n. 69 ORDINANZA (Atto di promovimento) 15 marzo 2018 -

IL TRIBUNALE DI PISA in composizione collegiale, in persona dei magistrati: dott. Nicola Antonio Dinisi, Presidente;

dott. Marco Viani, giudice relatore/estensore;

dott. Enrico D'Alfonso, giudice, a scioglimento della riserva che precede, ha pronunciato la seguente ordinanza, osservato quanto segue. Le ricorrenti, l'una cittadina statunitense e l'altra cittadina italiana, in proprio e nella dichiarata qualita' di genitori del figlio minore, hanno presentato ricorso ex art. 95 decreto del Presidente della Repubblica 396/2000 esponendo che il minore era nato a Pontedera e che l'ufficiale dello stato civile del Comune di Pisa si era rifiutato di ricevere la dichiarazione di nascita espressa congiuntamente dalla ricorrente cittadina statunitense quale madre gestazionale, e dalla ricorrente cittadina italiana quale madre intenzionale, in forza del consenso alla fecondazione eterologa (avvenuta in Danimarca). Secondo l'Ufficiale di Stato civile, il riconoscimento non era consentito dall'art. 250 c.c., che fa riferimento a un genitore di sesso maschile e a uno di sesso femminile. Le ricorrenti hanno argomentato che dovevano applicarsi gli artt. 8 e 9 della legge 40/2004 secondo cui il consenso alla donazione di gamete rende genitore (ritenendo la discriminazione di genere vietata dalla Costituzione e dalla CEDU), e comunque la norma di diritto internazionale privato italiano che rinvia in materia di riconoscimento alla legge personale del minore e, in caso di piu' cittadinanze, comunque quella piu' favorevole (osservando che in forza della legge dello Stato del Wisconsin i soggetti che hanno prestato il consenso alla procreazione medicalmente assistita eterologa sono genitori senza discriminazione di genere), dolendosi inoltre che fosse stata negata al minore la cittadinanza dell'Unione europea in violazione del principio di non discriminazione per orientamento sessuale in relazione all'art. 20 TFUE. In punto di fatto, premesso di coltivare da anni una relazione affettiva stabile e di aver contratto matrimonio negli Stati Uniti il 1° agosto 2014, hanno esposto di aver avviato una procedura di procreazione medicalmente assistita eterologa con seme di donatore anonimo, esprimendo entrambe consenso. Hanno poi argomentato che l'omogenitorialita' non e' contraria all'ordine pubblico e che nessuna norma stabilisce nell'ordinamento italiano che i genitori debbano essere necessariamente di due generi anagrafici diversi, mentre diversi provvedimenti dell'autorita' giudiziaria italiana che hanno ammesso una simile filiazione. Hanno invocato gli artt. 3 e 31 Cost., che proscrivono interpretazioni discriminatorie, lesive del diritto fondamentale alla formazione della famiglia, riconosciuto e tutelato dagli artt. 2 e 31 Cost. Hanno richiamato precedenti che hanno consentito l'adozione in casi particolari ex art. 44 lettera d) legge 184/1983 da parte della compagna della madre biologica (Trib. Min. Roma, 30 luglio 2014;

App. Roma, 23 dicembre 2015), che hanno ordinato la trascrizione di un certificato di nascita straniero che indicava due madri quale genitrici (App. Torino, 4 dicembre 2014) o riconosciuto l'efficacia di un decreto straniero di adozione coparentale (App. Milano, 1° dicembre 2015). Hanno citato poi Cass., 11 gennaio 2013 n. 601 (secondo cui l'inserimento di un minore in una famiglia incentrata su una coppia omosessuale non e' di per se' dannoso), e la pronuncia della Corte EDU X c. Austria (19 febbraio 2013, che ha ritenuto contraria all'art. 14 della Convenzione EDU la differenza di trattamento che la legge austriaca riservava al partner omosessuale, che non poteva adottare il figlio del compagno, mentre cio' sarebbe stato consentito al partner eterosessuale). Hanno argomentato che ai sensi dell'art. 8 legge 40/2004 i nati a seguito dell'applicazione delle tecniche di procreazione medicalmente assistita hanno lo stato di figli legittimi o di figli riconosciuti della coppia che ha espresso la volonta' di ricorrere alle tecniche medesime e che cio' valeva anche per coppie, del medesimo o di diverso sesso, che avessero fatto ricorso all'estero alla procreazione medicalmente assistita, e che, ai sensi del successivo art. 9, in caso di ricorso a procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo il coniuge o il convivente che vi hanno consentito non puo' esercitare l'azione di disconoscimento della paternita'. Hanno anche osservato che secondo la giurisprudenza della Corte EDU, pur se l'accesso alla PMA eterologa non e' un diritto imposto agli Stati dalla Convenzione, pur tuttavia laddove un diritto e' liberamente riconosciuto e ammesso dallo Stato, questo non puo' discriminare in ragione dell'orientamento sessuale. Hanno invocato comunque la garanzia dell'interesse del minore alla bigenitorialita'. Dal punto di vista del diritto internazionale privato, hanno osservato che la legge personale della madre gestazionale e' quella dello Stato del Wisconsin, quale stato di ultima residenza (domicile), e che il figlio ha quindi la cittadinanza statunitense per nascita, e hanno richiamato l'art. 33 comma 1 legge d.i.p. («Lo stato di figlio e' determinato dalla legge nazionale del figlio o, se piu' favorevole, dalla legge dello Stato di cui uno dei genitori e' cittadino, al momento della nascita»). Hanno quindi esposto che la legge dello Stato del Wisconsin considera genitore il coniuge che ha dato il consenso davanti ad un medico alla procreazione medicalmente assistita, anche eterologa [2013-14 Wisconsin Statutes, Art. 891.40 (1) If, under the supervision of a licensed physician and with the consent of her husband, a wife is inseminated artificially with semen donated by a man not her husband, the husband of the mother at the time of the conception of the child shall be the natural father of a child conceived. The husband's consent must be in writing and signed by him and his wife. The physician shall certify their signatures and the date of the insemination, and shall file the husband's consent with the department of health services, where it shall be kept confidential and in a sealed file except as provided in s. 46.03 (7) (bm). However, the physician's failure to file the consent form does not affect the legal status of father and child ... (Se, sotto la supervisione di un medico autorizzato e con il consenso del marito, una moglie e' sottoposta a inseminazione artificiale con sperma donato da un uomo che non e' il marito, il marito della madre al momento del concepimento del figlio sara' il padre biologico [si traduce in questo modo l'espressione natural father per evitare equivoci con quella italiana di padre naturale] del figlio concepito. Il consenso del marito deve essere rilasciato per atto scritto firmato da lui e dalla moglie. Il medico certifichera' le firme e la data dell'inseminazione, e inviera' il consenso del marito al department of health, dove sara' mantenuto riservato in un archivio segreto, salvo che per quanto previsto all'art. 46.03. Comunque, il mancato invio del consenso del marito da parte del medico non inficia lo status legale del padre e del figlio...)], precisando che, a livello federale a seguito della sentenza della Corte federale degli Stati uniti Obergefell, ma per lo Stato del Wisconsin gia' con la sentenza definitiva del 2014 Baskin v. Bogan, tutte le norme devono essere lette in senso neutro per quanto riguarda il genere (gender-neutral). Hanno infine argomentato che, come la perdita, anche l'acquisizione della cittadinanza europea ricade nella sfera del diritto dell'Unione e che quindi le norme che attuino nell'acquisizione della cittadinanza una discriminazione, anche per associazione, motivata dall'orientamento sessuale devono essere disapplicate. Hanno quindi chiesto che, accertata l'illegittimita' del rifiuto, il Tribunale ordinasse la rettificazione dell'anno di nascita, perche' vi fosse indicato che il minore era nato a seguito di tecniche di procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo con consenso prestato da entrambe le ricorrenti. L'Avvocatura dello Stato, per conto del Sindaco quale Ufficiale del Governo, del Ministro dell'interno e dell'Ufficio territoriale del Governo, premesso che l'atto di matrimonio delle ricorrenti non era trascrivibile in Italia, e che nel nostro ordinamento le ricorrenti non avevano lo status di coniugi, ha osservato che il bambino era nato in Italia, sicche' il Sindaco era chiamato a formare un atto di nascita e non a trascriverne uno formato all'estero, che non vi era alcun legame biologico tra la madre intenzionale e il bambino, e che la stessa chiedeva di esserne riconosciuta genitrice e non di adottarlo. Ha pertanto richiamato numerose disposizioni dell'ordinamento italiano che presuppongono la diversita' di sesso tra i genitori (e segnatamente gli artt. 231, 243-bis, 250, 269 comma 3 c.c., 5, 6, 8, 9,11 legge 40/04), concludendo pertanto per l'inapplicabilita' diretta degli artt. 8 e 9 della legge 40/04 (osservando che, anche dopo la sentenza della Corte costituzionale 162/2014, l'accesso alla procreazione medicalmente assistita eterologa era consentito solamente in caso di accertata patologia da cui dipendeva la sterilita' o infertilita' assoluta, fermi i requisiti soggettivi gia' previsti e quindi anche la diversita' di sesso). Ha ritenuto inconferente il richiamo dell'art. 8 CEDU, che non fonda ne' un diritto alla prole, ne' un diritto ad avere due genitori, osservando che non vi e' alcuna discriminazione di genere, perche' neppure una coppia eterosessuale, che avesse fatto ricorso alla procreazione medicalmente assistita eterologa all'estero in violazione delle disposizioni di legge italiana, potrebbe ottenere la formazione in Italia di un atto di nascita in cui il genitore intenzionale venga indicato come genitore, e che comunque la giurisprudenza della Corte EDU si era sempre riferita all'adozione mentre l'unica volta che si era occupata di divieto di procreazione medicalmente assistita eterologa (S.H. et al. c...

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