n. 70 ORDINANZA (Atto di promovimento) 23 settembre 2014 -

ORDINANZA 1 - Il sig. Caleffi Claudio ricorre nei confronti dell'Agenzia delle Entrate, Direzione Provinciale di Reggio Emilia avverso cartella di pagamento contenente iscrizione a ruolo per tassa e sanzioni relative ad un omesso versamento di tassa cc.gg. per telefonia mobile;

valore della causa ai fini della nota spese €

  1. 2 - Una questione pregiudiziale sulla validita' della costituzione del Giudice: le norme parametro Il Collegio ritiene di dover esaminare, d'ufficio, una questione pregiudiziale, attinente la validita' della costituzione del Giudice, anche ai fini e per gli effetti dell'art. 158 c.p.c., alla luce non tanto delle norme di legge italiana che regolano la materia, ma dei precetti costituzionali rilevanti in materia (in particolare, l'art. 111 Cost. e, sia autonomamente, sia in combinato disposto con quest'ultimo, l'art. 6 della Convenzione Europea per la Salvaguardia dei diritti fondamentali dell'Uomo (d'ora innanzi, Cvedu), per come interpretata e applicata dalla Corte di Strasburgo (d'ora innanzi, CEDU). Questo Collegio non ignora, infatti, che la violazione delle disposizioni di cui alla Cvedu da parte degli Stati aderenti alla Stessa, tra cui l'Italia e' destinata a comportare almeno due ordini di conseguenze. La prima, che non rileva direttamente in questa sede, e' la possibile condanna dello Stato a un indennizzo al soggetto leso, in forza dell'art. 41 Cvedu. La seconda, che qui invece rileva direttamente, e' la incidenza della violazione della Cvedu sulla validita' e legittimita' delle norme interne. Questo Collegio non ignora che quanto a quest'ultimo profilo si contendono il campo due tesi. La prima, fatta propria dalla Corte Costituzionale italiana (C. Cost. 24 ottobre 2007, nn. 348 e 349, nonche' la sentenza 11 marzo 2011, n. 80), assume che le norme Cvedu sarebbero parametri interposti di legittimita' costituzionale, tali che la loro violazione determina la illegittimita' costituzionale delle norme interne. La seconda, di recente accolta dalla Corte di Cassazione (Sent. n. 17892 del 12 agosto 2014), secondo la quale nel contrasto con la Cvedu, il giudice italiano potrebbe direttamente disapplicare la norma interna. Questo Collegio ritiene di doversi allineare alla soluzione indicata dalla Corte costituzionale, sia per ragioni di prudenza, non ravvisandosi un orientamento consolidato della Corte di Cassazione nel secondo senso, sia perche', come si vedra' oltre, la soluzione della disapplicazione appare comunque inidonea a risolvere il problema giuridico che si pone. La questione pregiudiziale verra' quindi esaminata sotto il profilo della rilevanza e non manifesta infondatezza. 3. L'applicazione della Cvedu al processo tributario. Questo Collegio non ignora che, come rilevato dalla dottrina italiana piu' attenta ai diritti fondamentali in ambito finanziario, a tutta prima, occuparsi della compatibilita' del diritto tributario italiano con le previsioni della CEDU puo' apparire un esercizio di stile. La nota giurisprudenza della CEDU, ha, infatti, finora escluso dalla applicazione della clausola del giusto processo, di cui all'art. 6 CEDU, proprio il giudizio tributario (CEDU 12 luglio 2001, Ferrazzini v. Italia). La questione, tuttavia, e' tutt'altro che priva di motivi di interesse e rilevanza concreta, anche nel presente processo. In primo luogo, a livello processuale, perche' la clausola del giusto processo e' comunque applicabile a tutti i processi tributari, quale quello presente, nei quali siano in gioco sanzioni, non importa se qualificate quali penali o amministrative dagli ordinamenti interni (CEDU, 23 novembre 2006, Jussila v. Finlandia). In secondo luogo, a livello procedimentale, perche' le norme, in genere, sulla tutela dei diritti fondamentali sono comunque applicabili ogniqualvolta la attuazione della pretesa tributaria venga a impattare con diritti fondamentali, come nel caso della frizione tra poteri di indagine finanziaria e diritti dell'individuo (CEDU, 21 febbraio 2008, Ravon e altri v. Franci

  1. In terzo luogo, al livello sostanziale, perche' e' pacifico nella stessa giurisprudenza CEDU, che la normativa sostanziale tributaria deve essere compatibile con la tutela dei diritti fondamentali presidiati dall'art. 1 del Primo Protocollo. E poi, in ogni caso, tornando alla materia processuale, perche' la disciplina di fonte CEDU, per quanto non direttamente applicabile al processo tributario, costituisce un modello evidentemente cogente di "giusto processo";

modello con il quale, se non altro concettualmente, l'ordinamento italiano deve confrontarsi. Non solo, ma atteso che, ai sensi dell'art. 111 Cost., non sembrano consentite esclusioni dall'applicazione del principio per nessun tipo di giudizio e, dall'altro, tale principio sembra porsi nello stesso modo rispetto a tutti i giudizi, non pare fuor di luogo ritenere (o almeno argomentare) che, nella misura in cui il concetto di giusto processo di fonte CEDU impatta sui processi non tributari italiani, attraverso il principio di uguaglianza e la portata generale dell'art. 111 Cost., esso finirebbe per interessare anche il processo tributario. Le movenze del sillogismo che qui si propone sono le seguenti. Premessa maggiore: ai sensi degli artt. 111 e 3 Cost. tutti i processi debbono essere ugualmente "giusti". Premessa minore: le norme CEDU si applicano (come parametri interposti di costituzionalita') ai processi non tributari. Conclusione: le norme CEDU si applicano indirettamente (per la via degli artt. 3 e 111 Cost. e come parametri di costituzionalita') anche al processo tributario, indipendentemente dal fatto che nel processo si controverta di sanzioni. In ogni caso, nella presente controversia, sono in gioco sanzioni e, pertanto, la diretta rilevanza del parametro dell'art. 6 Cvedu e' da ritenersi pacifica (Corte CEDU, 23 novembre 2006, Jussila v. Finlandia). 4. La giurisprudenza della CEDU sull'art. 6 della Convenzione, in particolare quanto ai requisiti di indipendenza e imparzialita' del giudice. Tanto premesso, risulta conclusione necessitata di un sillogismo elementare quella secondo cui, controvertendosi nel presente processo (anche) di sanzioni tributarie, la costituzionalita' delle norme da applicarsi, anche per quanto attiene alla costituzione del giudice, deve essere valutata anche alla luce dell'art. 6 Cvedu, come interpretato dalla CEDU. La giurisprudenza della CEDU in tema di indipendenza e imparzialita' del Giudice e', dal punto di vista generale e definitorio, consolidata. Cosi' come e' consolidata la tendenziale trattazione unitaria delle due condizioni. Si e' felicemente osservato che in tale giurisprudenza, spesso, i requisiti di indipendenza e imparzialita' che il "tribunale" chiamato a decidere le controversie deve soddisfare costituirebbero una "endiadi di contenuto non dissociabile" e, tutto sommato, non particolarmente utile tentare di scindere i due concetti (Corte CEDU 22 giugno 1989, Langborger c/ Suisse, § 32 e 8 febbraio 2000, Mc Gonnel v. United Kingdom). Nei limiti, pertanto, di una certa approssimazione, e' espressione ricorrente quella secondo cui, andando gia' nella giurisprudenza meno recente: "In order to establish whether a body can be considered "independent", regard must be had, inter alia, to the manner of appointment of its members and their term of office, to the existence of guarantees against outside pressures and to the question whether the body presents an appearance of independence (see, inter alia, the Campbell and Fell judgment of 28 June 1984, Series A no. 80, pp. 39-40, para. 78). As to the question of impartiality, a distinction must be drawn between a subjective test, whereby it sought to establish the personal conviction of a given judge in a given case, and an objective test, aimed at ascertaining whether the judge offered guarantees sufficient to exclude any legitimate doubt in this respect (see, amongst other authorities, the De Cubber judgment of 26 October 1984, Series A no. 86, pp. 13-14, para. 24)" (Corte CEDU 22 giugno 1989, Langborger v. Suisse, § 32). Ne risulta che l'indipendenza va testata, verificando in primo luogo: a) le modalita' di selezione del giudicante;

b) la durata del mandato;

c) l'esistenza di protezioni contro le pressioni esterne e d) l'apparenza di indipendenza. L'imparzialita' andrebbe invece verificata sia in esito a un test "soggettivo", volto a verificare l'esistenza di un concreto e personale pregiudizio del Giudice, come fenomeno psicologico individuale, sia di un test "oggettivo", volto a verificare se, comunque, sia garantita l'apparenza di assenza di pregiudizio, indipendentemente dall'accertamento della sussistenza concreta di esso (Corte CEDU 10 gennaio 2012, Pohoskal v. Poland, § 35 ss.). Cosi', quanto alla modalita' di selezione, e' stata in primo luogo ritenuta legittima la nomina governativa dei Giudici, purche' la loro indipendenza sia garantita da un accertamento obiettivo della competenza, la clausola della inamovibilita' e l'esclusione di pressioni esterne (Corte CEDU 28 giugno 1984, Campbell and Fell v. the United Kingdom e 27 aprile 2000, Loyen v. France). Al contrario, la nomina governativa diviene pregiudicante ove tali ulteriori garanzie "compensative" non siano assicurate (Corte CEDU 2 settembre 1998, Lauko v. Slovakia, § 64), come quando sia la selezione, che le regole applicabili, sia la permanenza nell'Ufficio dipendano dalla autorita' amministrativa o governativa che designa il Giudicante (Corte CEDU 18 maggio 2010, Szal v. Poland, § 58-59). Legittima altresi' la creazione di giudici speciali per singole materie con la previsione di requisiti particolarmente restrittivi, se proporzionati alla particolarita' dell'oggetto del giudizio (Corte CEDU 21 giugno 2011, Fruini v. Slovakia). Evidentemente incompatibile con l'affermazione di indipendenza invece un tribunale militare nel quale l'Autorita' militare che rileva la violazione abbia il potere di formulare l'imputazione, convocare la...

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