n. 184 SENTENZA 23 - 25 giugno 2014 -

ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 517 del codice di procedura penale, promosso dal Tribunale ordinario di Roma, ottava sezione penale, nel procedimento penale a carico di V.L., con ordinanza del 21 febbraio 2013, iscritta al n. 4 del registro ordinanze 2014 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 5, prima serie speciale, dell'anno 2014. Udito nella camera di consiglio del 7 maggio 2014 il Giudice relatore Giorgio Lattanzi. Ritenuto in fatto Con ordinanza del 21 febbraio 2013 (r.o. n. 4 del 2014), il Tribunale ordinario di Roma, ottava sezione penale, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 24, secondo comma, della Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 517 del codice di procedura penale, «nella parte in cui non prevede la facolta' dell'imputato di richiedere al giudice del dibattimento l'applicazione della pena a norma dell'art. 444 del codice di procedura penale a seguito della contestazione in dibattimento da parte del pubblico ministero di una circostanza aggravante non risultante dall'imputazione quando la nuova contestazione concerne un fatto che gia' risultava dagli atti d'indagine al momento dell'esercizio dell'azione penale». Il giudice a quo premette di essere investito del procedimento penale nei confronti di una persona imputata del reato previsto dall'art. 186, comma 2, lettera b), del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), nel corso del quale - aperto il dibattimento ed ammesse le prove richieste dalle parti - il pubblico ministero, dopo l'esame dei suoi testimoni, aveva contestato le circostanze aggravanti previste dai commi 2-bis e 2-sexies del citato art. 186. Alla scadenza del termine richiesto dall'imputato ai sensi dell'art. 519 cod. proc. pen. - prosegue il Tribunale rimettente - le parti avevano presentato una richiesta congiunta di applicazione della pena per la fattispecie aggravata risultante dalla nuova contestazione. La richiesta sarebbe inammissibile, perche' e' stata presentata dopo la scadenza del termine previsto dagli artt. 556, comma 2, e 555, comma 2, cod. proc. pen.;

essa pero' - osserva il giudice a quo - e' stata «originata dalla contestazione da parte del pubblico ministero ai sensi dell'art. 517 c.p.p. delle circostanze aggravanti previste dai commi 2-bis e 2-sexies dell'art. 186 Cod. d. Strada [...] suscettibili di un significativo mutamento sanzionatorio in danno dell'imputato». L'una comporta, infatti, il raddoppio della pena e rende inapplicabile la sanzione sostitutiva del lavoro di pubblica utilita';

l'altra determina «lo speciale e piu' severo giudizio di bilanciamento delle circostanze, derogatorio rispetto alla regola generale dell'art. 69 c.p.». La possibile richiesta di applicazione della pena sostitutiva del lavoro di pubblica utilita', peraltro, era stata rappresentata dall'imputato fin dagli atti introduttivi del dibattimento, «attraverso la produzione della dichiarazione di disponibilita'» del presidente di una onlus a far lavorare l'imputato nel caso di sostituzione della pena. Ad avviso del Tribunale rimettente, sarebbe avvenuta una «contestazione dibattimentale "tardiva", frutto di errore sulla compiuta individuazione del fatto e del titolo del reato in cui e' incorso il Pubblico Ministero, che ha determinato una patologica carenza dell'accusa, tale da convincere l'imputato ad affrontare all'origine il dibattimento e, solo all'esito del postumo recupero dell'errore originario, a chiedere l'ammissione al rito alternativo dell'applicazione della pena». La contestazione delle due circostanze aggravanti, infatti, non sarebbe stata determinata da nuovi elementi emersi in fase dibattimentale, «bensi' da una miglior rilettura degli atti della parte pubblica, atteso che la notizia di reato certamente recava sin dall'origine tanto l'orario di consumazione del reato quanto le sue modalita', ovvero la connessione causale tra lo stato d'ebbrezza e la determinazione di un sinistro stradale, nulla di nuovo avendo sul punto aggiunto il verbalizzante» in sede di esame testimoniale. Questi elementi sarebbero emersi gia' dalla relazione di incidente stradale dell'Ufficio infortunistica della Polizia municipale presente nel fascicolo del pubblico ministero e dall'espressa indicazione dell'orario dell'incidente nel capo di imputazione. Cio' premesso, il giudice a quo richiama l'orientamento della giurisprudenza costituzionale secondo cui «risulta lesiva del diritto di difesa oltre che del principio di uguaglianza qualsiasi preclusione processuale che impedisce all'imputato l'accesso ai riti speciali a seguito di nuove contestazioni per fatto diverso o per reato concorrente laddove la contestazione concerna un fatto gia' risultante dagli atti di indagine preliminare al momento dell'esercizio dell'azione penale». La valutazione dell'imputato sulla convenienza di un rito speciale dipende, infatti, «dalla concreta impostazione data all'accusa, si' che ove questa sia affetta da errore sull'individuazione del fatto o del titolo del...

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