n. 87 ORDINANZA (Atto di promovimento) 1 marzo 2016 -

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE PRIMA SEZIONE PENALE Composta dagli Ill.mi signori Magistrati: Dott. Maria Cristina Siotto - Presidente;

Dott. Antonio Minchella - Consigliere;

Dott. Raffaello Magi - Rel. Consigliere;

Dott. Alessandro Centonze - Consigliere;

Dott. Antonio Cairo - Consigliere, Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso proposto da: Gatto Maria nata il 17 settembre 1966;

Rao Antonella nata l'8 aprile 1982;

Rao Palmina nata il 25 giugno 1986;

Rao Samanta nata il 13 gennaio 1988;

Alesci Luisella nata il 28 settembre 1971;

Bellinvia Carmela nata il 24 aprile 1939, avverso la sentenza n. 510/2013 Corte Appello di Messina, del 28 ottobre 2014;

Visti gli atti, la sentenza e il ricorso;

Udita in Pubblica udienza del 14 gennaio 2016 la relazione fatta dal Consigliere dott. Raffaello Magi;

Udito il Procuratore Generale in persona del dott. Paolo Canevelli, che ha concluso per l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata e la qualificazione delle proposte impugnazioni in appelli incidentali ex art. 322-bis c.p.p.;

Ritenuto in fatto 1. - La presente ordinanza e' relativa, previa separazione, alla trattazione dei ricorsi preposti da Gatto Maria, Rao Antonella, Rao Palmina, Rao Samanta (in relazione alla confisca disposta anche in danno di Rao Giovanni) Alesci Luisella e Bellinvia Carmela (in relazione alla confisca disposta anche in danno di Ofria Salvatore) avverso la sentenza emessa dalla Corte di Appello di Messina in data 28 ottobre 2014 nei confronti di Bucceri Concetto ed altri. Con tale sentenza di secondo grado e' stata confermata la statuizione di confisca emessa in primo grado dal GUP del Tribunale di Messina (sentenza del 31 ottobre 2012) avente ad oggetto, per quanto qui rileva, numerosi beni formalmente intestati ai soggetti ricorrenti ma ritenuti, di fatto, riferibili agli imputati Rao Giovanni ed Ofria Salvatore (le cui posizioni sono state trattate da questa Corte nel fascicolo principale). Quanto alle posizioni dei terzi intestatari formali dei beni - qui in rilievo - gli atti di appello sono stati dichiarati inammissibili dalla Corte territoriale, che aveva consentito la partecipazione degli appellanti alle udienze del giudizio di secondo grado in virtu' della proposizione di autonomi atti di impugnazione avverso la prima decisione. In sentenza dette impugnazioni sono state dichiarate inammissibili, posto che non viene ritenuta esistente la legittimazione autonoma dei terzi ad impugnare con appello la decisione sfavorevole emessa in primo grado anche nei loro confronti (rectius incidente sul loro diritto di proprieta'). Durante la celebrazione del giudizio di primo grado erano state proposte separate istanze di restituzione dei beni, decise in via cumulativa nella decisione emessa dal GUP. Da cio', tuttavia, non puo' dedursi - per come argomentato in sentenza - l'esistenza di un autonomo potere di impugnazione con diritto di proporre appello in capo ai terzi, posto che - ad avviso della Corte messinese - costoro avrebbero al piu' potuto impugnare la decisione reiettiva con ricorso per cassazione ai sensi dell'art. 127, comma 7, data la natura di ordinanza - in tale parte - della decisione di primo grado. Va ricordato, inoltre, che quanto al compendio patrimoniale oggetto di confisca la norma azionata risulta essere quella contenuta nell'art. 12-sexies, legge n. 356 del 1992 e succ. mod. (norma introdotta con d.l. n. 399 del 20 giugno 1994, come modificato in sede di conversione dalla legge 8 agosto 1994, n. 501). In relazione al rapporto tra i soggetti ricorrenti ed i beni confiscati, lo stesso e' rappresentato nella decisione di primo grado, nel cui corpo si respingono le istanze di restituzione formulate dai suddetti terzi (con riferimento ai contenuti espressivi del parere contrario trasmesso dal Pubblico Ministero integralmente rieditato in sentenza). Quanto all'imputato Rao Giovanni rilevano le posizioni del coniuge Gatto Maria e delle figlie Rao Antonella, Rao Palmina, Rao Samanta. Quanto all'imputato Ofria Salvatore rilevano le posizioni del coniuge Alesci Luisella e della madre Bellinvia Carmela. I beni oggetto di statuizione di confisca risultano in massima parte intestati formalmente a detti terzi in proprieta'. Trattasi di numerose unita' immobiliari urbane, di quote sociali relative a s.r.l., di terreni agricoli, autovetture, mezzi d'opera, il cui elenco risulta riportato nella decisione di primo grado. Le decisioni di merito hanno ritenuto la sostanziale natura fittizia di dette intestazioni (interposizione di persona), con riferibilita' di fatto a Rao Giovanni e Ofria Salvatore (condannati per il delitto di cui all'art. 416-bis cod.pen.) dell'intero patrimonio confiscato ed hanno ritenuto sussistente il parametro normativo della sproporzione tra il valore degli investimenti e la redditivita' lecita dei diversi nuclei familiari, anche evidenziando la derivazione dei redditi da attivita' di impresa risultata condizionata, in positivo, dalla appartenenza del Rao e dell'Ofria al sodalizio mafioso oggetto di ricostruzione processuale. 2. - Avverso la decisione di secondo grado, sin qui sinteticamente evocata, hanno proposto ricorso per cassazione, i terzi intestatari di beni sottoposti a confisca Gatto Maria, Rao Antonella, Rao Palmina, Rao Samanta (in riferimento alla posizione di Rao Giovanni) Alesci Luisella e Bellinvia Carmela (in riferimento alla posizione di Ofria Salvatore). 2.1. - Gatto Maria, Rao Antonella, Rao Palmina e Rao Samanta, con unico atto di ricorso, proposto dai difensori muniti di procura speciale, deducono al primo motivo violazione di legge e vizio di motivazione nonche' indicano quali norme violate gli articoli 23 e 24 della legge n. 87 del 1953. Intervenute nel giudizio di appello, le ricorrenti avevano formalmente proposto questione di legittimita' costituzionale dell'art. 593 cod. proc. pen. e 12-sexies legge n. 356 del 1992 per contrasto con piu' disposizioni della Carta, nella parte in cui tali norme escludono l'intervento diretto nel giudizio del titolare dei beni oggetto di sequestro e confisca. In sintesi, ad essere contestata e' la normativa vigente in tema di appello, che esclude la legittimazione ad impugnare la decisione sfavorevole in tema di misure di sicurezza patrimoniali, da parte dei terzi titolari formali di diritti sui beni oggetto di confisca. Viene evidenziato potenziale contrasto con l'articolo 6 della Convenzione Europea dei diritti dell'uomo, in tema di equita' del processo, nonche' in rapporto agli articoli 3, 24 e 42 Cost., con riferimento generale alla incidenza della decisione sul diritto di proprieta' senza possibilita' di adeguata tutela all'interno del processo. In ogni caso si evidenzia che su tale questione di costituzionalita' non e' intervenuta risposta alcuna da parte della Corte di Appello, ne' con separata ordinanza ne' con la sentenza che ha definito il grado (con esclusiva declaratoria di inammissibilita' delle proposte impugnazioni). Da cio' deriverebbe, in tesi, un vizio motivazionale della decisione, per incompletezza. In ogni caso si ripropone il dubbio di costituzionalita' della vigente disciplina normativa, nei termini suddetti. Al secondo motivo si deduce vizio di motivazione ed erronea applicazione degli articoli 593, 586 e 127 cod. proc. pen. Nel corpo della decisione di primo grado sono state contestualmente decise istanze di restituzione dei beni in sequestro, in taluni casi proposte dai terzi interessati. La scelta del giudicante di non trattare in via separata - ai sensi dell'art. 127 cod. proc. pen. - tali istanze ha determinato la impossibilita' di impugnare la decisione reiettiva, sia con l'appello - dichiarato inammissibile - che con un ipotetico ricorso per cassazione. Tale ricorso non era proponibile avverso la sentenza, stante la previsione ostativa di cui all'art. 586 cod. proc. pen. Si ritiene pertanto sussistente un vizio della decisione di primo grado, tale da travolgere le statuizioni di confisca ivi operate. Al terzo motivo si deduce omessa motivazione sui rilievi difensivi tesi a sostenere la legittimazione dei terzi a partecipare al giudizio di secondo grado. Si era sostenuta l'impugnabilita' della decisione di primo grado ai soli fini di tutela della proprieta'. Si era evidenziata, altresi', l'irragionevolezza di una disciplina - come quella vigente - che consente al terzo interessato di impugnare il provvedimento cautelare con il riesame e non la sentenza di primo grado che statuisce sulla confisca nel procedimento principale. Si era altresi' evidenziata la necessita' di una parificazione degli strumenti di tutela rispetto ad altri istituti analoghi dell'ordinamento giuridico, quali le misure di prevenzione patrimoniali che, nella configurazione normativa, offrono al terzo titolare di diritti la possibilita' di intervenire nel procedimento principale. Su tali quesiti non e' intervenuta risposta alcuna da parte della Corte di Appello, che si e' limitata a dichiarare inammissibili le proposte impugnazioni. Al quarto motivo, in ipotesi di ritenuta ammissibilita' del ricorso per cassazione, si deduce vizio di motivazione sulla statuizione di confisca. Il contenuto del motivo articola doglianze sui profili ricostruttivi di tipo patrimoniale e presuppone la risoluzione delle questioni antecedenti nel senso della ammissibilita' del ricorso. 2.3. - Il ricorso proposto da Bellinvia Carmela - a mezzo del difensore e procuratore speciale - risulta strutturato in modo del tutto analogo e pertanto si rinvia alla sintesi sin qui esposta. Vengono riproposte le questioni in punto di legittimazione e i vizi di motivazione della decisione impugnata. 2.4. - Anche il ricorso proposto da Alesci Luisella - a mezzo del difensore e procuratore speciale - propone questioni del tutto analoghe e contesta la omessa motivazione sulle questioni poste in sede di legittimazione, ivi compresa la questione incidentale di legittimita' costituzionale. Si compie riferimento, al fine di...

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