n. 240 ORDINANZA (Atto di promovimento) 13 aprile 2013 -

IL TRIBUNALE Nel procedimento n. 953/2013 R.G. promosso da C. P. e R. G., con gli avvocati Maria Paola Costantini, Sebastiano Papandrea, prof. Marilisa D'Amico, Ileana Alesso e Massimo Clara, Reclamanti;

Contro Societa' Cooperativa UMR - Unita' Medicina della Riproduzione in persona del legale rappresentante G. A. con l'avv. Francesco Luciano Arona resistente Letti gli atti, a scioglimento della riserva formulata all'udienza del 28 febbraio 2013, ha emesso la seguente Ordinanza. I ricorrenti C. P. - (nata il: ...) e R. G. i (nato il: ...), coniugati dal 2005, con ricorso ex art. 700 C.P.C., deducevano: di essere coppia infertile ai sensi della legge n. 40/04, essendosi accertata per il partner femminile una sterilita' assoluta causata da menopausa precoce;

che dopo essersi rivolti a vari specialisti, contattavano il Centro UMR, specializzato in medicina della riproduzione di cui e' direttore responsabile il dott. A. G. che, nel confermare la diagnosi di infertilita' dovuta a menopausa precoce, riteneva inutile e potenzialmente dannoso per la salute della signora C. procedere con ulteriori terapie ormonali, indicando quale unica via percorribile il ricorso alla c.d. ovodonazione;

che, quindi, essi coniugi R. C. si rivolgevano al predetto centro chiedendo che venisse eseguita tale tecnica;

che il dott. A. G., odierno resistente, opponeva un rifiuto essendo nel nostro Paese vietata, giusta il disposto dell'art. 4 comma 3 della legge n. 40/04, la fecondazione di tipo eterologo. Pertanto, i coniugi R. C. sostenevano, in primo luogo, la necessita' di una lettura costituzionalmente orientata dell'art. 4 comma 3 della legge n. 40/04, incentrata sulla valorizzazione del combinato disposto degli artt. 4 e 5 della legge medesima. Cio' in quanto l'art. 4, comma 1, che definisce le cause di infertilita' e sterilita' che possono essere risolte grazie all'accesso alle tecniche di fecondazione assistita, e' richiamato dall'art. 5, mentre l'art. 4, comma 3, che pone il divieto di fecondazione eterologa, non e' oggetto di alcun richiamo esplicito da parte dell'art. 5. Per tale ragione doveva ammettersi, secondo l'interpretazione prospettata dai ricorrenti, l'esistenza di uno spazio per una deroga al divieto di fecondazione eterologa, che si apre nel caso di coppie in grado di soddisfare i requisiti dell'art. 5 (dunque, coppie di persone maggiorenni di sesso diverso, coniugate o conviventi, in eta' potenzialmente fertile, entrambi viventi), non esistendo per tali coppie un divieto espresso di fecondazione eterologa. Secondo tale interpretazione, puo' dunque accedere alla fecondazione assistita chi soddisfi i requisiti soggettivi richiesti dall'art. 5, indipendentemente dal tipo di tecnica (omologa o eterologa) cui si chiede di accedere. I ricorrenti, ritenevano che, non ammettendo l'interpretazione delle norme teste' suggerita, l'ipotesi di interpretazione rigida delle citate norme si poneva in contrasto con i principi costituzionali di cui agli artt. 2, 3, 31, 32 e 117 comma 1 Cost. Invero, se l'art. 4, comma 3 della legge n. 40/04 vietasse davvero in modo generalizzato la fecondazione eterologa, esso darebbe luogo ad una discriminazione ingiustificata tra coppie infertili a seconda del grado di infertilita', poiche' le coppie in cui uno dei partner e' incapace di produrre gameti fecondabili artificialmente sarebbero escluse dalle tecniche di fecondazione assistita, mentre le coppie affette da forme meno gravi di infertilita' (che non necessitano della donazione di gameti) potrebbero usufruire delle tecniche di fecondazione assistita previste dalla normativa in questione. Cio' comporterebbe, secondo i ricorrenti, la violazione dell'art. 2 Cost. che sancisce il diritto di identita' e di autodeterminazione, dell'art. 3 Cost. che sancisce il principio di uguaglianza, nonche' degli ulteriori parametri costituzionali evocati (quali il diritto alla maternita' tutelato dall'art. 31 Cost., il diritto alla salute dei componenti della coppia di cui all'art. 32 Cost., l'art. 117 comma primo Cost. per violazione della Convenzione Europea dei diritti dell'uomo). I ricorrenti, pertanto, concludevano chiedendo che, ritenuta la sussistenza del fumus boni iuris, sulla base dell'interpretazione costituzionalmente orientata della normativa, e del periculum in mora, venisse ordinato in via d'urgenza ex art. 700 C.P.C. al centro UMR di «eseguire a favore dei ricorrenti, secondo l'applicazione delle metodiche della procreazione assistita, la c.d. fecondazione eterologa e, nel caso di specie, la donazione di gamete femminile secondo le migliori e accertate pratiche mediche». Nel caso, poi, di interpretazione rigida della suddetta normativa, domandavano che, stante la sostenuta incostituzionalita' della normativa medesima, fosse ritenuta non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 4, comma 3 della legge n. 40/04 per violazione degli artt. 2, 3, 31, 32 e 117 comma 1 Cost. Costituitasi in giudizio la societa' cooperativa UMR, in persona del legale rappresentante G. A., dichiarava la propria disponibilita' ad applicare la tecnica di PMA (procreazione medicalmente assistita) indicata per il caso specifico, che prevede l'impiego di ovociti provenienti da una donatrice, a condizione che venisse rimosso l'ostacolo legislativo costituito dall'art. 4 comma 3 della legge n. 40/04. Intervenivano nel giudizio, per sostenere le domande di parte ricorrente, l'associazione «HERA ONLUS», l'associazione «SOS infertilita' ONLUS» e l'associazione «Menopausa precoce». All'udienza di comparizione del 21 settembre 2010, le parti insistevano nelle domande formulate, il giudice riservava ordinanza. A scioglimento della riserva assunta in tale udienza, in data 21 ottobre 2010, il Giudice depositava ordinanza con cui, premessa l'impossibilita' di superare il divieto di fecondazione eterologa attraverso la lettura costituzionalmente orientata suggerita dai ricorrenti, ritenuta la rilevanza e la non manifesta infondatezza, rimetteva alla Corte Costituzionale la questione di legittimita' costituzionale degli artt. 4, comma 3, 9, commi 1 e 3, limitatamente alle parole «in violazione del divieto dell'art. 4 comma 3», 12 comma 1 della legge n. 40/04 per contrasto con gli artt. 117 comma 1 Cost., 2, 3, 31 e 32, commi 1 e 2, Cost., nella parte in cui impongono il divieto di ricorrere alla fecondazione medicalmente assistita di tipo eterologo e prevedono sanzioni nei confronti delle strutture che dovessero praticarla. Con ordinanza n. 150 del 22 maggio 2012, la Corte Costituzionale, disposta la riunione dei giudizi promossi dal Tribunale ordinario di Firenze con ordinanza del 6 settembre 2010, dal Tribunale ordinario di Catania con la citata ordinanza del 21 ottobre 2010, e dal Tribunale ordinario di Milano con ordinanza del 2 febbraio 2011, siccome aventi ad oggetto, in parte, le stesse norme, censurate in relazione a parametri costituzionali, per profili e con argomentazioni in larga misura coincidenti, e ritenuta l'ammissibilita' delle questioni proposte, potendo la questione di legittimita' costituzionale essere sollevata, secondo il consolidato orientamento della Corte Costituzionale, in sede cautelare quando, come accaduto nella specie, il giudice non abbia provveduto sulla domanda o non abbia comunque ancora esaurito il proprio potere cautelare, ha osservato che tutti i rimettenti sollevano anzitutto questione di legittimita' costituzionale delle norme oggetto di censura in riferimento all'art. 117 comma 1 Cost., in relazione agli artt. 8 e 14 della Convenzione Europea dei diritti dell'uomo e premettono di dover applicare queste ultime «nell'interpretazione offertane dalla Corte di Strasburgo» con la sentenza della prima sezione del 1.0.4.2010, S.H. ed altri contro Austria. Aggiunge, pero', la Corte delle leggi che, successivamente a tutte le ordinanze di rimessione, la Grande Camera della Corte di Strasburgo, alla quale, ai sensi dell'art. 43 della Convenzione Europea dei diritti dell'uomo, e' stato deferito il caso deciso dalla prima sezione, con la sentenza del 3 novembre 2011, S.H. ed altri contro Austria, si e' pronunciata in senso diverso sul principio enunciato dalla prima sezione con la sentenza del 1° aprile 2010 richiamata dai rimettenti per identificare il contenuto delle norme della CEDU ritenute violate dalle disposizioni interne censurate. Pertanto - premesso che, secondo il costante orientamento della Corte Costituzionale (tra le molte, sent. n. 348 e n. 349 del 2007, sent. n. 236/2011), la questione dell'eventuale contrasto della norma interna con le norme...

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