n. 75 ORDINANZA (Atto di promovimento) 23 maggio 2017 -

TRIBUNALE DI REGGIO EMILIA Sezione penale Il Tribunale, composto dai Magistrati: dott. Francesco Caruso - Presidente;

dott. Cristina Beretti - Giudice;

dott. Andrea Rat - Giudice. Ordinanza 1. Avanti l'intestato Tribunale si sta celebrando il maxi processo, cosiddetto processo Aemilia, che vede imputate piu' di centocinquanta persone sia per il reato di associazione a delinquere di stampo 'ndranghetistico che per molteplici reati fine aggravati dall'art. 7, legge n. 203/1991. All'odierna udienza tutti i difensori, con il consenso degli imputati in stato di custodia cautelare in carcere, hanno aderito allo sciopero proclamato dall'OUA. Nel solo mese di maggio, la presente rappresenta la seconda astensione proclamata dagli organismi di categoria alla quale hanno aderito i difensori ed acconsentito gli imputati che si trovano in stato di custodia cautelare in carcere. Nella precedente occasione, il Tribunale, dubitando della legittimita' della disciplina dettata dai codice di autoregolamentazione e contenuta nell'art. 4, comma 1, lettera b), aveva sollecitato, ai sensi dell'art. 13, lettere a) e b), legge n. 146/1990, la Commissione di garanzia per lo sciopero nei servizi pubblici essenziali a pronunciarsi su una serie di questioni che qui si riportano cosi' come all'epoca strutturate: «... Nel disporre il rinvio dell'udienza osserva tuttavia il tribunale come la specifica previsione del codice di autoregolamentazione che consente agli avvocati di dare corso alla dichiarazione di astensione in un processo con rilevante numero di detenuti (oltre venti), in qualche caso sottoposti al regime di cui all'art. 41-bis dell'ordinamento penitenziario, se gli imputati prestino consenso all'iniziativa dei propri difensori, presenti profili da sottoporre in via preliminare alla autonoma valutazione della Commissione affinche' la stessa, sulla base dell'esperienza del caso concreto, possa rivalutare il consenso dato al predetto Codice sulla base delle forme e degli strumenti d'azione che alla stessa Commissione sono conferiti dalla legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali. Segnala il tribunale come la disposizione in questione, applicata nel contesto di un processo delle dimensione di quello attualmente in corso avanti al tribunale di Reggio Emilia con circa centocinquanta imputati, centinaia di capi d'imputazione, centinaia di testimoni, migliaia di pagine di trascrizioni, di intercettazioni telefoniche e ambientali, in corso da oltre un anno, con prevedibile ulteriore lunga durata, con elevatissimi costi per la collettivita' per vigilanza, sicurezza, predisposizione dell'aula d'udienza, servizi di videoconferenza e di assistenza tecnica, e altro ancora e soprattutto con detenuti in custodia cautelare dal 28 gennaio 2015, non realizza alla prova dell'esperienza concreta quel giusto equilibrio di valori e interessi contrapposti che la Suprema Corte considera per principio attuato dal giudizio della Commissione di garanzia che supera ogni diversa concreta valutazione di altri organi. Il tribunale intende soffermarsi sulla previsione che consente a oltre venti detenuti che si protestano innocenti e che proprio in forza di tale rivendicata posizione processuale hanno nelle precedenti occasioni di astensione dalle udienze, svoltesi in marzo e aprile di quest'anno, negato il consenso ai difensori, di cambiare opinione e di accedere alla richiesta dei propri difensori, abdicando alla tutela del proprio fondamentale diritto di essere processati nel piu' breve tempo possibile e comunque in tempi ragionevoli, rinunciando pertanto a qualsivoglia possibilita' di tutela della presunzione di innocenza e della liberta' personale, se solo si considera che per effetto del consenso prestato, i detenuti subiranno la sospensione dei termini di custodia cautelare di fase per un tempo che resta affidato alla discrezionalita' del giudice nel determinare il calendario delle nuove udienze e che in ipotesi potrebbe essere ben piu' lungo rispetto a una ripresa dei lavori d'aula al termine dello sciopero proclamato: una sospensione di termini che potrebbe essere ancora prolungata in occasione di nuove sospensioni che dovessero cadere nel corso di un processo che si presenta ancora lungo, non avendo gli avvocati esaurito il pacchetto di giornate di astensione che il codice di autoregolamentazione assicura. In sostanza, in questa prospettiva, sono gli imputati detenuti a pagare il costo dell'astensione poiche' non solo la loro custodia cautelare potrebbe protrarsi per tempi non predefiniti ma rispetto a un'eventuale valutazione di ingiusta detenzione non potrebbero far valere in alcun modo il diritto all'indennizzo per tutti i giorni di ingiusta custodia cautelare sofferta, in parte qua imputabile alla scelta di consentire all'astensione dei difensori e quindi alla disponibilita' del proprio diritto ad essere giudicati in custodia cautelare entro i rigorosi termini di fase fissati dal codice di procedura. In sostanza il tribunale, riservandosi di valutare approfonditamente la questione di legittimita' costituzionale dell'attuale assetto normativo dell'astensione dei difensori, considera elemento costitutivo di una tale valutazione la risposta che la Commissione vorra' dare, tramite l'esercizio dei poteri di competenza, all'interpello di questo tribunale di rivalutare sul punto l'approvazione concessa al Codice di autoregolamentazione dell'astensione dei professionisti avvocati che sembra violare il principio di indisponibilita' della liberta' personale, il principio di ragionevolezza e di uguaglianza, posto che viene attribuito allo sciopero dei difensori una valenza superiore allo sciopero di altre categorie di lavoratori del settore regiustizia, quali ad esempio magistrati e personale di cancelleria, tenuti inderogabilmente a celebrare processi con imputati detenuti in costanza di astensione dalle udienze, il principio di presunzione di innocenza, e il diritto di difesa. E' evidente, infatti, che il sistema, nell'assegnare all'imputato detenuto la scelta sul consentire o meno l'astensione del proprio difensore mette in fibrillazione il rapporto fiduciario e in conflitto la posizione dell'assistito con quella del difensore, facendo pagare al detenuto che non sia d'accordo con la richiesta del difensore il rischio di compromissione del rapporto fiduciario, tanto piu' se, come sembra, il costo dell'eventuale ingiusta detenzione subita per effetto della sospensione del termine di custodia cautelare finisca col ricadere unicamente sul detenuto al quale tale periodo non dovrebbe essere risarcibile. Su questa linea sembra irragionevole che i costi dell'astensione dei difensori ricadano sull'imputato detenuto, presunto innocente, che rappresenta un soggetto esterno alle ragioni dello sciopero, non certo controparte sia pure in senso lato della categoria in sciopero, a meno di non voler considerare l'imputato detenuto come parte dell'utenza del servizio giustizia che, secondo una tesi, costituisce la controparte dello sciopero degli avvocati. Ma in questo modo, paradossalmente, chi paga i costi dello sciopero sono gli stessi clienti dell'avvocato, imponendo di estendere il rapporto fiducia e il rapporto di prestazione d'opera fino a imporre al cliente un costo e un sacrificio del tutto inaccettabile quale la rinuncia a giorni di liberta' personale, il protrarsi della cui privazione il cliente deve accettare se intende mantenere il rapporto fiduciario e comunque quale prezzo della difesa. Ma anche a volere considerare la questione sotto diverso ambito e' evidente come lo Stato non possa rimettere a scelte privatistiche e soggettive la rigorosa disciplina di pubblico interesse sulla durata della custodia cautelare. La liberta' e la sicurezza sono diritti fondamentali che lo Stato deve assicurare ai cittadini, operando opportuni bilanciamenti con altri interessi pubblici di pari rango. Tra i casi che in base alla Convenzione europea dei diritti dell'uomo giustificano la detenzione della persona non sono e non potrebbero essere previste quelle situazioni in cui l'arresto del soggetto si protrae per la tutela dell'interesse di categoria dei difensori. E se una soluzione del genere potrebbe essere riconosciuta nelle situazioni eccezionali di cui all'art. 7 del Codice di autoregolamentazione, in cui per la tutela dei principi fondamentali il detenuto puo' anche rinunciare alla vita e ad altri beni fondamentalissimi, come forma di protesta estrema per la tutela dei principi costituzionali, tutto cio' non appare prima facie plausibile in una situazione di ordinaria conflittualita' quale quella attualmente in corso. Va poi considerato, secondo una diversa prospettazione, che la sospensione dei termini di custodia cautelare e' relativa sola alla fase in cui si verifica la relativa causa. Tale sospensione non incide sui termini di durata massima della custodia cautelare. Cio' significa che lo sciopero degli avvocati, assentito dai detenuti, finisce con l'incidere su elementi di base della sovranita' popolare, finendo con l'incidere sull'equilibrio che la legge ha individuato tra sacrificio complessivo della liberta' personale prima della condanna definitiva, ed esigenze di sicurezza, particolarmente elevate in determinati casi, che impongono che il processo si svolga con gli imputati in custodia cautelare. In questo modo lo sciopero degli avvocati incide direttamente, privandole di corrispondente efficacia, sulle determinazioni legislative che assegnano all'autorita' giudiziaria un certo tempo per pronunciare la sentenza definitiva con imputato detenuto, congelando tutte i periodi di sciopero che si svolgono durante le diverse fasi del processo che possono cumulativamente giungere a diversi mesi, per ogni anno di durata del processo. Se il legislatore non tollera che la durata complessiva del processo nelle sue diverse fasi incida sulla liberta' dell'imputato oltre un certo limite, alla base di tale vincolo deve esserci la garanzia che...

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