n. 98 SENTENZA 11 aprile - 10 maggio 2017 -

ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 1, 3, 9, 15 (recte: 15, comma 1, lettera c), 19 (recte: 19, comma 1, lettera a), 72, comma 1, della legge della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia 8 aprile 2016, n. 4 (Disposizioni per il riordino e la semplificazione della normativa afferente il settore terziario, per l'incentivazione dello stesso e per lo sviluppo economico) promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso spedito per la notifica il 13 giugno 2016, depositato il 21 giugno 2016 e iscritto al n. 36 del registro ricorsi 2016. Visti l'atto di costituzione della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia, nonche' l'atto di intervento, fuori termine, della FEDERDISTRIBUZIONE - Federazione delle Associazioni delle Imprese e delle Organizzazioni Associative della Distribuzione Moderna Organizzata;

udito nell'udienza pubblica dell'11 aprile 2017 il Giudice relatore Augusto Antonio Barbera;

uditi l'avvocato dello Stato Paolo Gentili per il Presidente del Consiglio dei ministri e l'avvocato Massimo Luciani per la Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia. Ritenuto in fatto 1.- Con il ricorso spedito per la notifica il 13 giugno 2016, depositato il successivo 21 giugno e iscritto al registro ricorsi n. 36 del 2016, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questione di legittimita' costituzionale, in via principale, degli articoli 1, 3, 9, 15 (recte: 15, comma 1, lettera c), 19 (recte: 19, comma 1, lettera a), 72 comma 1, della legge regionale 8 aprile 2016, n. 4 (Disposizioni per il riordino e la semplificazione della normativa afferente il settore terziario, per l'incentivazione dello stesso e per lo sviluppo economico), per violazione dell'art. 117, primo e secondo comma, lettere e) e s), della Costituzione, nonche' degli artt. 4 e 6 della legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1 (Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia). 1.1.- Il ricorrente censura: il citato art. 1, nella parte in cui modifica l'art. 29 della legge regionale 5 dicembre 2005, n. 29 (Normativa organica in materia di attivita' commerciali e di somministrazione di alimenti e bevande. Modifica alla legge regionale 16 gennaio 2002, n. 2 «Disciplina organica del turismo»), disponendo che «l'esercizio del commercio al dettaglio in sede fissa e' svolto senza limiti relativamente alle giornate di apertura e chiusura, a eccezione dell'obbligo di chiusura nelle seguenti giornate festive: 1° gennaio, Pasqua, lunedi' dell'Angelo, 25 aprile, l° maggio, 2 giugno, 15 agosto, 1° novembre, 25 e 26 dicembre»;

il richiamato art. 3, che ha modificato l'art. 30, della legge regionale n. 29 del 2005, disponendo che, «nei Comuni classificati come localita' a prevalente economia turistica, gli esercenti determinano liberamente le giornate di chiusura degli esercizi di commercio al dettaglio in sede fissa, in deroga a quanto disposto dall'art. 29». La disposizione impugnata precisa altresi' le localita' a prevalente economia turistica e stabilisce che con delibera «della Giunta regionale, su domanda del comune interessato, possono essere individuate ulteriori localita' a prevalente economia turistica, sulla base delle rilevazioni periodiche di Promo Turismo FVG». Secondo il ricorrente, gli impugnati artt. 1 e 3 violano l'art. 117, comma secondo, lettera e), Cost., che riserva alla competenza esclusiva dello Stato la materia «tutela della concorrenza», e gli artt. 4 e 6 dello statuto della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia, che definiscono la potesta' legislativa esclusiva della Regione in materia di commercio, da esercitare in armonia con la Costituzione, con i principi generali dell'ordinamento, con le norme fondamentali delle riforme economico-sociali e con gli obblighi internazionali dello Stato (art. 4, comma 1), potendo la Regione adeguare con norme integrative la legislazione statale alle proprie esigenze in alcune materie indicate dall'art. 6, ma non in materia di commercio. La disciplina uniforme degli orari e dei giorni di apertura degli esercizi commerciali atterrebbe alla materia «tutela della concorrenza»;

l'autonomia normativa regionale speciale non potrebbe dunque incidere su tale disciplina attribuita alla competenza legislativa esclusiva dello Stato (vengono richiamate le sentenze n. 104 del 2014, n. 270 e n. 45 del 2010, n. 160 del 2009, n. 430 e n. 401 del 2007). Espressione della competenza legislativa esclusiva dello Stato in questa materia sarebbe, ad avviso del ricorrente, l'art. 31, comma 2, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 (Disposizioni urgenti per la crescita, l'equita' e il consolidamento dei conti pubblici), convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma l, della legge 22 dicembre 2011, n. 214. La disposizione avrebbe liberalizzato l'attivita' imprenditoriale nel settore commerciale, stabilendo che «costituisce principio generale dell'ordinamento nazionale la liberta' di apertura di nuovi esercizi commerciali sul territorio senza contingenti, limiti territoriali o altri vincoli di qualsiasi altra natura, esclusi quelli connessi alla tutela della salute, dei lavoratori, dell'ambiente, ivi incluso l'ambiente urbano, e dei beni culturali». In particolare, il profilo degli orari e dei giorni di apertura e chiusura degli esercizi commerciali e' disciplinato dall'art. 3, comma 1, lettera d-bis), del d.l. n. 223 del 2006 (Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonche' interventi in materia di entrate e di contrasto all'evasione fiscale), come modificato dall'art. 31 del d.l. n. 201 del 2011, il quale stabilisce che le attivita' commerciali «individuate dal decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114» (recante «Riforma della disciplina relativa al settore del commercio, a norma dell'articolo 4, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59»), sono svolte senza il rispetto - tra l'altro - di orari di apertura e chiusura, dell'obbligo della chiusura domenicale e festiva, nonche' di quello della mezza giornata di chiusura infrasettimanale. L'imposizione generalizzata del divieto di apertura nei giorni festivi indicati dalla legge impugnata, e l'esclusione di quest'obbligo nei soli comuni a prevalente economia turistica, contrastano con tale assetto, «costituente disciplina della concorrenza e riforma economica fondamentale», sicche' la normativa in esame esulerebbe dalla materia «commercio», invadendo la competenza esclusiva statale, per contrasto con il d.l. n. 223 del 2006 e con il successivo d.l. n. 201 del 2011, come convertiti in legge. Le medesime violazioni si colgono anche in riferimento all'art. 3 della legge regionale n. 4 del 2016, che prevede la liberalizzazione totale dei giorni di apertura soltanto nei comuni a prevalente economia turistica, sotto il profilo della disparita' di condizioni territoriali di esercizio del commercio. La previsione di un regime differenziato si porrebbe, quindi, in contrasto con l'art. 117, comma 2, lettera e), Cost., e con i principi di liberalizzazione, uniformita' del mercato, par condicio degli operatori e uniformita' della disciplina, ribaditi dalla Corte Costituzionale fin dalla sentenza n. 430 del 2007 (richiamata anche la sentenza n. 8 del 2013), per contrasto con l'art. 3, comma 1, del d.l. n. 223 del 2006, come convertito in legge, che stabilisce la necessita' di «garantire la liberta' di concorrenza secondo condizioni di parita' e il corretto e uniforme funzionamento del mercato, nonche' di assicurare ai consumatori finali un livello minimo e uniforme di condizioni di accessibilita' ai beni e servizi sul territorio nazionale». 2.- Il Presidente del Consiglio dei ministri impugna, altresi', gli artt. 9 e 15 (recte: 15, comma 1, lettera c), della legge regionale n. 4 del 2016. 2.1.- La prima disposizione introduce, nella legge regionale n. 29 del 2005, l'art. 85-bis, dedicato ai «centri commerciali naturali», locuzione con la quale il legislatore regionale ha inteso definire un insieme «di attivita' commerciali, artigianali e di servizi, localizzate in una zona determinata del territorio comunale» e finalizzate «al recupero, promozione e valorizzazione delle attivita' economiche, in particolare delle produzioni locali, al miglioramento della vivibilita' del territorio e dei servizi ai cittadini e ai non residenti» (comma 1). Questi enti, ai sensi del comma 2 della norma censurata, possono costituirsi «in forma di societa' di capitali, societa' consortili e associazioni con finalita' commerciali» e «adottano iniziative di qualificazione e innovazione dell'offerta commerciale, di promozione commerciale, di acquisizione di servizi innovativi di supporto alle attivita' delle imprese aderenti»;

alla loro costituzione potrebbero aderire «le associazioni di categoria, la Camera di commercio e il Comune competenti per territorio e altri enti e associazioni che si prefiggano lo scopo di valorizzare il territorio» (comma 3). La disposizione impugnata, al comma 4, stabilisce altresi' che al fine di sostenere le attivita' previste, i «centri commerciali naturali» possono accedere ai contributi previsti dalla legge regionale n. 4 del 2016 (di cui all'art. 100 della legge n. 29 del 2005). 2.2.- Nel ricorso si evidenzia, inoltre, che l'art. 15 della legge regionale n. 4 del 2016, modifica l'art. 2, comma 1, lettera i), della legge regionale n. 29 del 2005, distinguendo la categoria degli «esercizi di vendita al dettaglio di media struttura», precedentemente comprensiva degli esercizi con superficie di vendita superiore a 250 mq e fino a 1500 mq, in «esercizi di media struttura minore», compresi tra 250 e 400 metri quadrati ed esercizi di «media struttura maggiore», compresi tra piu' di 400 e 1500 metri quadri. 2.3.- Le due disposizioni censurate introdurrebbero due nuove tipologie di esercizi commerciali non previsti dalle norme statali, secondo quanto...

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