n. 86 ORDINANZA 8 - 14 maggio 2013 -

ha pronunciato la seguente ORDINANZA nel giudizio di legittimita' costituzionale degli articoli 34, comma 2, e 36, comma 1, lettera g), e comma 3, del codice di procedura penale promosso dal Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Palermo nel procedimento penale a carico di L.P.C. ed altri con ordinanza del 25 febbraio 2013, iscritta al n. 57 del registro ordinanze 2013 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 12, prima serie speciale, dell'anno 2013. Visti l'atto di costituzione di D.G.T., nonche' l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 7 maggio 2013 il Giudice relatore Giorgio Lattanzi;

uditi l'avvocato Giovanni Castronovo per D.G.T. e l'avvocato dello Stato Maurizio Greco per il Presidente del Consiglio dei ministri. Ritenuto che, con ordinanza del 25 febbraio 2013 (r.o. n. 57 del 2013), il Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Palermo ha sollevato: a) in riferimento agli articoli 3, 24, 25, 101 e 111 della Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dell'articolo 36, comma 1, lettera g), del codice di procedura penale, «nella lettura in combinato disposto con l'articolo 34» dello stesso codice, «nella parte in cui prevede che, nel caso in cui vi sia "incompatibilita' del giudice determinata da atti compiuti nel procedimento", il giudice debba formalizzare richiesta di astensione in luogo dell'attivazione di automatismi di tipo tabellare preordinati dall'ufficio»;

  1. in riferimento agli articoli 3, 24, 25, 101 e 111 Cost., questione di legittimita' costituzionale dell'articolo 36, comma 3, cod. proc. pen., «nella lettura in combinato disposto con l'articolo 34» dello stesso codice, «nella parte in cui prevede che, nel caso in cui vi sia "incompatibilita' del giudice determinata da atti compiuti nel procedimento", il Presidente del Tribunale possa "decidere" discrezionalmente sull'astensione imponendo al giudice del rito abbreviato la prosecuzione del giudizio nel caso in cui lo stesso abbia definito l'udienza preliminare con il rinvio a giudizio di co-imputati per un reato associativo e/o plurisoggettivo»;

  2. in riferimento agli articoli 3, 24, 25 e 111 Cost., questione di legittimita' costituzionale dell'articolo 36 [recte 34], comma 2, cod. proc. pen., «nella lettura in combinato disposto con l'articolo 34» [recte 36] dello stesso codice, «nella parte in cui le parole "Non puo' partecipare al giudizio il giudice che ha emesso il provvedimento conclusivo dell'udienza preliminare" siano interpretate nel senso di attribuire al giudice - che ha deciso l'udienza preliminare con il rinvio a giudizio di imputati per un reato associativo e/o plurisoggettivo - la possibilita' di decidere anche il giudizio abbreviato nei confronti degli altri imputati per la stessa rubrica, essendo questi ultimi privati della possibile formula assolutoria "perche' il fatto non sussiste"»;

  3. in riferimento agli articoli 3, 24, 25 e 111 Cost., questione di legittimita' costituzionale dell'articolo 36 [recte 34], comma 2, cod. proc. pen., «nella lettura in combinato disposto con l'articolo 34» [recte 36] dello stesso codice, «nella parte in cui le parole "Non puo' partecipare al giudizio il giudice che ha emesso il provvedimento conclusivo dell'udienza preliminare" siano interpretate nel senso di permettere, comunque, la partecipazione al giudizio abbreviato da parte dello stesso giudice dell'udienza preliminare, che aveva gia' prima deciso, con il rinvio a giudizio e nei confronti di altri co-imputati, il processo relativo alla imputazione per reato associativo, plurisoggettivo e/o a partecipazione necessaria»;

    che il giudice rimettente premette in punto di fatto che: a) e' stato investito della richiesta di rinvio a giudizio nei confronti di trenta persone imputate del delitto di associazione di tipo mafioso, del delitto di cui all'art. 74 del decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309 (Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza) e di altri delitti (la maggior parte dei quali in concorso tra varie persone) e, nel corso dell'udienza preliminare, undici imputati avevano formulato richiesta di definizione del processo con il giudizio abbreviato, mentre per gli altri diciannove era stato disposto il rinvio a giudizio;

  4. egli sta procedendo, in sede di giudizio abbreviato, per il delitto di cui all'art. 416-bis del codice penale (capo A), per due episodi di tentata estorsione pluriaggravata (capi B e C), per i delitti di cui all'art. 74 (capo D) e 73 (capo E) del d.P.R. n. 309 del 1990, per alcune imputazioni di rapina (capi I ed N), di lesioni (capi L ed O), di furto pluriaggravato (capo M), di riciclaggio (capi R ed S) e di favoreggiamento (capo T);

  5. le imputazioni di cui ai capi A, B, C, D, E, R ed S erano state originariamente formulate anche nei confronti delle persone gia' rinviate a giudizio;

  6. aveva presentato dichiarazione di astensione a norma dell'art. 34, comma 2, cod. proc. pen. e anche per gravi ragioni di convenienza ai sensi dell'art. 36, comma 1, lettera h), cod. proc. pen., allo scopo di prevenire la possibile ricusazione dei difensori e, comunque, «il sospetto di una imparzialita' nel giudizio connessa alla decisione interlocutoria gia' emanata nei confronti di altri soggetti uniti, su uguale rubrica, per un delitto a tipologia plurisoggettiva piena»;

  7. con provvedimento del 26 settembre 2012, il Presidente del Tribunale di Palermo, richiamando la sentenza della Corte di cassazione, seconda sezione penale, 12 febbraio 2009, n. 8613, non aveva accolto la dichiarazione di astensione;

  8. lo stesso Presidente del Tribunale, pochi giorni prima e in una situazione identica in diritto, aveva accolto la domanda di astensione, ritenendo l'incompatibilita' del giudice a proseguire il giudizio;

  9. una volta iniziato il giudizio abbreviato, i difensori degli imputati avevano preannunciato una dichiarazione di ricusazione ma successivamente avevano eccepito l'illegittimita' costituzionale: 1) in riferimento agli artt. 3, 111, secondo comma, e 117 Cost. in relazione all'art. 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 (ratificata e resa esecutiva con la legge 4 agosto 1955, n. 848), dell'art. 34 cod. proc. pen. nella parte in cui non prevede l'incompatibilita' a giudicare del giudice dell'udienza preliminare che ha emesso il decreto che dispone il giudizio nei confronti degli imputati dello stesso procedimento;

    2) in riferimento agli artt. 3, 24, 25 e 111 Cost., dello stesso art. 34 cod. proc. pen., nella parte in cui non prevede l'incompatibilita' alla trattazione del giudizio abbreviato del giudice che, per reati associativi, abbia pronunciato, all'esito dell'udienza preliminare, il decreto che dispone il giudizio nei confronti di alcuni coimputati per i medesimi reati;

    che il giudice rimettente osserva, in punto di diritto, che le due eccezioni proposte dalla difesa tendono alla declaratoria di illegittimita' costituzionale dell'art. 34 cod. proc. pen. per non aver previsto l'"inabilita'" del giudice che ha gia' deciso l'esito dell'udienza preliminare a proseguire il giudizio nei confronti degli altri coimputati che hanno scelto il rito alternativo;

    che, secondo il rimettente, e' «evidente che il giudice (id est), con il rinvio a giudizio (lo dice la stessa parola), ha giudicato ed ha, quindi, espresso valutazioni di merito sull'accusa», e «tuttavia, non basta questa ragionevole constatazione a dare tutta la forza necessaria all'eccezione di (il)legittimita' costituzionale per la semplice ragione che il codice di procedura penale - al suo articolo 34, comma 2 - ben prevede l'incompatibilita' gia' in modo espresso: non si puo' chiedere, infatti, la declaratoria di incostituzionalita' di qualcosa che si assume non prevista allorche' essa e', invece, prevista»;

    che, osserva ancora il rimettente, se l'art. 34 cod. proc. pen. prevede esplicitamente l'incompatibilita' («Non puo' partecipare al giudizio il giudice che ha emesso il provvedimento conclusivo dell'udienza preliminare»), sorge l'interrogativo su come sia stato possibile giungere, nel giudizio a quo, ad una situazione contraria a quella stabilita dalla norma;

    che una prima risposta a tale interrogativo sarebbe individuabile nella tesi secondo cui il riferimento contenuto nell'art. 34 cod. proc. pen. al «giudizio» sarebbe relativo a «quello dibattimentale e che, quindi, l'impossibilita' colpirebbe solo l'ipotesi che a giudicare il rinviato a giudizio sia lo stesso giudice che ha deciso il rinvio»;

    che una diversa impostazione condurrebbe a connotare la norma in ragione dei soggetti del processo e delle singole posizioni processuali, sicche' «lo stralcio processuale - generatosi dalla scelta di un rito alternativo - creerebbe una scissione anche in ordine alla (im)possibile partecipazione al giudizio»;

    che da questa impostazione sarebbe derivata la ricerca della scindibilita' o inscindibilita' delle posizioni processuali e dei reati contestati, sulla base di una distinzione artificiosa e complessa;

    che sarebbe, infatti, chiaro che il legislatore (in particolare quello del "giusto processo") avrebbe affermato «cio' che dalla norma e' esplicitamente previsto», ossia che «il giudice che ha deciso l'esito del processo (processo nella sua globalita') preliminare (e senza alcuna distinzione di imputati e di imputazioni) non possa essere lo stesso che poi dara' la sua decisione...

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