N. 191 ORDINANZA (Atto di promovimento) 20 aprile 2011

LA CORTE DI APPELLO Ha pronunciato la seguente ordinanza.

Nel procedimento per equa riparazione iscritto al n. 601/2010

R.G.C., promosso da Morreale Stefania, Morreale Antonino, Morreale Giuseppe, Morreale Rosario, nella qualita' di eredi di Galiano Calogera, elettivamente domiciliati in Caltanissetta, presso lo studio dell'avv. Alfredo Saia, rappresentati e difesi dagli avv.ti Girolamo Rubino e Laura Rollini, contro il Ministero dell'economia e delle finanze (Avvocatura distrettuale dello Stato).

Letti gli atti, a scioglimento della riserva assunta all'udienza del 14 marzo 2011, osserva:

In fatto Con il ricorso in riassunzione in esame gli odierni ricorrenti chiedevano che venisse accertata la violazione dell'art. 6 parte I, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali in relazione al procedimento giudiziario avviato dalla loro dante causa innanzi al TAR di Palermo, con ricorso del 5.06.1996, non ancora definito, con conseguente condanna dell'amministrazione convenuta al pagamento della somma spettante a titolo di equa riparazione per l'irragionevole durata del processo.

Premettevano, al riguardo, di avere presentato l'odierna istanza avanti la Corte di appello di Palermo che, tuttavia, dichiarava la propria incompetenza territoriale a seguito dell'ordinanza delle SS.UU. n. 6306 con cui veniva totalmente innovato il precedente consolidato indirizzo che applicava ai giudizi amministrativi o contabili presupposti le regole ordinarie per quanto concerne la competenza per territorio per i ricorsi ex art. 2 legge n. 89/2001.

Il Ministero dell'economia e delle finanze, ritualmente costituitosi, segnalava l'opportunita' di una rimeditazione delle indicazioni fornite dalla Sezioni unite della Suprema Corte nell'ordinanza n. 6306/2010 e chiedeva di sollevare d'ufficio conflitto di competenza ai sensi dell'art. 50 c.p.c.

Questa Corte, formulata riserva di decisione, ritiene di dovere sollevare, d'ufficio, questione incidentale di costituzionalita' dell'art. 3 della legge n. 89/2001, il cui vaglio di legittimita' costituzionale e' rilevante per il giudizio in corso.

In diritto L'art. 3, primo comma, della legge n. 89/2001 prevede che 'la domanda di equa riparazione si propone dinanzi alla Corte di appello del distretto in cui ha sede il giudice competente ai sensi dell'art.

11 del codice di procedura penale a giudicare nei procedimenti riguardanti i magistrati nel cui distretto e' concluso o estinto relativamente ai gradi di merito ovvero pende il procedimento nel cui ambito la violazione si assume verificata'.

Questa Corte di appello ha piu' volte in passato sostenuto, in conformita' del resto all'orientamento dei giudici di legittimita' all'epoca vigente in materia, che in ipotesi, come quella in esame, di giudizi presupposti celebrati davanti a giudici non ordinari - e, quindi, non articolati su base distrettuale - non sussistesse la propria competenza per territorio ex art. 11 c.p.p. a decidere in merito al diritto all'equa riparazione del ricorrente, dovendo la competenza territoriale in tali casi essere individuata non gia' secondo il criterio stabilito dall'art. 3 della legge 24 marzo 2001 n. 89, ma in base ai principi generali di cui all'art. 25 c.p.c., alla stregua del quale, quando l'amministrazione dello Stato e' convenuta, la competenza appartiene inderogabilmente alla Corte d'appello nel cui distretto si trova il luogo in cui e' sorta o deve eseguirsi l'obbligazione (rispettivamente, luogo in cui e' stato commesso l'illecito, ovvero luogo in cui ha sede la tesoreria provinciale nella cui circoscrizione ha domicilio il creditore).

Tuttavia, con la recente decisione n. 6306/2010 pronunciata a Sezioni unite, la Suprema Corte ha totalmente innovato il precedente consolidato indirizzo, stabilendo doversi applicare il criterio di cui alla legge n. 89 del 2001, art. 3, comma 1, ed al richiamato art.

11 c.p.c. anche ai procedimenti presupposti svoltisi innanzi al giudice speciale.

Secondo questa interpretazione della Suprema Corte, che oggi ben puo' considerarsi diritto vivente (vedasi le sentenze della Suprema Corte nn. 22930, 24171 e 24286 del 2010), la suddetta disposizione normativa andrebbe letta nel senso di assicurare una uniforme applicazione per tutta l'area del contenzioso originato dalla legge n. 89/2001.

Piu' precisamente, secondo la Corte di cassazione, occorrerebbe considerare in modo unitario il giudizio presupposto nel quale si e' determinato il superamento della durata ragionevole, assumere a fattore rilevante della sua localizzazione la sede del giudice di merito distribuito sul territorio, sia esso ordinario o speciale, davanti al quale il giudizio e' iniziato, ed al luogo cosi' individuato attribuire la funzione di attivare criterio di collegamento della competenza e di individuazione del giudice competente sulla domanda di equa riparazione, che e' stabilito dall'art. 11 del c.p.p. ed e' richiamato nell'art. 3, comma 1, della legge n. 89/2001.

Tutto cio' non troverebbe ostacolo sul piano lessicale, ad avviso delle Sezioni unite della Corte di cassazione, nel fatto che la disposizione faccia uso di un termine (distretto), che e' proprio della distribuzione sul territorio delle Corti di appello, atteso che il termine distretto apparterrebbe alla descrizione del criterio di collegamento che il legislatore importa dalla disposizione processuale penale e che la sua valenza di delimitare un certo ambito territoriale potrebbe funzionare in modo identico, quale che sia l'ufficio giudiziario davanti al quale il giudizio presupposto e' iniziato e l'ordine giudiziario cui appartiene, perche' dell'ufficio giudiziario verrebbe in rilievo la sede e non l'ambito territoriale di competenza.

Infine, sempre secondo le Sezioni unite, il dilatarsi del contenzioso innescato dalla legge n. 89 del 2001, che fa ricadere sul bilancio dello Stato un onere sempre piu' gravoso a causa del perdurare del fenomeno della eccessiva durata del processo, in diverso...

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