n. 5 RICORSO PER CONFLITTO DI ATTRIBUZIONE 29 settembre 2016 -

Ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato del Consiglio superiore della Magistratura, in persona del vice-presidente pro tempore Giovanni Legnini, rappresentato e difeso, come da procura a margine del presente atto, dal prof. avv. Alfonso Celotto (C.F. CLTLNS66B23C129E) presso il cui studio, in Roma, alla via Emilio de' Cavalieri, n. 11, elegge domicilio (si desidera ricevere le informazioni inerenti il giudizio a mezzo indirizzo di pec: alfonso.celotto@pec.it ovvero al fax al n. 06-84085170);

Contro la Corte dei conti, in persona del legale rappresentante pro tempore in relazione alla illegittima pretesa di assoggettare alla resa del conto ai sensi dell'art. 44 del regio decreto n. 1214 del 1934, l'Organo di autogoverno della Magistratura (pretesa resa esplicita sia nella nota della Procura regionale Lazio n. 362-21/05/2015-AASG-LAZ-Pm-P dell'11 giugno 2015, sia nella successiva sentenza della Sezione giurisdizionale per il Lazio 17 febbraio 2016, n. 70, emessa all'esito del giudizio iscritto con il n. 74322/2015);

Fatto 1. Con nota n. 362-21/05/20I5-AASG-LAZ-Pm-P dell'11 giugno 2015 (doc. n. 1), seguendo l'orientamento emerso a conclusione di due conferenze dei presidenti tenute in materia di conti giudiziali nel corso del 2014 e al fine di aggiornare l'anagrafe dei soggetti titolari di gestioni di denaro, beni o valori assoggettabili alla resa del relativo conto, il presidente della Corte dei conti - Sezione giurisdizionale per la Regione Lazio invitava formalmente il Consiglio superiore della Magistratura a comunicare i nominativi e le funzioni specifiche di coloro i quali dovessero essere qualificati agenti contabili operanti nel proprio ambito e a presentare i conti a partire dall'anno 2010, essendo risultato che l'ultimo conto giudiziale era stato presentato nel 1999. 2. Con nota di risposta del 31 luglio 2015 (doc. n. 2), il Segretario generale del Consiglio superiore della Magistratura comunicava, che il Comitato di presidenza aveva deliberato di rispondere che il Consiglio superiore della Magistratura non rientrava nel novero degli enti sottoposti ai doveri di rendicontazione periodica alla Corte dei conti secondo la disciplina degli articoli 44 e seguenti del regio decreto 12 luglio 1934, n. 1214. Questo «per via del particolare regime di autonomia regolamentare e contabile che caratterizza l'Organo di governo autonomo della Magistratura, in ragione della sua speciale collocazione costituzionale». Nello specifico, il Consiglio superiore della Magistratura ribadiva che, quale organo costituzionale, in analogia a quanto statuito espressamente da codesta ecc.ma Corte costituzionale per le Camere e la Presidenza della Repubblica, non sussistesse, per esso, l'obbligo di resa del conto giudiziale degli agenti contabili nel proprio ambito operanti e qualificabili come tali. Ricordava, inoltre, come, nell'esercizio della potesta' regolamentare che gli e' propria, il Consiglio superiore della Magistratura, con deliberazione del 27 giugno 1996, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 158 dell'8 luglio 1996 (doc. n. 3), avesse realizzato un sostanziale cambio di funzionamento del regime delle verifiche di legittimita' dell'operato in materia contabile, garantendo, con la scelta di elevate e specifiche professionalita', un controllo puntuale, serio e costante, al di fuori del circuito della rendicontazione applicabile alla generalita' degli enti dello Stato. Con l'introduzione del nuovo strumento di controllo della gestione sono venute meno, infatti, le norme regolamentari che sancivano la sottoposizione alla giurisdizione pubblica di conto, proprio al fine di realizzare la piena autonomia del Consiglio superiore della Magistratura, che passa anche tramite l'autonomia contabile. A seguito di cio', ormai dal 1997 il Consiglio - pacificamente - non presenta piu' tale rendicontazione alla Corte dei conti. 3. Con atto di richiesta di pronuncia della Sezione giurisdizionale ai sensi dell'art. 30, comma 2, del regio decreto n. 1038 del 1933, notificato in data 10 settembre 2015 (doc. n. 4), il magistrato relatore per i Conti erariali presso la Sezione giurisdizionale per la Regione Lazio riteneva di non condividere le conclusioni del Comitato di presidenza del Consiglio superiore della Magistratura e, pertanto, richiedeva una pronuncia della Sezione in sede collegiale ai sensi dell'art. 30, comma 2, del regio decreto n. 1038 del 1933, ordinando, in caso di esito positivo, entro un termine prestabilito, la resa dei conti giudiziali degli agenti contabili operanti in seno allo stesso Consiglio superiore della Magistratura, individuabili, alla luce del regolamento di amministrazione e contabilita', nelle figure dell'istituto cassiere, dell'economo e del consegnatario dei beni. In tale atto, l'estensore affermava di non condividere la tesi del Comitato di presidenza del Consiglio superiore della Magistratura, reclamando la generale sottoposizione di tutti gli organi pubblici all'obbligo di rendicontazione periodica alla Corte dei conti con la sola esclusione degli organi costituzionali «supremi». 4. In data 24 dicembre 2015, si costituiva nel giudizio il Consiglio superiore della Magistratura, il quale, in via principale, chiedeva alla Corte dei conti di voler dichiarare l'insussistenza dell'obbligo della resa del conto da parte degli agenti contabili operanti nel proprio ambito, in ossequio alla sua peculiare collocazione istituzionale, quale, cioe', amministrazione, di vertice di un settore, costituzionalmente separato dall'attivita' amministrativa e di governo, ed in considerazione, altresi', della autonomia finanziaria e di bilancio e dell'autonoma potesta' regolamentare di cui risulta titolare. Chiedeva altresi', in via subordinata, di sollevare questione di legittimita' costituzionale dell'art. 44 del regio decreto 12 luglio 1934, n. 1214, per contrasto con gli articoli 3, 101, 103 e 104 della Costituzione. All'udienza del 14 gennaio 2016, mentre il pubblico ministero aderiva alla tesi della sussistenza dell'obbligo della resa del conto da parte degli agenti contabili operanti in seno al Consiglio superiore della Magistratura;

la difesa di quest'Organo insisteva per la tesi contraria, attesa la propria natura di Organo del potere «sovrano», come tale costituzionalmente garantito. 5. In data 17 febbraio 2016, la Corte dei conti - Sezione giurisdizionale per il Lazio depositava la sentenza n. 70/2016 (doc. n. 5), con la quale dichiarava gli agenti contabili operanti nell'ambito del Consiglio superiore della Magistratura, come individuati nel regolamento di amministrazione e contabilita' dello stesso Consiglio superiore della Magistratura - ovvero, l'istituto cassiere, l'economo ed il consegnatario dei beni - soggetti al giudizio di conto di competenza della Corte dei conti e, per l'effetto, ordinava «al Consiglio superiore della Magistratura di depositare i conti degli agenti contabili, come sopra indicati, relativi all'anno 2014, entro 120 (centoventi) giorni dalla notifica della presente sentenza, tramite il servizio di ragioneria del Consiglio superiore della Magistratura dopo che lo stesso ne avra' effettuato il controllo apponendovi il visto di regolarita'». In virtu' del mandato a margine al presente atto, il Consiglio superiore della Magistratura ritenendo radicalmente incostituzionale la pretesa della Corte dei conti, eleva, pertanto, con il presente ricorso, conflitto ai sensi degli articoli 37 e seguenti della legge 11 marzo 1953, n. 87, per violazione degli articoli 3, 101, 103, 104 della Costituzione, per i seguenti motivi di Diritto I. Sull'ammissibilita' del ricorso. I.1. Sotto il profilo soggettivo. Pacifica e' la competenza del Consiglio superiore della Magistratura, in quanto Organo di autogoverno della Magistratura, a promuovere conflitti di attribuzione tra poteri dello Stato. Risulta, infatti, dall'art. 104 della Costituzione che l'istituzione del Consiglio superiore della Magistratura ha rappresentato la apposita garanzia costituzionale della autonomia della Magistratura, cosi' da collocarla nella posizione di «ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere» e, conseguentemente, sottrarla ad interventi suscettibili di turbarne comunque l'imparzialita' e di compromettere l'applicazione del principio consacrato all'art. 101 della Costituzione, secondo cui i giudici sono soggetti solo alla legge. Come ben noto, l'autonomia delineata dall'art. 104 della Costituzione attiene alla struttura organizzativa e opera rispetto a tutti gli altri poteri dello Stato: essa si realizza nei confronti del potere esecutivo, in quanto l'indipendenza della Magistratura sarebbe compromessa se i provvedimenti afferenti la progressione in carriera dei magistrati (art. 105 della Costituzione) e, piu' in generale, lo status fossero attribuiti al potere esecutivo. Il Consiglio superiore della Magistratura e' quindi il garante dell'indipendenza della Magistratura. L'autonomia si realizza, poi, anche nei confronti del potere legislativo, nel senso che i giudici sono soggetti soltanto alla legge (art. 101 della Costituzione). Il carattere di organo costituzionale competente a dichiarare definitivamente la volonta' del potere (giudiziario) cui appartiene (ex art. 37 della legge n. 87 del 1953) deriva, dunque, al Consiglio superiore della Magistratura dalla funzione ad esso attribuita: spetta, infatti, all'Organo di autogoverno garantire l'autonomia e l'indipendenza della Magistratura di fronte agli altri poteri, in applicazione del fondamentale principio di divisione dei poteri. Questa serie di garanzie si compone e si struttura proprio nella posizione autonoma e indipendente del Consiglio superiore della Magistratura, la cui legittimazione attiva a proporre ricorso per conflitto di attribuzioni tra poteri dello Stato e', quindi, del tutto pacifica. Del resto, codesta ecc.ma Corte costituzionale ha gia' avuto modo di pronunciarsi sul punto, affermando, nella sentenza 15 settembre 1995, n...

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