N. 158 ORDINANZA (Atto di promovimento) 11 gennaio 2011

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Ha pronunciato la seguente ordinanza interlocutoria sul ricorso 2074-2005 proposto da: Gangitano Lilla Maria (GNGLLM39S49B6020), elettivamente domiciliata in Roma, via Dei Gracchi n. 187, presso lo studio dell'avvocato Magnano Di San Lio Giovanni, rappresentata e difesa dall'avvocato Tafuri Luigi, per delega a margine del ricorso;

ricorrente;

Contro comune di Caltagirone; sul ricorso 4844-2005 proposto da:

Comune di Caltagirone (82000230878), in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma, Via Gregorio VII 396, presso lo studio dell'avvocato Giuffrida Antonio, rappresentato e difeso dall'avvocato Scuderi Andrea, per delega a margine del controricorso e ricorso incidentale; controricorrente e ricorrente incidentale - contro Gangitano Lilla Maria (GNGLLM39S49B6020), elettivamente domiciliata in Roma, Via dei Gracchi n. 187, presso lo studio dell'avvocato Magnano di San Lio Giovanni, rappresentata e difesa dall'avvocato Tafuri Luigi, per delega a margine del ricorso principale; controricorrente al ricorso incidentale - avverso la sentenza n. 928/2004 della Corte D'Appello di Catania, depositata il 5 ottobre 2004;

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 11 gennaio 2011 dal Consigliere Dott. Antonio Merone;

Udito l'Avvocato Edoardo Nigra per delega dell'avvocato Andrea Scuderi;

Udito il P.M. in persona dell'Avvocato Generale Dott. Domenico Iannelli, che ha concluso per l'accoglimento del primo motivo del ricorso principale, assorbito il secondo motivo, rigetto del ricorso incidentale.

Fatto 1. (Oggetto della causa) - La sig.ra Lilla Maria Gangitano propone ricorso per la cassazione della sentenza della Corte di Appello di Catania, meglio indicata in epigrafe, che ha rideterminato l'indennita' dovutale dal Comune di Caltagirone per l'esproprio di terreni di sua proprieta', siti nel predetto comune, destinati alla realizzazione di alloggi per scopi sociali.

A sostegno dell'odierno ricorso, la Cangitano prospetta due motivi. Con il primo denuncia violazione di legge per avere la sentenza fatto applicazione dell'art. 5-bis della legge n. 359/1992, di cui deduce la illegittimita' costituzionale, in relazione all'art.

1, Prot. 1 della CEDU, in forza del quale l'indennizzo deve essere liquidato in misura piena. Con il secondo motivo denuncia la violazione dell'art. 24 della legge n. 794/1942 per avere liquidato le spese processuali violando i minimi tariffari.

Il Comune di Caltagirone resiste con controricorso e propone a sua volta ricorso incidentale con due motivi. Con il primo motivo denuncia la mancata decurtazione della indennita', nella misura del 40%, a norma del citato art. 5-bis, non avendo l'espropriata accettato la somma offertale. Con il secondo motivo denuncia la violazione dell'art. 16 d.lgs. n. 504/1992 e vizi di motivazione, in quanto all'espropriata non avrebbe dovuto essere liquidato nulla, a titolo di indennita', avendo omesso di presentare la dichiarazione ICI e quindi vertendosi in una situazione di evasione totale.

4 (La rimessione della questione alle SS.UU.) - Con ordinanza n.

880/2010, dell'11 marzo 2010, la prima sezione civile di questa Corte, alla quale i ricorsi erano stati originariamente assegnati, ha rimesso gli stessi al Primo Presidente per l'eventuale assegnazione a queste SS.UU., per gli stessi motivi esposti in analoga ordinanza della medesima prima sezione, n. 15317/2010. In quest'ultima ordinanza, il Collegio remittente, dopo avere rilevato che la giurisprudenza di legittimita' si e' conformata all'indirizzo interpretativo fornito dal giudice delle leggi, secondo il quale il pagamento dell'indennita' di esproprio deve essere subordinato, in ogni caso, alla regolarizzazione degli obblighi fiscali, relativi all'ICI, ha evidenziato che tale soluzione comporta problemi applicativi di non facile soluzione, relativi al raccordo cronologico e sistematico delle procedure di accertamento e di riscossione dell'indennita' espropriativa, dovuta dall'ente espropriante, con quelle di accertamento e riscossione dell'ICI, dovuta dall' espropriato proprietario di aree fabbricabili, in quanto contribuente. Si tratta, in particolare, del condizionamento reciproco delle procedure, sul piano della pregiudizialita' incrociata delle questioni che dovrebbero essere esaminate parallelamente o in successione cronologica, con il conseguente:

  1. rischio di conflitti di giudicati che ne possono derivare;

  2. cumulo dei tempi delle due procedure che difficilmente sarebbe compatibile con la ragionevole durata dei processi.

    Altri problemi, evidenziati nell'ordinanza, attengono al valore della ritrattazione della dichiarazione infedele e/o della presentazione tardiva della dichiarazione, da parte dell'espropriato/contribuente-evasore, e alla impossibilita' di procedere ad accertamento del valore venale dell'area espropriata, ai fini ICI, in caso di decadenza dell'ente impositore dal potere di accertamento.

    Trattandosi di questione di massima di particolare importanza, vertente sul tema dei rapporti tra liquidazione dell'indennita' di esproprio e soggezione all'ICI, la causa e' stata poi assegnata a queste SS.UU.

    All'odierna udienza le parti hanno concluso come da verbale.

    DIRITTO 1. (Premessa) - La questione della corretta interpretazione ed applicazione dell'art. 16 del d.lgs. 504/1992, nella parte in cui impone la riduzione della indennita' di espropriazione delle aree fabbricabili, in relazione all'obbligo di dichiarazione (iniziale) o denuncia (per le variazioni) ICI (art. 10, d.lgs. n. 504/1992, vigente ratione temporis), nella specie, puo' comportare la totale vanificazione del diritto all'indennita' di esproprio. Tale questione assume, dunque, carattere pregiudiziale nella definizione della controversia in esame.

    Il diritto (an) alla indennita' di esproprio e l'ammontare della stessa (quantum) dipendono, infatti, dalla legittimita' della citata disposizione. Questa ne condiziona la quantificazione al ribasso, fino alla totale vanificazione, nella ipotesi di dichiarazione di valori irrisori o nella ipotesi, equivalente, di omessa dichiarazione, che ricorre nella specie.

    Si tratta in entrambi casi di comportamenti (totalmente o parzialmente) omissivi, che il contribuente pone in essere nell'intento di evitare l'emersione (totale o parziale) dei propri doveri fiscali. Vanno quindi assoggettati alla medesima disciplina giuridica, in forza della quale il diritto alla indennita' di esproprio deve essere riconosciuto soltanto nei limiti del valore dichiarato. In caso di omessa dichiarazione, l'omissione (piu' grave) non puo' essere premiata con una interpretazione che elimini limite.

    Omettendo la dichiarazione, il contribuente ha inteso non attribuire alcun valore fiscale alla sua proprieta' e, quindi, nello spirito di quanto dispone l'art. 16 d.lgs. n. 504/1992, non merita alcuna indennita'. Per eludere questa conclusione, che, come si dira', si pone in evidente rotta di collisione con l'art. 42, terzo coma, Cost.

    la giurisprudenza costituzionale e di legittimita' hanno elaborato una soluzione, che pero' comporta i problemi evidenziati nella ordinanza in base alla quale la questione e' stata rimessa a queste SS.UU.

    1.1. I punti di criticita' dell'interpretazione accreditata da questa Corte ed il mutamento del quadro normativo e giurisprudenziale, verificatosi dopo la gia' ricordata pronuncia della Corte Costituzionale, n. 351/2000, impongono una rivisitazione ermeneutica ed una rilettura dell'art. 16, primo comma, d.lgs.

    504/1992. Il dato letterale deve essere interpretato tenendo conto del nuovo contesto ordinamentale, della esigenza di certezza dei rapporti giuridici e di celerita' delle procedure di accertamento (a) quella intesa ad accertare il valore venale dell'area espropriata, per la determinazione della relativa indennita', e b) quella finalizzata alla quantificazione dell'ICI. E' evidente, infatti, che i tempi delle procedure vengono inevitabilmente dilatati se si avalla la tesi del reciproco condizionamento (sospensione della procedura di determinazione ed erogazione dell'indennita', in attesa della liquidazione definitiva e del pagamento dell'ICI, benche' nei limiti in cui il potere di accertamento sia ancora esercitabile).

    1.2. Il Collegio ritiene che non sia condivisibile la tesi interpretativa secondo la quale l'art. 16, primo comma, del d.lgs. n.

    504/1992, condizionerebbe il pagamento dell'indennita' di esproprio alla regolarizzazione della posizione fiscale dell'espropriato, in tutti i casi di violazione degli obblighi di dichiarazione relativa all'ICI. Tale tesi e' stata avallata dalla Corte Costituzionale nell'intento di superare l'evidente disparita' di trattamento tra contribuente evasore totale (che omette di presentare la dichiarazione), apparentemente ignorato dalla norma, e contribuente infedele (che presenta una dichiarazione non veritiera), in danno del quale e' espressamente prevista la riduzione dell'indennita' di esproprio (che non puo' mai superare il valore dichiarato ai fini ICI).

    Il giudice delle leggi, con sentenza interpretativa di rigetto (351/2000, ha escluso che la apparente incompletezza della disciplina dettata dall'art. 16 d.lgs. n. 504/1992 (circoscritta alla sola ipotesi della dichiarazione infedele) sia in contrasto con l'art. 3

    Cost. ipotizzando che anche il contribuente evasore totale (al pari del contribuente infedele) debba regolarizzare la propria posizione fiscale, prima di ottenere il pagamento della indennita' di esproprio. La tesi interpretativa della Consulta e' stata seguita anche da questa Corte.

    Si tratta, pero', di una tesi che non trova conforto nel tenore letterale della norma (per quanto lo si voglia ampliare con argomenti anche di carattere sistematico), specialmente dopo la costituzionalizzazione del principio del giusto processo e della sua ragionevole durata.

    Lo sforzo ermeneutico della Corte costituzionale, e di questo giudice di legittimita', ha avuto...

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