n. 61 ORDINANZA (Atto di promovimento) 25 novembre 2013 -

LA CORTE DI APPELLO Ha pronunciato la seguente ordinanza nel procedimento camerale iscritto al n. 317/2013 V.G., avente ad oggetto: equa riparazione ex l. n. 89/2001, ad istanza di Russo Domenico, nato a Messina il 28 giugno 1947 (codice fiscale: RSSDNC47H28F158Q), rappresentato e difeso dall'avv. Maria Ruggeri per procura a margine del ricorso, ed elettivamente domiciliato in Reggio Calabria, via Sbarre Centrali n. 251, presso lo studio dell'avv. Maria T. Chiaro, ricorrente;

Contro Ministero della Giustizia, in persona del Ministro pro tempore, resistente. Visto il ricorso presentato in data 12 novembre 2013 da Russo Domenico, con il quale viene richiesto l'indennizzo per l'irragionevole durata di una controversia civile promossa nei confronti dello stesso da Ischia Orazio, Ischia Giovanni, Ischia Tindaro e Ischia Sergio, con citazione notificata il 7 novembre 1997, innanzi al Tribunale di Messina, per ottenere il pagamento dell'indennita' ex art. 1127 c.c. (controversia conclusa con l'accoglimento della domanda degli attori all'esito del giudizio di primo grado, con sentenza passata in giudicato);

Vista la documentazione allegata. Osserva 1. - La fattispecie. Il giudizio presupposto e' stato definito con sentenza del Tribunale di Messina, prima sezione civile, n. 1104/12, emessa il 18 maggio 2012 e depositata in pari data, che ha accolto la domanda degli attori, condannando Russo Domenico a corrispondere loro la somma di €

23.379,50 oltre rivalutazione secondo l'indice FOI dell'Istat ed interessi al tasso legale sull'importo via via rivalutato mese per mese, il tutto con decorrenza dal 1° gennaio 1998 fino al pagamento, o, in mancanza, fino al passaggio in giudicato della presenta sentenza, e con detrazione della somma di €

4.937,77 versata dal Russo in corso di causa - da imputarsi prima al capitale e poi eventualmente agli interessi - alla data del 28 gennaio 2002, nonche' a rifondere la meta' delle spese processuali (in ragione dell'offerta di pagamento dell'indennita' fatta dal convenuto agli attori). L'odierno ricorrente all'esito del giudizio presupposto e' dunque risultato interamente soccombente. 2. - La disciplina applicabile alla fattispecie. La norma censurata. Reputa questo decidente, in conformita' con l'indirizzo gia' seguito da questa Corte, che la nuova disciplina dettata in tema di equa riparazione per effetto delle modifiche introdotte alla legge 24 marzo 2001, n. 89, dall'art. 55, del decreto legge 22 giugno 2012, n. 83 (recante Misure urgenti per la crescita del Paese: c.d. decreto Sviluppo), convertito in legge 7 agosto 2012, n. 134, e in particolare la norma, decisamente innovativa, contenuta nel nuovo art. 2-bis, comma 3, l. n. 89/2001 (a mente della quale, «la misura dell'indennizzo, anche in deroga al comma 1, non puo' in ogni caso essere superiore al valore della causa o, se inferiore, a quello del diritto accertato dal giudice»), debba necessariamente portare a non riconoscere, in tal caso, in alcuna misura, il preteso diritto all'indennizzo. 2.1. - Prima di concentrare l'attenzione su tale disposizione, giova prendere le mosse da altra previsione che vale a delineare un piu' ampio e coerente quadro di riferimento, anche se di per se' non ancora decisivo ne' univoco nel senso sopra indicato: ci si riferisce alla previsione di cui all'art. 2-bis, comma 2, lett. a), l. cit., secondo la quale «... l'indennizzo e' determinato tenendo conto: a) dell'esito del processo nel quale si e' verificata la violazione di cui al comma 1, dell'art. 2 ... ». Onde apprezzarne la portata innovativa, e' bene rammentare che, con riferimento alla previgente normativa, nella giurisprudenza della Corte di Cassazione (conformemente alla giurisprudenza della Corte E.D.U.), posta la regola del riconoscimento del diritto all'equa riparazione a tutte le parti del processo «indipendentemente dal fatto che esse siano risultate vittoriose o soccombenti e dalla consistenza economica ed importanza del giudizio» e precisata altresi' l'irrilevanza della «asserita consapevolezza da parte dell'istante della scarsa probabilita' di successo dell'iniziativa giudiziaria» (v. ex aliis Cass. 12 aprile 2010, n. 8632;

9 aprile 2010, n. 8541), si ammette bensi' che dell'esito del processo presupposto possa comunque tenersi conto ma solo qualora abbia un indiretto riflesso sull'identificazione, o sulla misura, del pregiudizio morale sofferto dalla parte in conseguenza dell'eccessiva durata della causa, come accade «quando il soccombente abbia promosso una lite temeraria, o abbia artatamente resistito in giudizio al solo fine di perseguire proprio il perfezionamento della fattispecie di cui al richiamato art. 2», precisandosi inoltre che di dette situazioni, «costituenti abuso del processo» anche ai fini della commisurazione dell'indennizzo, «deve dare prova puntuale l'Amministrazione» non essendo «sufficiente, a tal fine, la deduzione che la domanda della parte sia stata dichiarata manifestamente infondata» (v. ex multis, da ultimo, Cass. 9 gennaio 2012, n. 35). A fronte di un indirizzo cosi' strutturato, la portata innovativa della previsione di cui all'art. 2-bis comma 2, lett. a) si apprezza sotto un duplice profilo. Anzitutto perche' la considerazione dell'esito del giudizio assume, nella nuova disciplina, bensi' ai soli fini della quantificazione dell'indennizzo, un ruolo non piu' eccezionale ma normale, fisiologico e soprattutto sganciato dalla condizione che esso si accompagni anche alla consapevolezza della parte e, correlativamente, ad un uso strumentale del processo. In secondo luogo, perche' non puo' considerarsi piu' necessario, affinche' l'esito del giudizio possa assumere un ruolo riduttivo dell'indennizzo, che lo stesso (e soprattutto l'abuso del processo alla base di esso richiesto) sia oggetto di un onere di allegazione e prova da parte dell'amministrazione, potendo e dovendo il giudice ex se - tanto piu' nel nuovo modello procedimentale a contraddittorio eventuale - sindacare e ponderare l'esito del giudizio quale risultante dagli atti prodotti. 2.2. - Nella stessa direzione si inserisce, ma con portata ancor piu' dirompente, la previsione qui censurata contenuta nel comma 3 del nuovo art. 2-bis, a tenore della quale "la misura dell'indennizzo, anche in deroga al comma 1, non puo' in ogni caso essere superiore al valore della causa o, se inferiore, a quello del diritto accertato dal...

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