n. 60 ORDINANZA (Atto di promovimento) 5 dicembre 2016 -

IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE DELLA CAMPANIA (Sezione quarta) Ha pronunciato la presente ordinanza sul ricorso numero di registro generale 5975 del 2014, proposto da: Concetta Anna Cantore, Daniela Canzoneri, Giuseppe Capodanno, Paola Ciannella, Paolo Del Vecchio, Stefano De Rosa, Giuseppe Di Sirio, Alessandro Ferri, Michele Gerardo, Vinca Giannuzzi Savelli, Eliana Riggio, Andrea Rippa, Carmine Roberto, Luciana Tesauro, Mariano Valente, Federico Vigoriti, rappresentati e difesi dall'avvocato Orazio Abbamonte, codice fiscale BBMRZO61S17F839L, con domicilio eletto presso il suo studio in Napoli, viale Gramsci n. 16, contro la Presidenza del Consiglio dei ministri, Ministero dell'economia e delle finanze, Avvocatura generale dello Stato, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12, nei confronti di Teresa Maffei non costituito in giudizio, per l'accertamento: della lesione dello status giuridico e del trattamento economico in godimento ai ricorrenti derivante dalla attuazione dell'art. 9, commi 2, 4 ed 8 del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, previa rimessione della questione di legittimita' alla Corte costituzionale;

dell'art. 9, comma 2 citato, secondo cui e' abrogato il comma 3, art. 21, testo unico di cui al regio decreto n. 1611/1933, con efficacia per le sentenze depositate successivamente alla data di entrata in vigore del decreto-legge;

dell'art. 9, comma 4 del decreto-legge citato;

dell'art. 9, comma 8 dettante norme intertemporali;

il tutto con riferimento ai parametri degli articoli 2, 3, 23, 35, 36, 42, 53, 77 e 97 della Costituzione. Per l'annullamento: della comunicazione di servizio n. 52 del 30 settembre 2014 con cui, in esecuzione della citata normativa, sono state impartite disposizioni agli avvocati e procuratori dello Stato ed all'ufficio liquidazione in ordine alle richieste di liquidazione di onorari;

del provvedimento del 3 ottobre 2014 con cui l'avvocato distrettuale dello Stato di Napoli ha disposto la restituzione della notula inoltrata da un avvocato dello Stato al fine di conseguire la liquidazione delle spese compensate in un giudizio concluso con piena vittoria della parte pubblica dinanzi al Tribunale di Napoli. Visti il ricorso e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Presidenza del Consiglio dei ministri e di Ministero dell'economia e delle finanze e di Avvocatura generale dello Stato;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12 ottobre 2016 la dott.ssa Anna Pappalardo e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Premettono i ricorrenti, avvocati e procuratori dello Stato in servizio presso l'Avvocatura distrettuale dello Stato di Napoli, che fino all'entrata in vigore dell'art. 9 del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 11 agosto 2014, n. 114, il loro trattamento economico era regolato dal regio decreto 30 ottobre 1933, n. 1611, nonche' dalle leggi 2 aprile 1979, n. 97, e 3 aprile 1979, n. 103. Tale disciplina prevedeva, in particolare: una quota fissa, commisurata a ruolo, titolo e grado del personale dell'Avvocatura ed equiparata, per il quantum, al trattamento dei magistrati dell'ordine giudiziario;

una quota variabile, in funzione dell'esito delle controversie patrocinate, quando la pubblica amministrazione non risulti soccombente;

l'esazione, a cura della stessa Avvocatura dello Stato, delle competenze di avvocato nei confronti delle controparti, liquidate con sentenza od ordinanza, oppure pattuite per rinuncia o transazione. Le somme cosi' raccolte (detratto il 12,50% per il personale amministrativo) venivano ripartite nella misura di sette decimi tra gli avvocati di ciascun ufficio, in base a norme regolamentari;

e di tre decimi, in misura uguale fra tutti gli avvocati dello Stato. Soggiungono inoltre che, nei casi di transazione dopo sentenza favorevole allo Stato, o di pronuncia con compensazione delle spese in controversie nelle quali l'Amministrazione comunque non sia stata soccombente, l'erario corrispondeva all'Avvocatura la meta' delle competenze che sarebbero state liquidate. Il descritto quadro e' stato parzialmente modificato per effetto dell'art. 1, comma 457, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, che ha disposto una riduzione nella misura del 75%, per il triennio 2014-2016, dei compensi liquidati a seguito di sentenza che riconosceva la Pubblica amministrazione non soccombente. E', quindi, intervenuto l'art. 9 del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, il quale cosi' ha disposto: tutti i compensi professionali sono computati ai fini del raggiungimento del limite retributivo di cui all'art. 23-ter del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214;

nell'ipotesi di sentenza favorevole, con condanna della controparte alle spese, solo il 50% delle somme recuperate e' ripartito tra gli avvocati dello Stato secondo le previsioni regolamentari dell'Avvocatura dello Stato;

mentre il 25% delle suddette somme e' destinato a borse di studio per lo svolgimento della pratica forense presso l'Avvocatura dello Stato;

ed il rimanente 25% e' versato al fondo per la riduzione della pressione fiscale di cui all' art. 1, comma 431, della legge 27 dicembre 2013, n. 147;

nei casi di integrale compensazione delle spese, ai dipendenti della Pubblica amministrazione, ad esclusione del personale dell'Avvocatura dello Stato, sono corrisposti compensi professionali in base alle norme regolamentari o contrattuali vigenti e nei limiti dello stanziamento gia' previsto;

i regolamenti dell'Avvocatura dello Stato fissano i criteri per il riparto delle somme recuperate, in base al rendimento individuale e secondo criteri oggettivamente misurabili che tengano conto della puntualita' negli adempimenti processuali. Il comma 2 dell'art. 9 del citato decreto-legge n. 90/2014 ha, poi, abrogato l'art. 1, comma 457, della legge n. 147 del 2013 e l'art. 21, comma 3, del regio decreto n. 1611 del 1933: norme, queste, che prevedevano la misura degli onorari da corrispondere agli avvocati dello Stato sia nel caso di liquidazione delle spese legali a carico delle controparti, sia nel caso di compensazione delle spese, ferma pero' restando la non soccombenza dell'Amministrazione. Pertanto evidenziano che, a seguito della entrata in vigore dell'art. 9 del decreto-legge n. 90 del 2014, i compensi professionali ai medesimi spettanti vengono a ragguagliarsi ad importi significativamente ridotti rispetto a quanto sarebbe stato loro riconosciuto in applicazione delle previgenti disposizioni, in vigore al momento della loro assunzione e anche al momento in cui hanno concretamente svolto prestazioni professionali. Di conseguenza chiedono l'accertamento del diritto alla corresponsione degli onorari professionali senza le decurtazioni e limitazioni previste dall'art. 9 del decreto-legge n. 90 del 2014;

con conseguente condanna, anche in forma generica, delle Amministrazioni intimate al pagamento delle somme dovute, anche ove nelle more illegittimamente trattenute. L'accoglimento delle predette domande di accertamento e condanna postula, peraltro, la declaratoria di illegittimita' costituzionale dell'art. 9 del decreto-legge n. 90 del 2014, convertito dalla legge n. 114 del 2014. Sostengono, al riguardo, l'illegittimita' di tutte le previsioni dell'art. 9 che dispongono la decurtazione e la limitazione dei compensi spettanti agli avvocati dello Stato, con particolare riferimento ai commi 2, 4, 8. In proposito, affermano l'illegittimita': 1) dei commi 2, 4 ed 8 dell'art. 9 con riferimento agli articoli 3, 35 e 97 della Costituzione per contrasto con i principi di ragionevolezza e violazione del legittimo affidamento e per violazione dell'art. 6 CEDU. I compensi in oggetto, rientranti nel concetto di onnicomprensivita' della retribuzione, corrisposti con carattere continuativo, e costituenti parte essenziale della retribuzione, sono stati decurtati con un meccanismo che incide significativamente sul principio di ragionevolezza, mutando radicalmente lo status di avvocato dello Stato, in quanto ne snatura la funzione di professionista pubblico. Il trattamento economico, venendo a non essere piu' adeguato alla funzione professionale, inciderebbe pesantemente sulle condizioni materiali della autonomia di determinazione nell'esercizio della attivita' difensiva. Esso inoltre sarebbe lesivo del principio di affidamento, in quanto costituente reformatio in peius di diritti soggettivi perfetti, trasmodante dal principio di ragionevolezza ed eguaglianza, siccome espressione di scelta arbitraria ed irrazionale: si tratterebbe di sacrificio imposto ad una singola categoria di cittadini, in violazione del principio di eguaglianza, ed in assenza di una ragionevole limitazione temporale. Cio' integra anche violazione dell'art. 6 CEDU, non ravvisandosi motivi imperativi di interesse generale che legittimino ad incidere negativamente su diritti risultanti da leggi in vigore;

2) violazione dei principi di cui agli articoli 3, 53, 2 e 23 della Costituzione, con riferimento all'art. 9, commi 2, 4 ed 8, essendo stata in sostanza introdotta una imposizione tributaria larvata. Sussistono invero tutti i caratteri della definitivita' del prelievo, della assenza di modifiche del rapporto e di destinazione del gettito alle pubbliche spese. Cio' in violazione del principio di progressivita' ed eguaglianza;

3) violazione del principio di tutela della proprieta' privata di cui agli articoli 3, 42, 97 Cost. e art. 1 prot. CEDU. La norma avrebbe un sostanziale contenuto espropriativo, come ablazione di diritti a contenuto economico, gia' acquisiti nella sfera del dipendente pubblico;

essa inoltre disconoscerebbe tratti qualificanti della funzione difensiva della...

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