n. 303 SENTENZA 4 - 12 dicembre 2013 -

ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 5 [recte: 5, comma 13];

9, comma 1, lettere a) e c);

10, comma 5;

16, comma 5;

20;

24, comma 5;

25, comma 2 [recte: 25, comma 1, lettera l];

e 36, comma 2, della legge della Regione Campania 9 agosto 2012, n. 26 (Norme per la protezione della fauna selvatica e disciplina dell'attivita' venatoria in Campania), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 10 ottobre-6 dicembre 2012, depositato in cancelleria il 16 ottobre 2012 ed iscritto al n. 148 del registro ricorsi 2012. Udito nell'udienza pubblica del 5 novembre 2013 il Giudice relatore Giuseppe Frigo;

udito l'avvocato dello Stato Maria Letizia Guida per il Presidente del Consiglio dei ministri. Ritenuto in fatto 1.- Con ricorso notificato a mezzo del servizio postale il 10 ottobre-6 dicembre 2012 e depositato il 16 ottobre 2012, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, ha promosso, in riferimento all'art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione, questioni di legittimita' costituzionale in via principale degli artt. 5 [recte: 5, comma 13];

9, comma l, lettere a) e c);

10, comma 5;

16, comma 5;

20;

24, comma 5;

25, comma 2 [recte: 25, comma 1, lettera l];

e 36, comma 2, della legge della Regione Campania 9 agosto 2012, n. 26 (Norme per la protezione della fauna selvatica e disciplina dell'attivita' venatoria in Campania). Il ricorrente premette che, secondo i principi costantemente affermati da questa Corte con riguardo ai rapporti tra normativa statale e regionale sulla caccia, spetta allo Stato, nell'esercizio della competenza legislativa esclusiva in materia di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema prevista dall'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., stabilire soglie minime e uniformi di protezione della fauna valevoli per l'intero territorio nazionale, le quali vincolano le Regioni, impedendo loro di prevedere forme di tutela piu' ridotta. Le disposizioni regionali impugnate violerebbero, di conseguenza, il predetto parametro costituzionale, recando previsioni contrastanti con la normativa statale di riferimento e, in particolare, con la legge 11 febbraio 1992, n. 157 (Norme per la protezione della fauna omeoterma e per il prelievo venatorio), che, appunto, stabilisce standard minimi e uniformi di tutela della fauna da applicare in tutto il territorio nazionale. In particolare, l'art. 5 della legge regionale campana n. 26 del 2012, nel disciplinare l'esercizio venatorio da appostamento fisso, non prevede, come stabilito invece dall'art. 5, comma 4, della legge n. 157 del 1992, che l'autorizzazione per l'impianto di appostamento fisso possa essere richiesta solamente da coloro che ne erano in possesso nell'annata venatoria 1989-1990 e, «Ove si realizzi una possibile capienza», dagli ultrasessantenni nel rispetto delle priorita' definite dalle norme regionali. Il successivo art. 9, comma 1, lettera a), stabilendo che sia destinata a protezione della fauna selvatica una quota di territorio agro-silvo-pastorale regionale non superiore al trenta per cento del totale, si porrebbe in contrasto con l'art. 10, comma 3, della legge n. 157 del 1992, che prevede anche un limite minimo per detta quota, pari al venti per cento. La lettera c) del medesimo art. 9, comma 1, nel ricomprendere le aree contigue dei parchi nazionali e regionali nel territorio agro-silvo-pastorale regionale destinato a forme di gestione programmata della caccia, confliggerebbe, a sua volta, con l'art. 32, comma 3, della legge 6 dicembre 1991, n. 394 (Legge quadro sulle aree protette), secondo il quale le Regioni, all'interno delle aree contigue, possono disciplinare l'esercizio della caccia soltanto nella forma della caccia controllata, riservata ai residenti dei comuni dell'area naturale protetta e dell'area contigua. L'art. 10, comma 5, prevede che nel piano faunistico regionale, la cui predisposizione e' affidata alla Giunta regionale, debba essere individuato anche l'indice minimo di densita' venatoria regionale. Tale disposizione sarebbe incompatibile con l'art. 14, comma 3, della legge n. 157 del 1992, che demanda al Ministero per le politiche agricole, alimentari e forestali il compito di stabilire, con periodicita' quinquennale, sulla base dei dati censuari, l'indice di densita' venatoria minima per ogni ambito territoriale di caccia. L'art. 16, comma 5, prevede che, per comprovate ragioni di protezione dei fondi coltivati e degli allevamenti, la Giunta regionale possa autorizzare piani di abbattimento di esemplari inselvatichiti di specie domestiche: esemplari che rientrerebbero nella nozione di fauna selvatica ai sensi dell'art. 2 della legge n. 157 del 1992. La menzionata disposizione regionale si porrebbe, di conseguenza, in contrasto con l'art. 19, comma 2, della legge n. 157 del 1992, nella parte in cui non prevede che i piani di abbattimento della fauna selvatica possano essere adottati solo dopo che sia stata verificata l'inefficacia di metodi ecologici di controllo selettivo delle specie interessate, su parere dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA). Anche l'art. 20, concernente i mezzi per l'esercizio dell'attivita' venatoria, sarebbe illegittimo, perche' non dispone che i bossoli delle cartucce...

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