N. 62 ORDINANZA (Atto di promovimento) 20 gennaio 2011

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Ha pronunciato la seguente ordinanza interlocutoria sul ricorso 5938-2007 proposto da: Poste Italiane S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore elettivamente domiciliata in Roma, Viale Europa n. 175, presso lo studio dell'avvocato Anna Maria Ursino, (Direzione affari legali Poste Italiane), che la rappresenta e difende giusta delega in atti; ricorrente;

Contro Caprili Carlo, elettivamente domiciliato in Roma, via Flaminia, 195, presso lo studio dell'avvocato Vacirca Sergio, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato Lalli Claudio, giusta delega in atti; contro ricorrente;

Avverso la sentenza n. 172/2006 della Corte D'appello di Firenze, depositata il 9 febbraio 2006 R.G.N. n. 509/2004;

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 2 dicembre 2010 dal Consigliere dott. Pietro Zappia;

Udito l'avvocato Fiorillo Luigi per delega Anna Maria Rosaria Ursino;

Udito l'avvocato Galleano Sergio Natale Edoardo per delega Sergio Vacirca;

Udito il p.m. in persona del sostituto Procuratore Generale dott.

Massimo Fedeli che ha concluso per l'accoglimento del ricorso per quanto di ragione.

Svolgimento del processo 1. Con ricorso al Tribunale di Pisa Carlo Caprili affermava l'illegittimita' del termine di durata apposto al contratto del 17 agosto 2000, con cui la S.p.a. Poste Italiane lo aveva assunto al lavoro, e la conseguente conversione del negozio in contratto a tempo indeterminato. Egli chiedeva percio' che la societa', che si era avvalsa del termine e l'aveva estromesso dall'azienda, fosse condannata a riammetterlo in servizio ed a risarcirgli il danno da sospensione del rapporto di lavoro.

Il tribunale rigettava la domanda ma la Corte di Firenze, in accoglimento dell'appello del Caprili, accertava il contratto a tempo indeterminato e condannava la societa' a riammettere il lavoratore in servizio ed a risarcirgli il danno, pari alle retribuzioni con accessori, a partire dal 26 settembre 2002, ossia dal giorno in cui egli aveva offerto le proprie prestazioni attraverso la comunicazione, anche alla datrice di lavoro, della richiesta del tentativo di conciliazione obbligatoria di cui all'art. 410 cod.

proc. civ.

Contro questa sentenza la S.p.a. Poste Italiane proponeva ricorso per 'cassazione mentre il Caprili, resisteva con controricorso.

Col primo motivo la ricorrente lamentava la violazione dell'art.

23 legge 28 febbraio 1987 n. 56; col secondo la violazione degli artt. 1362 e segg. cod. civ.; col terzo la violazione degli artt.

1217 e 1223 cod. civ. In sintesi, essa rilevava come la Corte territoriale, dopo aver riconosciuto che il contratto a termine era stato concluso in base all'art. 8 c. c. n. 1. del 1994, a sua volta stipulato ex legge n. 56 del 1987, avesse ritenuto tuttavia illegittimo il termine poiche' l'autorizzazione della contrattazione collettiva all'apposizione era valida fino al 30 aprile 1998. In tal modo, osservava la ricorrente, la Corte non aveva tenuto conto che la citata legge aveva delegato le parti sociali ad individuare ipotesi ulteriori rispetto a quelle previste dalla legge per la stipulazione di contratti di lavoro temporanei e che tale delega era stata attuata dalla serie di contratti collettivi stipulati dal 1994 al 2001.

La ricorrente deduceva in subordine che in ogni caso il lavoratore aveva mostrato tacitamente di voler sciogliere il contratto, avendo lasciato trascorrere circa due anni prima di chiederne il mantenimento. Erroneamente, per di piu', la Corte di merito non aveva sottratto all'ammontare del danno quanto percepito da lui per effetto del lavoro prestato nel frattempo per altro datore di lavoro.

Rilevanza delle questioni di legittimita' costituzionale 2. I motivi ora detti di ricorso per cassazione non appaiono fondati. Le relative argomentazioni sono state piu' volte rigettate da questa Corte, la quale ha notato come l'autorizzazione alla stipula di contratti di lavoro temporanei fosse stata espressa dalle parti sociali, sulla base dell'art. 23 legge n. 56 del 1987, con c.

  1. n. 1 del 1994, integrato dall'accordo 16 gennaio 1998, che ha posto un termine ultimo al 30 aprile 1998. Il termine apposto ai contratti individuali conclusi dopo questa data deve percio' considerarsi illegittimo ed il rapporto di lavoro opera a tempo indeterminato (ex multis Cass. n. 15331 del 2004). Nel caso di specie pertanto il lavoratore estromesso dall'azienda per la, erroneamente ritenuta, operativita' del termine ha diritto al risarcimento del danno da perdita delle retribuzioni, da calcolare secondo le regole di diritto comune, come ha esattamente ritenuto la Corte d'appello sulla base delle norme vigenti nel momento di emissione della sua pronuncia.

    Incensurabile e' poi la valutazione di fatto espressa dalla stessa Corte, la...

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