n. 303 ORDINANZA (Atto di promovimento) 25 ottobre 2012 -

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso proposto da N. I., nato a Caltagirone il 4 maggio 1971 avverso la ordinanza del 5 luglio 2011 della Corte di appello di Catania;

Visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso;

Sentita la relazione svolta dal consigliere Alberto Macchia;

Lette le richieste del Pubblico Ministero. In persona del Sostituto Procuratore generale Luigi Riello, che ha concluso chiedendo l'annullamento con rinvio della impugnata ordinanza. Ritenuto in fatto 1. I. N. e' stato sottoposto alla misura della custodia cautelare in carcere dal 16 ottobre al 21 dicembre 2001 ed a quella degli arresti domiciliari dal 21 dicembre 2001 al 10 giugno 2002 nell'ambito di un procedimento penale promosso nei suoi confronti e di altri coimputati per il reato di illecita detenzione di sostanza stupefacente a fini di spaccio, conclusosi con la sua assoluzione per non aver commesso il fatto. Da qui la richiesta avanzata dal medesimo di riparazione per l'ingiusta detenzione subita, a norma dell'art. 314 cod. proc. pen. 2. La Corte di appello di Catania, con ordinanza del 26 marzo 2010, respingeva la domanda sul presupposto della sussistenza di un comportamento dell'istante connotato da colpa grave, tale da integrare condizione sinergica ai fini dell'emissione e del mantenimento della ordinanza cautelare. Avverso tale decisione proponeva ricorso per cessazione il N. tramite il proprio difensore, deducendo che la Corte territoriale aveva omesso del tutto di esporre le ragioni in base alle quali aveva ritenuto integrati gli estremi del dolo o della colpa grave, ostativi al riconoscimento del diritto all'equa riparazione. La Corte di cassazione, con sentenza del 1° febbraio 2011, annullava con rinvio l'ordinanza impugnata, rilevando che nel provvedimento censurato la Corte territoriale aveva omesso di spiegare quale contributo in concreto, con la condotta di acquisto della sostanza stupefacente assertivamente inficiata da colpa grave, il N. avesse apportato ai fini della emissione e del mantenimento del provvedimento custodiate, in modo tale da indurre in errore l'autorita' procedente circa la detenzione per uso non personale della sostanza stupefacente;

ne' risultava preso in esame li contenuto delle intercettazioni ambientali, ai fini della eventuale valutazione delle espressioni usate, sotto il profilo della negligenza o della imprudenza, quali cause del prevedibile, anche se non voluto, intervento degli inquirenti. 3. La Corte di appello di Catania, giudicando in sede di rinvio, e' pervenuta ad analoga decisione relettiva con ordinanza in data 5 luglio 2011, avverso la quale e' stato proposto nuovo ricorso per cassazione. Deduce in particolare il ricorrente come nel nuovo provvedimento non risulti fornita alcuna motivazione circa la sussistenza delle condizioni ostative al richiesto beneficio, dal momento che i giudici a quibus avrebbero preso in considerazione, ai fini della decisione, telefonate intercettate tra altri soggetti, senza che cio' potesse dispiegare rilevanza alcuna agli effetti di una condotta colpevole posta in essere dal ricorrente. La Corte, dunque, non avrebbe offerto alcuna motivazione sul perche' l'aver ammesso li ricorrente l'acquisto di sostanza stupefacente per uso personale costituisca dolo o colpa grave, cosi' da inibire il diritto all'indennizzo per ingiusta detenzione, alla luce dei principi a tal proposito enunciati dalla giurisprudenza di legittimita'. 4. Il Procuratore generale, in sede di requisitoria scritta rassegnata a norma dell'art. 611 cod. proc. pen., ha chiesto l'annullamento con rinvio dell'impugnata ordinanza, rilevando che la Corte di appello, non uniformandosi ai principi enunciati da questa Corte nella sentenza di annullamento, aveva ravvisato la sussistenza della colpa grave da parte del ricorrente sostanzialmente sulla base degli stessi elementi in forza del quali il medesimo era stato a suo tempo assolto dalla imputazione di detenzione a fini di spaccio di sostanza stupefacente;

cosicche' nel giudizio di rinvio, all'esito dei quale la Corte ha ritenuto di confermare la precedente decisione, non risultava fornita effettiva spiegazione in ordine ai ritenuto contributo colposo fornito dal Nicosia e reputato come ostativo alla misura riparatoria richiesta, alla stregua del principi richiamati nella pronuncia rescindente. 5. Di contro, con diffusa memoria datata 5 maggio 2012, il Ministero dell'Economia e delle Finanze, rappresentato e difeso dalla Avvocatura generale dello Stato, ha chiesto che il ricorso sia dichiarato inammissibile o respinto. Si sottolinea, al riguardo, come la condotta dolosa o gravemente colposa debba essere apprezzata nel momento genetico della detenzione e si rileva come, alla stregua della giurisprudenza di legittimita', diffusamente passata in rassegna, la condotta del Nicosia fosse stata, sopratutto in una prima fase, improntata al mendaclo, svolgendo, dunque, un «ruolo sinergico nel trarre in errore» l'autorita' giudiziaria. 6. La Terza Sezione penale della Corte di cassazione, cui il ricorso e' stato assegnato, ha ritenuto di rimettere il ricorso medesimo alle Sezioni Unite, deducendo un profilo in rito che poteva dar luogo all'insorgenza di interpretazioni contrastanti. Rileva, Infatti, la Sezione rimettente che, nelle more, e' intervenuta la sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo in data 10 aprile 2012, nel caso Lorenzetti c. Italia, che, proprio con riguardo al procedimento per l'accertamento del diritto alla riparazione per ingiusta detenzione di cui agli artt. 314 e segg. cod. proc. pen., ha ravvisato la violazione dell'art. 6 della CEDU in tema di diritto ad un equo processo, per la mancanza di pubblicita' del rito camerale, quale e' quello che si celebra davanti alla Corte di appello a norma degli artt. 643, 646 e 127 cod. proc. pen., richiamati dall'art. 315 del medesimo codice, per la trattazione della domanda di riparazione per ingiusta detenzione. La Corte di Strasburgo - sottolinea la Terza Sezione - dopo aver rammentato l'Importanza che assume la pubblicita' del dibattimento nel quadro delle garanzie di trasparenza del processo e di salvaguardia dei diritto ad un equo processo, secondo i principi tracciati dalla Convenzione, e rammentati altresi', alla luce della propria giurisprudenza, i casi in cui puo' ritenersi consentito derogare alla pubblicita' della udienza, ha osservato che, nel caso dei procedimento per la riparazione della ingiusta detenzione, Il giudice e' chiamato a valutare se l'interessato abbia contribuito a provocare la sua detenzione intenzionalmente o per colpa grave. Pertanto, ha concluso la Corte europea, nessuna circostanza particolare giustifica la esclusione della pubblicita' della udienza, «non trattandosi di questioni di natura tecnica che possano essere regolate in maniera soddisfacente unicamente in base al fascicolo». Preso dunque atto di tale pronuncia, la Sezione rimettente, dopo aver rammentato che la Corte territoriale ha nella specie proceduto in camera di consiglio e che la stessa Corte di cassazione e' chiamata a procedere parimenti con rito camerale, nella specie non partecipato, a norma dell'art. 611 cod. proc. pen., sottolinea come si ponga li problema di stabilire se il principio sancito in tema di udienza pubblica dalla Convenzione EDU - per come interpretato dalla Corte di Strasburgo - debba essere assicurato anche nei procedimento davanti alla Corte di cassazione, essendo stata esclusa la legittimita' del rito camerale davanti alla Corte territoriale, e stabilire, altresi', se la medesima esigenza di pubblicita' della udienza, «estesa nella sentenza della Corte Europea al procedimento ex art. 127 cod. proc. pen. davanti alla Corte di appello, imponga in questa sede l'annullamento con rinvio della sentenza di secondo grado per violazione dell'art. 6 CEDU». 7. Il Primo Presidente, con decreto del 21 agosto 2012, ha assegnato il ricorso alle Sezioni unite, fissando per la data odierna la relativa udienza camerale di trattazione. 8. La Procura generale presso la Corte di cassazione, sul temi per i quali sono state investite le Sezioni Unite, ha, all'esito di articolati rilievi, chiesto: a) di affermare il principio secondo cui la pubblicita' della udienza, con riferimento al procedimento di riparazione per ingiusta detenzione, non deve essere necessariamente assicurato nel procedimento innanzi alla Corte di cassazione e che cio' vale per il caso in esame;

  1. di affermare il principio secondo cui la violazione della esigenza di pubblicita' dell'udienza davanti alla Corte di appello non impone, per cio' solo, in questa sede, l'annullamento con rinvio della ordinanza di secondo grado per violazione dell'art. 6 CEDU;

  2. di annullare la impugnata ordinanza per le ragioni gia' illustrate nella requisitoria del medesimo Ufficio del 6 dicembre 2012, e della quale si e' gia' detto. 9. Con memoria depositata il 20 ottobre 2012, l'Avvocatura generale dello Stato, nel riportarsi alla precedente memoria rassegnata...

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