesa.

Ammesso il rito, si procedeva all’assunzione del richiesto mezzo di prova e, proprio in esito all’escussione testimoniale, il p.m., nella contumacia dell’imputato, procedeva alla contestazione di ulteriori condotte delittuose emerse per la prima volta in quella sede.

Dopo un breve rinvio - chiesto ed ottenuto dalla difesa dell’imputato - il difensore di quest’ultimo chiedeva al GUP di volere procedere alla notifica della nuova imputazione all’imputato contumace, al fine di consentire a quest’ultimo il rilascio di un’ulteriore procura speciale per l’effettuazione delle scelte di cui all’art. 441 bis c.p.p..

Il GUP, facendo leva sul disposto di cui all’art. 423, comma 1, c.p.p., respingeva tale richiesta e riteneva, pertanto, sufficiente la mera notifica della nuova imputazione al difensore.

La Corte di appello, investita con apposito motivo di gravame della questione di nullità della citata ordinanza, che aveva rigettata la richiesta di notifica e, conseguentemente, dell’intera sentenza di primo grado, accoglieva tale motivo di impugnazione, rinvenendo nella decisione del giudice di primo grado gli estremi della violazione del diritto di difesa ex art. 178, lett. c), c.p.p. ed aderendo ad una lettura costituzionalmente orientata dell’art. 441 bis c.p.p. tale da escludere l’operatività del più generale disposto di cui all’art. 423 c.p.p..

La soluzione adottata dal giudice di appello, come vedremo, poggia su molteplici fondamenti argomentativi di estrema rilevanza e costituisce un valido esempio di interpretazione delle norme processuali in chiave correttiva e sistematica. Essa si segnala, inoltre, per la rigorosa attenzione prestata alla tutela del diritto di difesa dell’imputato, cui viene assicurato massimo riparo anche dall’insidia derivante dalla lettura formalistica delle norme del codice di rito.

@2. La modifica dell’imputazione: l’esigenza di garantire la fluidità del thema decidendi e la correlativa necessità di tutelare le esigenze difensive dell’imputato

Il codice di procedura penale contempla e garantisce la possibilità che l’imputazione venga mutata nel corso del giudizio. La fluidità di quest’ultima è assicurata da un complesso di norme che disciplinano le concrete modalità di modifica della contestazione all’imputato sia nella fase dell’udienza preliminare, sia in quella dibattimentale.

In sede di udienza preliminare, l’art. 423 c.p.p., rubricato “modificazione dell’imputazione” è articolato in due commi che disciplinano, il primo, l’ipotesi in cui si debba procedere alla contestazione della diversità1 del fatto, emersa nel corso dell’udienza stessa, rispetto a quanto descritto nell’atto di esercizio dell’azione penale ovvero di un fatto connesso ai sensi dell’art. 12, comma 1, lett. b), c.p.p. (concorso formale di reati o reato continuato), ovvero, in ultimo, di una circostanza aggravante.

Il secondo comma, invece, contempla l’ipotesi di contestazione di un fatto nuovo2, procedibile di ufficio e originariamente non compreso tra quelli inclusi nella richiesta di rinvio a giudizio.

Le modalità di contestazione variano da caso a caso: per le ipotesi contemplate nel primo comma dell’art. 423 c.p.p. il p.m. procede alla modifica dell’imputazione ed alla sua contestazione all’imputato presente, ovvero, in caso di assenza di quest’ultimo, alla comunicazione al suo difensore “che rappresenta l’imputato ai fini della contestazione”. Per le ipotesi previste nel secondo comma, invece, la modalità di contestazione è più complessa: occorre la richiesta del p.m. di contestazione del fatto nuovo e il consenso3 dell’imputato all’implementazione del the-Page 604ma decidendum. Presenti tali requisiti, il g.u.p. autorizza la contestazione4.

Con riferimento alla disciplina prevista per la modifica dell’imputazione nel dibattimento, occorre rilevare che quest’ultima, sensibilmente più articolata5 rispetto a quella appena descritta per la fase dell’udienza preliminare, è contenuta in tre articoli: 516, 517 e 518 c.p.p.. Essa contempla anche l’ipotesi che ogni contestazione ultronea rispetto a quella originaria possa incidere sulla composizione del giudice o possa comportare l’insorgenza di questioni processuali connesse all’eventuale mancato svolgimento dell’udienza preliminare (non prevista, com’è noto, nei casi di cui all’art. 550 c.p.p.), inizialmente omessa in ragione dell’originaria - e più modesta - consistenza dell’imputazione.

La necessità di rispettare le norme di rito attinenti allo svolgimento dell’udienza preliminare o alla composizione del giudice ha imposto al legislatore di calibrare la disciplina della modifica dell’imputazione in funzione di dette esigenze di rito. Si prevedono, infatti, opportuni rimedi finalizzati a consentire - ove fosse necessario - lo svolgimento della fase preliminare inizialmente omessa ovvero la trasmissione degli atti al giudice in diversa composizione (tribunale collegiale anziché monocratico) divenuto competente in seguito alla modificazione dell’imputazione.

La sequenza dei casi di modifica disciplinati per la fase del dibattimento riprende, nell’ordine di trattazione, quella già vista per l’udienza preliminare: fatto diverso, connessione ex art. 12, comma 1, lett. b), c.p.p. , circostanza aggravante inizialmente non contestata, fatto nuovo.

Naturalmente, il tratto comune delle ipotesi di modifica dell’imputazione in dibattimento è proprio quello dell’emersione dei nova dall’istruzione dibattimentale.

Nel caso di cui agli artt. 516 e 517 c.p.p. (diversità del fatto e connessione o circostanza aggravante), la condizione ostativa alla nuova contestazione è quella che da essa non debba derivare “in corso di causa” uno spostamento di competenza per materia verso il giudice superiore: e cioè dal tribunale alla corte di assise6.

I commi 1 bis ed 1 ter dell’art. 516 c.p.p. (richiamati anche dal successivo art. 517 c.p.p.) contengono, invece, il rimedio all’eventualità che in seguito alla contestazione risulti competente il tribunale in composizione collegiale anziché monocratica: se a seguito della modifica il reato risulta attribuito alla competenza del collegio, ovvero...

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