n. 90 SENTENZA 22 febbraio - 28 aprile 2017 -

ha pronunciato la seguente SENTENZA nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 656, comma 9, lettera a), del codice di procedura penale, promossi dalla Corte d'appello di Milano, sezione per i minorenni, con ordinanze del 19 febbraio e del 13 maggio 2016, rispettivamente iscritte ai nn. 80 e 154 del registro ordinanze 2016 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 16 e 36, prima serie speciale, dell'anno 2016. Visti l'atto di costituzione di V. S., nonche' gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 22 febbraio 2017 il Giudice relatore Giorgio Lattanzi;

uditi l'avvocato Robert Ranieli per V. S. e l'avvocato dello Stato Massimo Giannuzzi per il Presidente del Consiglio dei ministri. Ritenuto in fatto 1.- La Corte d'appello di Milano, sezione per i minorenni, con ordinanza del 19 febbraio 2016 (r.o. n. 80 del 2016), ha sollevato, in riferimento agli artt. 27, terzo comma, e 31, secondo comma, della Costituzione, una questione di legittimita' costituzionale dell'art. 656, comma 9, lettera a), del codice di procedura penale, «nella parte in cui prevede il divieto di sospensione dell'ordine di esecuzione anche per titolo esecutivo di reati commessi da minorenne». Il rimettente premette che il Procuratore generale presso la Corte d'appello di Milano aveva emesso un ordine di esecuzione nei confronti di V. S., determinando la pena residua da espiare in un anno e undici mesi di reclusione e 400 euro di multa, «previa considerazione che i reati di rapina aggravata ex articolo 628, comma 3, c.p. di cui alla sentenza 101/2015 di questa Corte erano ostativi alla applicazione della sospensione ex articolo 656, 5° e 9° comma, c.p.p.». Con atto del 22 dicembre 2015 la difesa di V. S. aveva proposto un incidente di esecuzione ai sensi dell'art. 666 cod. proc. pen. e, dando atto che il Procuratore generale aveva respinto la propria richiesta di sospensione dell'esecuzione, aveva chiesto che venisse sollevata una «"questione di illegittimita' costituzionale dell'articolo 656, c. 9, lett. a) c.p.p. in quanto in conflitto con gli artt. 27, 3° c., e 31 della Costituzione, nella parte in cui si riferisce a titolo esecutivo per reati commessi da minorenne"». A sostegno della richiesta, la difesa del minore aveva fatto presente che «dal mese di giugno 2015 V. S. era domiciliato presso la residenza materna, gravato da obbligo di presentazione alla P.G.;

che si era rivolto in via autonoma [...] all'Istituto Il Minotauro di Milano intraprendendo un percorso di psicoterapia a cadenza settimanale;

e che stava iniziando lo svolgimento di attivita' socialmente utile presso l'Associazione Campacavallo». Il percorso di recupero sociale intrapreso era stato pero' interrotto dalla carcerazione del condannato. Ricostruito il quadro normativo e giurisprudenziale di riferimento, la Corte rimettente ha ritenuto che la questione sollevata non fosse manifestamente infondata. Nei confronti del minorenne, infatti, il divieto di sospensione dell'esecuzione della pena detentiva in caso di condanna per uno dei reati ostativi previsti dall'art. 656, comma 9, lettera a), cod. proc. pen. sarebbe in contrasto con l'art. 27, terzo comma, Cost., in relazione all'art. 31, secondo comma, Cost., il quale, prevedendo che la Repubblica protegge la maternita', l'infanzia e la gioventu', rafforza il principio «per cui la sanzione penale deve costituire occasione per il reinserimento sociale e la risocializzazione del condannato minorenne». Anche nella disciplina del processo penale minorile, dettata dal d.P.R. 22 settembre 1988, n. 448 (Approvazione delle disposizioni sul processo penale a carico di imputati minorenni), emergerebbe «una tensione ideale verso l'obiettivo che quel processo sia il piu' possibile confacente alle esigenze educative del minore imputato, sicche' espressamente nel decreto si prevede che il processo penale non interrompa processi educativi in atto (articolo 19, comma 2), si regolano plurimi interventi finalizzati a non intralciare lo svolgersi di un percorso educativo-evolutivo-relazionale, nel presupposto che l'interruzione potrebbe cagionare pregiudizio a personalita' in via di strutturazione, e si prevedono istituti inquadrabili in un ampio principio di residualita' della detenzione quale paradigma sanzionatorio». Insomma il processo penale a carico di imputati minorenni si caratterizzerebbe per la specifica funzione di recupero del minore, assunta a «"peculiare interesse-dovere dello Stato", anche a scapito della realizzazione della pretesa punitiva [...] (sent. 49/1973)», sia nella fase di cognizione, sia in quella di esecuzione, «attualmente regolata dall'Ordinamento penitenziario degli adulti, non risultando emanata la "apposita legge" prevista dall'articolo 79 della legge 354/1975». Peraltro, osserva il giudice a quo, la Corte costituzionale «ha gia' piu' volte sottolineato come l'assoluta parificazione tra adulti e minori possa confliggere con le esigenze di specifica individualizzazione e di flessibilita' del trattamento del detenuto minorenne», con la conseguenza che «la pura e semplice estensione ai detenuti minorenni della disciplina generale dell'Ordinamento penitenziario [...] contrast[a] con...

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